“Bruxelles sta abusando del suo potere. Vogliono ricollocare i migranti in Ungheria con la forza, è inaccettabile”. Così il primo ministro ungherese Viktor Orbán commenta l’accordo in extremis raggiunto al Consiglio Affari interni dell’Ue sul Patto migrazione e asilo, il pacchetto legislativo destinato a riscrivere le regole sulla gestione dei flussi migratori. Ungheria e Polonia hanno votato contro, mentre si sono astenuti Slovacchia, Lituania, Malta e Bulgaria: il premier di Budapest accusa l’Unione di voler “usare la violenza per trasformare l’Ungheria in un Paese di migranti”. In realtà però il Patto non prevede alcun tipo di ricollocamento obbligatorio tra gli Stati membri, ma introduce un meccanismo di “solidarietà obbligatoria” e un quadro giuridico di riferimento per le intese con Paesi terzi sicuri, diversi da quelli di origine.
“È stato un negoziato complesso”, ha detto in un’intervista al Corriere della sera il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi. Il negoziato finale, ha spiegato, “è stato su alcuni punti che ritenevamo fondamentali come quello della definizione dei Paesi terzi con cui poter concludere gli accordi, ed è sostanzialmente passata la nostra linea”. Sulla solidarietà obbligatoria “abbiamo preferito non accettare compensazioni in denaro” ma “puntare a un meccanismo che rimane di compensazione da parte dei Paesi che non accettano il ricollocamento dei migranti”, in cui però “le relative risorse vadano a finanziare un fondo appositamente istituito e gestito dalla Commissione per realizzare progetti di quella cosiddetta dimensione esterna che per la prima volta viene concretizzata in atti dell’Ue e su cui ha sempre fatto pressione il governo Meloni da quando si è insediato”.