“Come tutti sappiamo, diffondere voci e calunnie è una tattica comune degli Stati Uniti“: ad affermarlo è Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, che ha commentato così le indiscrezioni trapelate qualche giorno fa dal Wall Street Journal, secondo cui Pechino ha allestito a Cuba una base di spionaggio per monitorare gli Stati Uniti. Una notizia che ha rievocato un clima da Guerra Fredda, riportando subito alla memoria la crisi dei missili del 1962. Ma l’accordo militare segreto che Pechino e l’Avana avrebbero stretto, lanciato come scoop dai giornalisti del quotidiano americano, è stato smentito: “Gli Stati Uniti hanno occupato illegalmente la base di Guantanamo Bay a Cuba per molto tempo, hanno svolto attività secondarie e hanno imposto un embargo su Cuba per più di 60 anni”, ha aggiunto Wang Wenbin.
Il portavoce ha anche invitato gli Usa a “riflettere su se stessi, smettere di interferire negli affari interni di Cuba sotto la bandiera della libertà, della democrazia e dei diritti umani, e annullare immediatamente il blocco commerciale e finanziario nei confronti di Cuba“. “Un’informazione del tutto mendace e infondata“, ha assicurato l‘Avana dal canto suo: in un comunicato, il viceministro degli Esteri cubano Carlos Fernández de Cossío ha parlato di “bugie promosse con il perfido intento di giustificare l’intensificarsi senza precedenti del blocco economico di Washington contro la nazione caraibica e le continue campagne di destabilizzazione”. Il responsabile governativo ha parlato anche di “inganno dell’opinione pubblica negli Usa e nel mondo”, sottolineando che episodi come questi sarebbero frutto di “calunnie fabbricate da funzionari statunitensi, apparentemente a conoscenza di informazioni di intelligence”. Non sarebbe il primo episodio del genere, visti “i presunti attacchi acustici contro il personale diplomatico statunitense all’Avana, la menzogna sull’inesistente presenza militare cubana in Venezuela e la bugia sull’esistenza immaginaria di laboratori di armi biologiche”, ha ricordato de Cossío.
“Indipendentemente dai diritti sovrani di Cuba in materia di difesa – ha sottolineato il viceministro – il nostro Paese è parte della Dichiarazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, firmata all’Avana nel gennaio 2014. In virtù di essa, rifiutiamo qualsiasi presenza militare straniera in Latino America e Caraibi“. In conformità con questi principi, ha concluso il viceministro, Cuba “ripudia anche le numerose basi militari e truppe statunitensi nella regione, in particolare quella che attualmente occupa illegalmente una parte del territorio cubano nella provincia di Guantánamo“. A detta del Wall Street Journal, l’accordo segreto siglato tra Cuba e Usa avrebbe promosso l’installazione di una centrale di spionaggio nell’isola caraibica a 200 chilometri dalla Florida, per poter ascoltare le comunicazioni in tutta la zona sud orientale degli Stati Uniti, una parte del Paese ricca di importanti basi militari, come il quartier generale dell’Us Central Command di Tampa o Fort Liberty, l’ex Fort Bragg che è la più grande base militare Usa. Per il quotidiano, i due Paesi avrebbero raggiunto un accordo in via di principio, con Pechino impegnata a pagare “diversi miliardi di dollari” all’Avana. Anche la Cnn aveva riportato la notizia, citando una fonte dell’intelligence Usa che aveva rivelato di come Washington fosse al corrente del piano da alcune settimane. Prima delle smentite di Pechino, la notizia era stata definita “non accurata” dalla Casa Bianca, attraverso il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby.
In foto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Webin