“Sono stato incriminato” per le carte segrete a Mar-a-Lago. L’annuncio di Donald Trump arriva con un post sul suo social Truth fra il silenzio del Dipartimento di Giustizia e del procuratore speciale Jack Smith che indaga sull’ex presidente Usa. Per il tycoon – che dovrà presentarsi martedì al tribunale di Miami – si tratta della seconda incriminazione in pochi mesi, dopo quella per il pagamento alla pornostar Stormy Daniels. E soprattutto di una prima storica: diventa il primo ex presidente nella storia americana ad affrontare delle accuse a livello federale.

Trump ha annunciato a Fox news che si dichiarerà “non colpevole” nel caso dei file classificati portati a Mar-a-Lago. Ha anche annunciato che cambierà il suo team legale. Non sarà più rappresentato da Jim Trusty e John Rowley ma da due studi, il Todd Blanche Esq, e un altro di cui farà il nome nei prossimi giorni. “Devo affrontare la più grande caccia alla streghe di tutti i tempi”, ha attaccato l’ex presidente.

Dal suo fortino a Bedminster, in New Jersey, circondato dai suoi consiglieri politici e mentre i suoi legali cercano di capire quali sono le accuse mosse nei suoi confronti, Trump ha lanciato accuse pesanti facendo trapelare la sua rabbia. “Oggi è un giorno buio per l’America“, ha scritto descrivendosi come un “uomo innocente”. Ai primi post è poi seguito un video di quattro minuti in cui l’ex presidente si è rivolto ai suoi sostenitori. “Vanno contro un presidente popolare” con la “bufala degli scatoloni. Questa è un’interferenza nelle elezioni a livello più alto. Sono un uomo innocente. Vogliono distruggere la mia reputazione perché vogliono vincere le elezioni”, ha denunciato Trump.

Sette i capi di accusa formalizzati: fra questi vi è quello della conservazione non autorizzata di documenti classificati (previsto dall’Espionage Act), cospirazione, dichiarazioni false, ostruzione alla giustizia, come ha riferito il suo legale, Jim Trusty. Accuse federali che gettano gli Stati Uniti – osserva il New York Times – in una situazione senza precedenti dato che Trump “non solo è un ex presidente ma è anche il front runner alla nomination repubblicana alle elezioni 2024 che potrebbe trovarsi ad affrontare Joe Biden, la cui amministrazione sta ora cercando di incriminarlo”.

L’indagine sulle carte segrete di Trump è iniziata nel 2021, quando gli Archivi nazionali hanno notato che l’ex presidente non aveva consegnato tutti le carte all’uscita della Casa Bianca. In un primo momento, nel gennaio dello scorso anno, Trump ha restituito 15 scatoloni con oltre 200 documenti classificati. Sollecitati a farlo, lo staff di Trump ha in seguito restituito un’altra trentina di documenti e una lettera in cui si garantiva che dopo una ricerca accurata questo era tutto quello che era saltato fuori. Ma l’Fbi era in possesso di informazioni secondo cui c’erano altri documenti riservati in possesso di Trump e ha quindi ottenuto un mandato per la perquisizione della residenza di Mar-a-Lago, avvenuta all’inizio dello scorso agosto. In quella occasione, erano stati ritrovati più di cento altri documenti classificati e top secret. A novembre era stato nominato lo Special Counsel Jack Smith per supervisionare l’inchiesta sui documenti e quella sulle azioni di Trump dopo la sconfitta alle elezioni del 2020 per rimanere in carica. Ne è partito un contenzioso sfociato poi nella perquisizione dell’Fbi a Mar-a-Lago lo scorso anno e, ora, nell’incriminazione.

La Casa Bianca non commenta le accuse, mantenendo così la linea del silenzio sposata da Joe Biden: per il presidente la partita è particolarmente delicata, visto che si è nel pieno della campagna elettorale per il 2024. I candidati repubblicani alla nomination per ora tacciono, così come il partito. I primi commenti a caldo fra i conservatori arrivano dai fedelissimi dell’ex presidente, che lo difendono a spada tratta e si dicono pronti a dare battaglia.

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