Sabato 10 giugno è convocata a Napoli l’assemblea nazionale di Articolo uno. All’ordine del giorno c’è lo scioglimento del partito fondato nel 2017 da Pierluigi Bersani dopo l’uscita dal Partito democratico e ora guidato dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza: il suo destino è di diventare un’associazione politico-culturale, insomma una corrente, e confluire nel “nuovo” Pd di Elly Schlein. Già all’ultimo congresso nazionale, nell’aprile dello scorso anno, i vertici di Articolo uno avevano parlato della possibilità di tornare alla casa madre dopo le elezioni politiche di settembre. Poi, a febbraio, l’elezione della nuova segretaria dem – candidata dell’ala sinistra del partito – ha definitivamente riavvicinato le due forze. Ma la strategia di Speranza non è stata ben accolta da tutti gli iscritti: una minoranza è pronta a staccarsi e a creare un nuovo soggetto politico. Il nome provvisorio è “Verso il partito del lavoro”, movimento coordinato a livello nazionale da Simone Bartoli, segretario regionale del partito in Toscana.

Oltre a prendere le distanze dalla scelta politica dei vertici, gli “scissionisti” contestano il percorso formale con cui si è arrivati alla decisione di sciogliersi nel Pd. E per questo che hanno avviato un’azione legale contro i loro ormai ex dirigenti. “Articolo Uno è un’organizzazione tuttora esistente, eppure i suoi vertici sono già nel Pd. Di fatto, il nostro segretario nazionale, Roberto Speranza, è attualmente dirigente di un altro partito”, spiega Bartoli a ilfattoquotidiano.it. Per questo lui e gli altri dissidenti hanno chiesto che l’appuntamento di Napoli venga cancellato. “Ci siamo rivolti a un avvocato. A capo di Articolo Uno ci sono delle persone che non hanno rispettato lo statuto. Speranza, in quanto ormai dirigente di un altro partito, non era autorizzato a convocare l’assemblea del 10 giugno”.

La presa di distanza rispetto al vecchio leader e al Partito democratico è netta. “Il nome, “Verso il partito del lavoro”, è esplicativo di quale sia la nostra volontà”, spiega Bartoli. “Insieme al migliaio di compagne e compagni sparsi in tutta Italia che aderiscono a questo progetto, abbiamo l’obiettivo di recuperare lo spirito fondativo di Articolo uno. Vogliamo parlare a una base sociale diversa da quella del Pd, rimettendo al centro del dibattito il lavoro”. Schlein, rispetto ad altri segretari, ha un’agenda più simile a quella dei militanti dissenzienti di Articolo Uno. Ma restano ancora differenze importanti su temi ritenuti fondamentali: “Il cambiamento rispetto ai vecchi leader c’è, lo vediamo, ma ci sembra che Schlein sia più attenta ai diritti civili che a quelli sociali. Oltretutto, abbiamo posizioni molto diverse rispetto alla guerra in Ucraina. Noi, diversamente dal Pd, siamo contrari all’invio di armi. Su questo fronte siamo molto più vicini al Movimento 5 stelle“.

Per Bartoli, il Partito Democratico è diventato un riferimento per un certo tipo di establishment del Paese,“borghese e liberale”. “Non sono loro i destinatari del nostro messaggio“, spiega. “Rimarremo alleati con il Pd per creare un fronte comune contro la destra, di cui speriamo possa far parte anche il Movimento 5 stelle, ma il nostro vuole essere un percorso autonomo. Abbiamo una nostra linea politica chiara, radicata nei diritti del lavoro”. Per raggiungere l’obiettivo di portare nuova linfa nel panorama della sinistra italiana, però, servono dei rinforzi. Per questo è stato già avviato un dialogo con altre realtà affini. I principali interlocutori sono “Coordinamento 2050”, il movimento fondato dall’ex viceministro Stefano Fassina, e la rivista Oltre il Capitale, diretta dall’ex senatore Claudio Grassi. “È necessario ricostruire un campo largo che possa opporsi al governo più a destra della storia del Paese”, conclude Bartoli. “Ma, rispetto al passato, dobbiamo farlo marcando una differenza programmatica chiara su determinati temi. Abbiamo il dovere di provare a riportare alle urne quella fetta di elettorato di sinistra disillusa da tanti anni di sconfitte e delusioni. Lo possiamo fare proponendo un’offerta politica diversa a queste persone, per far sì che tornino nuovamente a sentirsi rappresentate”.

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