Il giorno prima Giorgia Meloni si complimenta con la Tunisia per il contrasto ai trafficanti. Il giorno dopo ne ospita uno a Palazzo Chigi. A mettere in fila quanto è ormai noto su Emad Trabelsi, attuale ministro dell’Interno del governo di unità nazionale della Libia, verrebbe da non crederci. Eppure, riporta l’agenzia Nova, insieme al resto della delegazione libica e al presidente Abdul Hamid Dbeibah (nella foto), Trabelsi risulta tra i presenti, ricevuti dalla premier Meloni e dal nostro governo. Che da un lato dice di voler dare la caccia ai trafficanti “lungo tutto il globo terracqueo”, parola di Meloni, e dall’altro li ospita in casa propria con tutti gli onori. Sì, perché Trabelsi è schedato dalle Nazioni Unite come uno dei principali capi del traffico di esseri umani in Libia.

Non solo: secondo gli esperti dell’Onu, il capomilizia Trabelsi avrebbe ottenuto illegalmente fondi derivanti dal traffico di petrolio che, per passare dai territori controllati dai suoi uomini ed entrare in Tunisia, gli fruttava “5.000 dinari libici (3.600 dollari) per ogni autocisterna”, per un giro d’affari di decine di milioni di euro l’anno, come ha rivelato il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura a gennaio di quest’anno. Prima di diventare ministro lo scorso 6 novembre, Trabelsi fu nominato sottosegretartio, e “Ahmed Hamza, capo della Commissione nazionale per i diritti umani in Libia (Nchrl), protestò con il premier Dbeibah affermando che l’uomo dei clan di Zintan «è uno dei peggiori violatori dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in Libia»”, ha ricordato Nello Scavo su Avvenire.

Ancora: lo scorso marzo Trabelsi è stato arrestato, proprio così. “In data 3 marzo, il media Libya Review ha riportato che il ministro dell’Interno libico Emad Trabelsi è stato arrestato dalla polizia francese a Parigi, presso l’aeroporto Charles de Gaulle, mentre “trasportava un’ingente somma di denaro in contante” (in una valigetta, ndr), per essere rilasciato dopo poche ore”, ha scritto il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi in un’interrogazione rivolta al nostro ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. E continua: “La notizia è stata poi riportata da altre fonti di stampa anche italiane nelle quali si fa riferimento a “mezzo milione di euro” su cui il Ministro non avrebbe saputo dare spiegazioni”. Grimaldi cita inchieste che definiscono Trabelsi “legato al traffico di migranti da prima di diventare ministro”, e ricorda come “già in occasione della precedente nomina a sottosegretario, le organizzazioni per i diritti umani libiche e internazionali, fra cui Amnesty International, hanno indicato Trabelsi come “uno dei peggiori violatori di diritti umani e del diritto umanitario internazionale”. Contattato da ilfattoquotidiano.it, Grimaldi riferisce che “all’interrogazione Piantedosi e il governo non hanno mai risposto”. Nulla di strano, purtroppo, visto che “questo è uno dei governi col più basso tasso di risposte di sempre”, spiega, e riflette sull’opportunità di ripresentare un’interrogazione urgente proprio in seguito alla nuova visita di Trablesi a Roma.

Perché di incontri ce ne sono stati altri. Già l’anno scorso la stampa libica riportava le foto di rappresentanti del nostro governo e di Trabelsi. Lo scorso 29 dicembre, poi, Piantedosi è stato ricevuto dal suo omonimo a Tripoli e ancora il 21 febbraio di quest’anno il nostro ministro ha ricambiato il favore con un incontro al Viminale. Perché se si tratta di fermare l’invasione, chi meglio di Trabelsi? Per essere chiari, nelle carte ufficiali dell’Onu e del Tribunale penale internazionale lo si accusa chiaramente di “traffico di esseri umani, violenze, torture e sparizioni forzate ai danni di migliaia di migranti e rifugiati”. Insomma, quando l’Italia cerca collaborazione per tenere i migranti lontani dalla sue coste, anche rispedendoli nelle carceri libiche, Trabelsi sa di cosa parliamo. E non a caso siede nel ministero chiave, che ha il potere di arrestare i flussi o di aumentarli. Senza contare che il ministero ha a disposizione parte della cosiddetta guardia costiera libica, finanziata, armata e addestrata dall’Italia, e milizie per il controllo del territorio, dei lager in cui sono rinchiusi gli stranieri, migranti e non, e delle coste.

Tutto normale, fino ai tappeti rossi che Roma stende all’arrivo di personaggi i cui affari comprendono i ricatti all’Italia e all’Europa sulla pelle di migliaia di esseri umani. La risposta? Altri accordi da firmare, altri contratti miliardari tra le rispettive aziende di Stato. Ieri all’incontro erano presenti anche la National Oil Corporation libica (Noc), e la compagnia delle telecomunicazioni nazionale della Libia. E tra le altre cose, è saltato fuori un nuovo accordo tra la nostra Eni, il principale produttore stranieri di energia in Libia, e la Noc. Del resto, nel 2022 l’Italia si è confermata primo partner commerciale della Libia, “con un’interscambio Italia-Libia che ha raggiunto quota 12,14 miliardi di euro con un +61,31 per cento rispetto al 2021 e una quota di mercato del 23,06 per cento davanti a Cina, Grecia, Spagna e Germania”, riporta l’agenzia Nova. Tanto vale trafficare col trafficante di esseri umani. E chiedere anche a lui, come ha fatto ieri la premier Meloni, di “intensificare gli sforzi in materia di contrasto al traffico di esseri umani”.

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