di Dante Nicola Faraoni
Oggi stiamo assistendo ad una forte accelerazione dell’interesse dei “Grandi Privati” all’uso di tecnologie sofisticate in grado di sostituire in varie funzioni l’essere umano attraverso l’Intelligenza Artificiale. Con il rischio della chiusura dei mercati globalizzati, dovuta agli scontri di colossi commerciali come Usa, Cina, Russia, Europa, le grandi multinazionali occidentali prevedono di far rientrare le produzioni nei loro paesi, ma sono turbate da un unico pensiero: come ovviare all’innalzamento dei costi del lavoro?
Fino ad oggi potevano sfruttare il basso costo della manodopera dei paesi terzi, ma in patria si ritroveranno i sindacati, con le loro rivendicazioni sui diritti dei lavoratori, aumento dei salari e scioperi. Per chi ha come obiettivo la massimizzazione dei profitti la soluzione che viene spontanea è: “se non vogliamo problemi dal personale sostituiamolo con delle macchine”. In un futuro che è già oggi, la questione etica che ci poniamo è se tutto ciò deve essere considerato progresso.
Eppure questa velocizzazione tecnologica ha già provocato a livello planetario fenomeni di massa negativi che mettono a rischio l’educazione, l’integrità etica e culturale di milioni di persone, di milioni di giovani, vedi l’uso di AI nei social network per indirizzare l’opinione pubblica e le “mode”. Se l’uso della tecnologia è in grado di distruggere i valori cardinali su cui si dovrebbe basare la civile convivenza, di quale progresso stiamo parlando? Se il rispetto reciproco e il riconoscimento della diversità vengono violati e sostituiti da valori e idee che esaltano l’edonismo egocentrico e confezionato, l’odio etnico, religioso, di razza e di genere, non è possibile vedere in ciò nessun progresso ma solo finalità ideologiche. Ora è la volta del mondo del lavoro, che già sta subendo enormi cambiamenti con l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale. Tutto ciò lo stanno facendo passare per futuro: ma il futuro di chi?
Quando nel 1925 John M. Keynes affermava che fra 100 anni i lavoratori, a parità di salario, avrebbero potuto lavorare 15 ore la settimana, secondo voi stava dando di matto o aveva compreso che la via del vero progresso doveva prendere in considerazione le esigenze degli esseri umani mettendo al loro servizio la tecnologia? Secondo voi quando nel ’62 l’economista indiano P. R. Sarkar calcolava che nel futuro gli esseri umani avrebbero impiegato solo pochi minuti nel loro lavoro, garantendosi un salario capace di sostenere le famiglie, chi dovrebbe sostituire il lavoratore se non l’Intelligenza Artificiale?
Richiedere oggi la riduzione dell’orario di lavoro è fantascienza o più realmente una attuale e necessaria azione sociale di vero progresso? Oppure crediamo che sia verità l’innovazione raccontata Musk, Gates, Bezos e tutti gli altri maestri di democrazia che predicano benessere e benefici per tutti mentre le loro tasche sono sempre più piene e le nostre sempre più vuote? Qual è l’utilità dell’innovazione se milioni di persone rischiano il posto di lavoro o vengono sottopagate? Se le multinazionali continuano a destabilizzare il potere d’acquisto di milioni di persone per aumentare i propri profitti raccontando al mondo che solo così, attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, potremo contrastare sul mercato globale la concorrenza cinese e russa, possiamo definirlo progresso?
Non possiamo più sbagliare: dobbiamo richiedere a questi furbetti, che pensano di arricchirsi sulle nostre disgrazie quotidiane – pagare le bollette, il nido ai figli, la rata dell’auto, le ferie con la famiglia – di ridurre le ore lavorative e aumentare i salari. Questi sono i cambiamenti per il vero progresso di oggi e di domani; che tutte le associazioni di categoria ne prendano atto. L’avanzamento tecnologico è tale solo se cammina di pari passo con i valori universali del Neoumanesimo. Senza quest’anima anche l’uso dell’innovazione si dissocia dal senso di umanità e di rispetto dei diritti che la società necessita.