Il numero delle vittime della cosiddetta “setta del digiuno” in Kenya continua drammaticamente a salire. Sono sette i corpi riesumati nella giornata di ieri nella foresta di Shakaola: sale così a 257 il totale dei seguaci del predicatore Paul Mackenzie morti per essersi astenuti al cibo, convinti così di “poter vedere Gesù in paradiso“, come professato dal sedicente pastore. Il commissario regionale della costa keniana, Rhoda Onyancha, ha dichiarato al quotidiano The Standard che il numero delle persone scomparse, associate al culto di Mackenzie, sarebbe di 613 in tutto e tante ancora ne mancano all’appello, in quello che viene definito dall’opinione pubblica il “massacro di Shakaola”.
Le ricerche proseguono senza sosta: negli ultimi giorni gli inquirenti hanno scoperto altre 22 fosse comuni. Nell’entroterra della cittadina turistica di Malindi sono state salvate invece 95 persone, alcune delle quali trasportate in ospedale in avanzato stato di deperimento, e la polizia ha effettuato 45 arresti. Il predicatore, in cella a Malindi, ha iniziato uno sciopero della fame dopo le dichiarazioni del ministro degli Interni Kithure Kindiki, che ha chiesto per lui la condanna per genocidio.
E sempre lo stesso ministro ha dichiarato ai media che il governo intende trasformare la foresta di Shakahola un “luogo della memoria” nazionale: “Il sito commemorativo farà in modo che il Kenya e il mondo non dimentichino mai che c’è stato questo tipo di oltraggio all’umanità”, ha detto Kindiki, come riferito dal quotidiano The Standard, aggiungendo che il governo ha prove a sufficienza per perseguire il leader della setta per genocidio. Kindiki ha rivelato che le attività della setta si erano estese oltre la “foresta dei morti”, come è stata tristemente ribattezzata, e che le indagini sono ora concentrate su territori attigui, nell’entroterra costiero del Kenya.