Scontro rovente a Otto e mezzo (La7) tra Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia ed ex parlamentare finiano del Pdl, e il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi.
Le prime scintille si registrano quando si dibatte della riforma della giustizia annunciata da Carlo Nordio e delle tensioni sul testo di base tra Forza Italia, che ha cancellato il reato di abuso d’ufficio, e la Lega, che ha bloccato il voto in Commissione Giustizia alla Camera.
La conduttrice Lilli Gruber ricorda che Bocchino lasciò il Pdl con Gianfranco Fini proprio per le posizioni contrastanti sulla giustizia con Forza Italia, ma Bocchino precisa: “La differenza di vedute di 15 anni fa sulla riforma della giustizia era una questione che riguardava anche la particolarità di Berlusconi, che era un uomo molto forte nella politica italiana e che subiva un’aggressione giudiziaria. Prima di entrare in politica era un santo“.
Insorgono Gruber e Scanzi, ma Bocchino ribadisce: “Prima di entrare in politica era un imprenditore illuminato, poi è entrato in politica e sono arrivate 500 Procure con 500 reati a testa”.
La polemica deflagra quando si discute dell’archiviazione delle indagini da parte del tribunale dei ministri di Brescia sull’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e sull’ex ministro della Salute Roberto Speranza in merito alla gestione della prima fase della pandemia da covid a Bergamo.
Bocchino afferma di essere stato da sempre contrario al processo penale sulla questione ma aggiunge: “Rilevo un problema politico, perché Speranza ha fatto un errore grande quanto una casa e ha sbagliato strategia. Che cosa ha fatto? Si è affidato agli scienziati, che sono anche più bravi di noi ma hanno un problema: fanno quello di mestiere”.
La frase di Bocchino fa sobbalzare tutti nella trasmissione. Tra l’altro, il direttore del Secolo d’Italia nell‘ottobre del 2020 , come raccontò sulla sua pagina Facebook la sua compagna, il medico Giuseppina Ricci, fu contagiato dal covid e finì ricoverato per polmonite bilaterale.
Bocchino aggiunge: “Se adesso vado da un cardiologo, quello mi dice di mangiare carne rossa una volta alla settimana, di non bere più un bicchiere di vino, di fare 20 minuti di camminata al giorno e di fare palestra 3 volte alla settimana. Io non ce la faccio, perché ho bisogno della felicità“.
“Sì, ma stiamo parlando della pandemia”, commenta, piccata, Lilli Gruber.
Scanzi ironizza: “Certo, Speranza doveva telefonare ai baristi e ai macellai per chiedere come affrontare la pandemia“.
“Ecco, ai macellai – ribatte Bocchino – per chiedere a loro come potevano continuare a vivere”.
Poi si lamenta di essere interrotto da tutti, ma Scanzi replica: “Bocchino, hai parlato per 8 minuti di fila e hai detto cose folli. Hai appena detto che la colpa di Speranza è stata quella di essersi affidato agli scienziati. Ma abbi pazienza, a chi doveva telefonare? A Italo Bocchino?“.
Bocchino finisce di esporre la sua curiosa tesi (“Gli scienziati ti dicono di stare chiuso a casa e grazie. Così facciamo fallire le aziende e facciamo impiccare le persone che non sanno cosa fare”).
Gruber poi dà la parola a Scanzi che osserva: “Sarei stato terrorizzato se nel 2020 fossimo stati gestiti dalla Meloni e da Salvini“.
Bocchino, che prima protestava per le interruzioni, toglie la parola al giornalista: “Di certo non ti avrebbero permesso di fare il vaccino come l’hai fatto”.
“Amico mio, l’ho fatto rispettando le regole – risponde Scanzi – e rifarei le stesse cose. A differenza tua non sono sotto processo, quindi non parlare di vicende giudiziarie perché ne esci parecchio male”.