L’Italia degli anni 70 ha vissuto una stagione in cui due schieramenti opposti si sono scontrati ferocemente: quello di chi si batteva per la liberalizzazione dell’immagine, filmica e stampata, e quello di coloro che tentavano di impedire quel processo attraverso denunce, sequestri, comitati moralizzatori e via censurando. In questo clima di dirompente ricerca della libertà di rappresentare, si fanno strada prodotti d’autore, ma anche film e riviste soft-core che, via via, si trasformeranno in hard-core.

Fra le tante pubblicazioni di allora, una ha un successo clamoroso: è un fumetto, prima erotico e poi porno, che si chiama Supersex: a 47 anni dalla sua nascita e a 38 dal suo ultimo numero, Gianni Passavini esce in questi giorni con Supersex, Storia della rivista cult e del leggendario Gabriel Pontello, edito da le Milieu, che è, in realtà, un istruttivo libro sull’Italia di quegl’anni. Passavini, inizialmente cronista giudiziario de Il Quotidiano dei Lavoratori, organo di Avanguardia Operaia, per ben dieci anni ha lavorato nelle redazioni milanesi degli innumerevoli giornali di proprietà del Larry Flynt nostrano, ovvero Saro Balsamo (1930-2005).

Ma perché Supersex, al di là dei risibili contenuti e degli enormi profitti, ha segnato fasi illuminanti della storia italiana? Il protagonista del pornofumetto è un alieno che, caduto sulla terra, prende possesso del corpo di un umano con l’unico scopo di fare sesso con belle terrestri. L’idea viene, nei primi anni 70, a Francesco Cardella, che lavora peer Balsamo ma lo abbandonerà anni dopo per fondare altri periodici hard piuttosto rozzi (OS e OV); per dirigere ABC (di cui è stato direttore persino Ruggero Orlando, il grande ex corrispondente Rai “da Nuova York”); divenire rappresentante italiano del discusso santone indiano Osho; fondare la comunità Saman di Trapani insieme con Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia nel 1988.

Ormai ricco, Cardella diviene grande amico e protetto di Bettino Craxi che lo invia in Nicaragua dal suo amico, il presidente Daniel Ortega. E proprio a Managua Cardella muore nel 2011. Nei primi anni 70, intanto, Balsamo salta il fosso, seppur gradualmente e con collaboratori prestigiosi (Renata Pisu, Luciano Bianciardi, Giancarlo Fusco) pubblicando a Milano periodici come Men e Le Ore, mentre sua moglie Adelina Tattilo sforna a Roma il più patinato Playmen. Nel 1999, le testate di Balsamo sono oltre 400 (un vecchio inserto de Il Fatto quotidiano pubblicò una vignetta di Berlusconi che legge Le Ore…). In edicola, Balsamo distribuiva anche giornaletti per adolescenti e i suoi grafici impaginavano persino il giornale dei buddisti che “giravano, piuttosto sconcertati, in redazione”, mi ha raccontato Marino Amiotti, altro storico giornalista balsamiano.

Il supergettonato Supersex, inizialmente attribuito a un inesistente Alan Ferguson, poi fotoromanzo soft e infine, dal ’76, hard, diviene un vero e proprio oggetto di culto per più di una generazione, ed è uno dei tanti periodici porno-illustrati – come li definiva il guru del porno Michele Capozzi – che “si leggono con una sola mano”. Ma chi interpreta Supersex? Uno dei primi convocati, ancora una volta su idea di Cardella, è un giovane artista squattrinato, ma belloccio: si chiama Filippo Panseca e diverrà in seguito lo scenografo del craxismo, l’autore delle messinscene di tanti congressi del PSI. Panseca, convinto d’essere stato convocato per fare il grafico, quando il regista del fotoromanzo, Andrea Bianchi, gli chiede di togliersi le mutande, lui barcolla, ma la cifra che gli offrono fa sì che se le sfili. Sarà lui il protagonista del Supersex n.10 (ancora soft le immagini, ma hard il linguaggio). Poi ci sarà il Supersex interpretato dal pugile Tiberio Mitri (due volte europeo dei pesi medi). Il Supersex per eccellenza, però, è quello dell’italo-francese Gabriel Pontello, ‘scopritore’ di Rocco Siffredi e star dell’hard europeo. Oggi, pacifico 74enne, vive a Casablanca.

Il fotoromanzo è così famoso che viene citato persino in Un tranquillo posto di campagna, film di Elio Petri, con Vanessa Redgrave e Franco Nero. Supersex ormai si gira negli studi parigini di Montrouge. Del resto in Francia c’era, di fatto, un clima più fertile per il porno: la Loi X del ‘76 tassava pesantemente i prodotti hard, ma non li proibiva. Charlie Hebdo, il giornale satirico che nel 2015 pagò con 12 morti la pubblicazione di una vignetta su Maometto, si schierò a favore del porno libero. E molti registi e tecnici vicini alla Nouvelle Vague si cimentarono in film hard: Paul Vecchiali, amato da Truffaut; Jean Rollin che era stato montatore di Lelouch; Claude Bernard-Aubert che aveva girato con attori del calibro di Jean Gabin; Roger Fellous, già direttore della fotografia di Buñuel e Cayatte.

E le donne di Supersex? Tutte bellissime, per lo più raffinate francesi (una per tutte: Marilyn Jess). Mai ascoltarono l’urlo di piacere (Ifix Tcen Tcen) lanciato, al momento dell’eiaculazione, da Supersex: per loro (e per noi) resta solo la scritta su un fumetto.

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