Chiedere pari diritti, fare festa, mettere in mostra l’orgoglio di essere se stessi. Qualunque sia la propria identità. Con queste linee guida, da giugno, in tutto il mondo si celebra il Pride month, un mese di impegno civile, musica e colori per illuminare la comunità Lgbtq+. In Italia, l’onda arcobaleno sfilerà anche dopo, fino al 16 settembre, con 51 parate unite da una richiesta: “Stessi diritti, stessi doveri”. Ad animare i manifestanti quest’anno c’è anche l’esigenza di rivendicare e tutelare i diritti dalle politiche ultraconservatrici della destra. “I Pride sono un esercizio che mette alla prova le democrazie – dice Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay – interpellandole sull’uguaglianza e le pari opportunità, architravi sulle quali dovrebbero fondarsi. Scendere nelle strade quest’anno ha un significato e un’urgenza particolari”.

Gli eventi – Anche le feste possono raccontare una comunità. Per questo ogni città fa precedere alla grande parata una serie di incontri di sensibilizzazione e confronto. A partecipare sono anche molte realtà di provincia, da Avellino a Lecco passando per Reggio Emilia e le Isole Egadi. Oggi, 10 giugno, ci sarà una delle sfilare principali, quella di Roma, ribattezzata Queeresistenza. L’inno che accompagnerà la parata è Furore di Paola&Chiara, madrine del Roma Pride 2023. Si parte da piazza della Repubblica alle 15, si arriva ai Fori imperiali per le 19:30. Il 17 giugno si sfilerà a Catania, dove la manifestazione sarà preceduta da tre giorni di spettacoli dal vivo, incontri, concerti. Slogan di quest’anno è “Il polpo di stato”. Nel logo, il polipo in versione arcobaleno, a richiamare il soprannome che i catanesi danno agli omosessuali. Il 24 è il giorno del Milano Pride: partenza alle 15 dalla Stazione Centrale e arrivo all’Arco della pace alle 18.30. Prima e dopo le parate, un calendario fitto di appuntamenti per ogni città: dalle performance musicali alle presentazioni di libri passando per test rapidi, anonimi e gratuiti di Hiv e Sifilide.

Le battaglie – “Quella del Pride è una comunità che ha voglia di essere colorata e sente il bisogno di rivendicare diritti che non ci sono”, racconta Elena Castellani dei Sentinelli di Milano, noto movimento di attivismo civico milanese. “Si lotta per il diritto di essere famiglia, di essere riconosciuti come genitori, ma anche e ancora per non essere discriminati né aggrediti. Affossato il ddl Zan, chiediamo di avere una legge che riconosca l’aggravante di omofobia”.

A portare al Pride nuove lotte è anche il Pride romano indecoroso oltre tutto (Priot), un coordinamento romano che partecipa alla parata della Capitale in modo critico e rivoluzionario. “Priot nasce perché nel tempo molti Pride e spazi che si autodefiniscono queer hanno perso quello spirito di rivolta che ha contraddistinto la nascita del movimento Lgbtqia+”, dicono gli attivisti al ilfattoquotidiano.it. Tra le battaglie dichiarate c’è il contrasto al rainbow washing, la necessità di integrare alle lotte Lgbtq+ i temi dell’ambiente, ma ci si mobilita anche per temi puramente politici. “Non vogliamo marciare insieme ad organizzazioni filo-israeliane, il pride non è per loro – spiegano – Siamo fuori dalla norma, ma non certo fuori dal Pride. Al contrario: il Pride nasce a Stonewall da persone dissidenti, fuori dalla norma, come noi”. A spiegare la sua presenza alla parata romana, ci sono le ragioni storiche e le battaglie trasversali, come la tutela delle minoranze, il diritto alla famiglia, il sex work e, soprattutto quello alla libertà nel definire la propria identità. L’anima del Priot però resta critica. “Partecipiamo al Roma Pride con rivendicazioni politiche radicali rispetto al documento scritto dagli organizzatori, che con noi hanno in comune solo il fatto di non essere eterosessuali”, dice il coordinamento.

Accanto alle battaglie comuni, ci sono quelle di alcuni gruppi che si distinguono per ideologia o territorialità. Per la prima volta, per esempio, sfilerà un’associazione siciliana che si definisce transfemminista e meridionalista: Mala Fimmina. Nata cinque mesi fa, unisce le battaglie per la parità di genere a quelle legate alla questione meridionale. “Ambiamo alla queerizzazione del Sud, cioè all’allontanamento del concetto di Sud dalla norma, anche la norma eterosessuale”, spiega a Claudia Fauzia, fondatrice di Mala Fimmina. “Il nostro intento è portare alla luce pratiche controtendenza, che siano di resistenza politica femminista o legate a un concetto di famiglia allargata o a una sessualità non egemone. Al di là dello stato giuridico, la nostra associazione si definisce ‘famiglia queer’”.

L’obiettivo di Mala Fimmina è cambiare la narrazione sul Sud, nella convinzione che spesso sia giudicato anche più arretrato di quanto non sia. “Il Meridione è visto come immobile, sia politicamente che sulle questioni Lgbtq+. Si pensa che sia una terra omofoba e omobitransfobica, come ci fosse un nesso con il sottosviluppo o le difficoltà economiche che vive il Meridione. Non è così: il primo circolo Arcigay in assoluto in Italia è nato a Palermo. La cosa per cui ci stiamo battendo è innanzitutto lo sradicamento di questi stereotipi”, spiega Fauzia.

La politica È questa complessità di ideologie e movimenti che il Pride cerca ogni anno di difendere. Oltre alle continue aggressioni a membri della comunità Lgbtq+, il blocco alle trascrizioni dei figli di coppie omogenitoriali, il ritiro del patrocinio al Roma Pride da parte di Regione Lazio, e in generale l’avanzata della destra, ha reso anche più sentita la parata arcobaleno. “Non è solo una questione di chiedere diritti, ma di non togliere quei pochi che già ci sono”, dice Castellani dei Sentinelli. Anche per questo, nel comunicato di lancio dell’intero pride, viene ribadito che l’edizione 2023 sarà quanto mai politica. “Le retromarce che il nostro Paese ha fatto in tema di riconoscimento dei diritti delle persone lgbtqi+ meritano una grande mobilitazione – dice Arcigay – Lo meritano tutte le vite e le soggettività che questa politica e questo governo in particolare tratta come meno uguali, comprimendo libertà e diritti ed esercitando oppressione se non addirittura violenza”

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