E’ morto la scorsa notte Alain Touraine, sociologo dei movimenti sociali, direttore degli studi all’Ecole des hautes études en Sciences sociales. Aveva 97 anni. Figura di spicco della scena intellettuale internazionale, uno degli ultimi pensatori di una generazione che ha segnato il pensiero occidentale nelle scienze sociali, celebre teorico della società postindustriale, Touraine è stato uno dei più importanti e noti intellettuali della gauche, apprezzato anche a destra. Nei suoi studi e nei suoi testi ha seguito e descritto le dinamiche di cambiamento della società dal dopoguerra in poi. Cominciò con lo studio e l’osservazione del lavoro degli operai, con una tesi su quelli della Renault. Poi, dopo il Maggio 1968, la sua attenzione si concentrò anche sui “nuovi movimenti sociali” che affrontavano temi diversi da quello del movimento operaio visto in ottica socialista. Ne La voix et le regard, opera pubblicata nel 1978, sintesi sulla sociologia di questi nuovi movimenti di studenti, femministe, fautori del regionalismo, Touraine si chiedeva “il tempo delle lotte sociali, dei rapporti di classe, dei movimenti sociali, non è finito?“.
Touraine si è occupato prevalentemente di sociologia industriale e in particolare dei livelli di “coscienza” della classe operaia, nonché dei “movimenti sociali” e della globalizzazione; ha, inoltre, prodotto importanti contributi alla teoria dell’azione sociale con studi sulla crisi della modernità. Per queste indagini era considerato il padre della “sociologia dell’azione”. Autore di oltre quaranta pubblicazioni, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra i quali la Légion d’honneur nel 2014 e il Premio Principe delle Asturie per la Comunicazione e le Scienze Umane nel 2010 condiviso con il sociologo Zygmunt Bauman per essere, si leggeva nella motivazione, “luminari del pensiero europeo che hanno contribuito a una migliore comprensione della realtà sociale di un mondo particolarmente singolare”.
Touraine ha pubblicato fino agli ultimi anni. Uno dei suoi ultimi volumi è stato Dopo la crisi. Una nuova società possibile, del 2012, dedicato al periodo successivo al 2008. “Quello che più ci preoccupa è il suo carattere globale – scriveva Touraine in quel libro – che spiega la distruzione di tutte le istituzioni che prima trasformavano le situazioni economiche in elementi di una vita sociale controllata dallo Stato. Altri osservatori, i più numerosi, pensano che si tratti di una grande crisi del capitalismo, non la prima, ma la più grave dopo quella del 1929, di cui nessuno ha dimenticato gli effetti sociali distruttivi. Altri richiamano, con un tono apocalittico, la terrificante fine del capitalismo, alcuni parlano anche della fine dell’economia di mercato. Ma più il tempo passa, e più l’analisi serena si deve sostituire alle reazioni più spontanee e più catastrofiche“.