Onana lo aveva detto a Calhanoglu: tira alla destra di Ter Stegen, è il suo punto debole. È il 4 ottobre, siamo al minuto 47 del primo tempo di Inter–Barcellona, un match che già potrebbe decidere le sorti di Simone Inzaghi, non sarà l’ultimo. Dentro o fuori, dalla Champions e dalla panchina. Un tiro rimpallato di Lautaro, la palla che per caso finisce sui piedi di Dimarco. Il terzino tergiversa, poi appoggia a Calhanoglu. Il turco è sui 20 metri, ha il tempo di pensare al consiglio dato da quel bizzarro camerunense che sta per prendersi le chiavi della porta nerazzurra. Carica il tiro e mira all’angolino basso. La palla si insacca esattamente alla destra del portiere del Barcellona, San Siro esplode: non è gioia, è liberazione. Perché l’Inter improvvisamente dimostra di poter dare un senso alla sua stagione. È il vero inizio dell’assurdo e irripetibile cammino che porterà una squadra piena di debiti e di incognite fino a Istanbul, fino a giocarsi la finale di Champions League contro i marziani del Manchester City. La coppa l’hanno vinta gli inglesi, come da pronostico. Ma l’Inter li ha messi in difficoltà come nessun altro, ha sbagliato l’impossibile, è stata gagliarda. Come la stagione nerazzurra in Europa: una storia da film.
L’inizio da incubo – Il percorso nerazzurro in Champions comincia un mese prima di quella vittoria contro il Barcellona. E non con una notta europea, bensì con un derby perso contro il Milan. È l’inizio di settembre e i nerazzurri cadono sotto i colpi di Leao: 3 a 2, doppietta del portoghese. Quella sconfitta precede e condiziona l’esordio stagionale in Europa: quattro giorni dopo, il 7 settembre, a San Siro arriva il Bayern Monaco. Contro un’Inter ancora senza identità, i tedeschi passeggiano e vincono con un netto 2 a 0. Gol di Sané e autorete di D’Ambrosio. Due match in 96 ore che mettono in mostra tutti i limiti della squadra di Inzaghi, umorale e fragile in difesa, come le 12 sconfitte racimolate in campionato stanno lì a dimostrare. In Europa invece sarà un’altra storia, anche se in quel momento nessuno lo può prevedere, nemmeno dopo la vittoria contro il Viktoria Plzen: segnano Dzeko e Dumfries, ma gli avversari non sono davvero all’altezza e per di più rimangono in dieci per la mezz’ora finale dopo l’espulsione di Bucha.
La notte della svolta – L’Inter arriva alla sfida col Barcellona con nella mente e negli occhi dei tifosi ben altre prestazioni: la sconfitta contro l’Udinese prima della sosta nazionali, quella con la Roma a San Siro subito dopo la sosta. I nerazzurri hanno perso quattro partite su otto in campionato, la metà. E vedono già il Napoli avanti di 8 punti in classifica. La panchina di Inzaghi traballa, i giornali sono un profluvio di retroscena su un suo possibile esonero durante la sosta per i Mondiali in Qatar. Anche perché tutti credono che l’Inter uscirà malconcia dalla doppia sfida col Barcellona, che sancirebbe l’addio alla Champions League, seppure nel girone più difficile. Invece i nerazzurri in Europa si trasfigurano: qualcuno parla di motivazioni, altri di chiavi tattiche diverse in campo internazionale. Fatto sta che dal 4 ottobre in avanti, quando l’Inter si presenta per una notte di Champions monta l’assetto da battaglia: baricentro basso e concentrazione. E ripartenze, certo. Ma anche gioco da dietro, senza tuttavia abbandonarsi a vezzi e fronzoli. Una squadra che aveva già subito 15 gol in stagione, accoglie il Barcellona a San Siro e decide di non voler concedere nulla. La difesa, paradossalmente, diventerà la chiave della cavalcata fino a Istanbul. La squadra se ne convincerà dopo quella notte del 4 ottobre, con quel gol di Calhanoglu protetto e salvaguardato fino al 90esimo.
Il secondo posto nel girone più tosto – La settimana successiva il ritorno a Barcellona è tutta un’altra partita: finisce 3 a 3. L’Inter mostra nuovamente i suoi limiti difensivi, ma il pareggio al Camp Nou è la partita della consapevolezza: per la prima volta dal 2010 i nerazzurri sono in grado di uscire di fatto vincitori da un doppio confronto contro un top club europeo. Non ci erano mai riusciti con Spalletti e con Conte (sempre eliminati ai gironi), non ci erano riusciti con Inzaghi contro il Liverpool agli ottavi della passata stagione. Il Barcellona passa in vantaggio con Dembelé, pareggia Barella. Poi Lautaro segna uno dei gol più belli della competizione, ma Lewandoski realizza il 2 a 2 e fa temere il peggio. Invece arriva il gol di Gosens, prima del nuovo pari del polacco. Nel finale Asllani ha perfino un’occasione colossale per vincere, ma cambia poco. L’Inter resta davanti al Barcellona nel girone di ferro della Champions, l’Inter si convince che può giocarsela in Europa. Il 26 ottobre a San Siro la vittoria netta per 4 a 0 contro il Viktoria Plzen (Mkhitaryan, due volte Dzeko e Lukaku) sancisce l’accesso matematico agli ottavi, mandando il Barcellona in Europa League. Il primo novembre a Monaco i nerazzurri perdono ancora contro il Bayern per 2 a 0 (Pavard e Choupo-Moting), chiudendo il girone da secondi con 10 punti.
Il Porto nel momento peggiore – La settimana successiva il sorteggio regala però un altro sorriso: dall’urna è uscito il Porto, probabilmente l’avversario più alla portata tra le squadre teste di serie. Il 22 febbraio a Milano si gioca l’andata degli ottavi. L’Inter ci arriva dopo un mese e mezzo sulle montagne russe: ha battuto il Napoli all’esordio dopo la sosta per i Mondiali, ha vinto la Supercoppa travolgendo il Milan con un secco 3 a 0, ma ha pure perso altri punti in campionato che la tagliano definitivamente fuori dalla lotta per lo scudetto. Mister Inzaghi è di nuovo in discussione, gli ottavi di Champions vengono dipinti come l’ultima spiaggia per evitare un esonero immediato. Anche contro il Porto si vede un’Inter brutta e sottoritmo, che però in Europa si ricorda di cambiare assetto: battaglia e difesa, appunto. Il match è terribile per 75 minuti, poi arriva l’episodio: l’espulsione di Otavio al 78esimo. Parte l’assalto dei nerazzurri, che capiscono di avere un’occasione irripetibile. La sfrutta Lukaku a 4 minuti dal 90esimo: 1 a 0 e tutti felici, per quell’Inter è il massimo ottenibile. Al ritorno il 14 marzo al Do Dragao, i nerazzurri ci arrivano se possibile in condizioni ancora peggiori, dopo aver perso per 2 a 1 contro lo Spezia in campionato. In Portogallo la squadra di Inzaghi difende il vantaggio dell’andata con un’altra partita brutta ma efficace. Di fronte, fortunatamente, c’è un Porto che non ha le capacità di fare gioco. Tra parate di Onana, salvataggi sulla linea e una traversa al 95esimo, finisce 0 a 0: Inzaghi è salvo e l’Inter torna ai quarti di Champions dopo oltre un decennio.
A Benfica la seconda svolta – Il 17 marzo dall’urna Nyon arrivano altre buone notizie: ai quarti l’Inter incrocia il Benfica, con vista su una semifinale contro la vincente tra Milan e Napoli. In quel momento, nel mezzo di una stagione che pare complicatissima, si apre all’improvviso un miraggio chiamato finale di Champions. L’Inter nel frattempo non sembra uscire dall’incubo: in campionato perde con la Juventus e con la Fiorentina, poi pareggia 1 a 1 con la Salernitana. A Lisbona l’11 aprile si presenta una squadra indecifrabile, con un allenatore che ancora una volta pare aggrappato alla Champions per evitare di essere cacciato. L’esonero a fine stagione viene dato quasi per scontato. Invece contro il Benfica l’Inter sfodera la partita perfetta: Barella al 51esimo e Lukaku su rigore all’82esimo firmano un 2 a 0 in trasferta che vale già tre quarti di qualificazione. È la seconda svolta della stagione: da quel momento l’Inter metterà in fila 11 vittorie, un pareggio e 2 sconfitte nelle successive 14 partite. L’unico pari arriva nella gara di ritorno a San Siro: un altro 3 a 3. La sblocca ancora Barella, pareggia Aursnes al 38esimo. Poi Lautaro al 65esimo segna il gol della tranquillità e Correa mette in ghiaccio la qualificazione al 78esimo. Negli ultimi minuti arrivano le reti ininfluenti di Silva e Musa. Sarà derby contro il Milan, che il giorno dopo elimina il Napoli.
L’euroderby dominato – Da quel derby di inizio settembre, in cui il Milan aveva tremendamente messo a nudo tutta la cagionevolezza dell’Inter, all’Euroderby che cambia il volto di una stagione. Il parallelo tra quella gara e il doppio confronto in semifinale di Champions racconta meglio di qualsiasi analisi come sia cambiata la squadra di Inzaghi con il passare delle partite, specialmente quelle di sera con la musichetta europea. Bastano i primi 12 minuti del match d’andata del 10 maggio: segnano prima Dzeko e poi Mkhitaryan, non c’è confronto con i rossoneri. L’Inter ha perfino il rammarico di non trovare altri gol in un primo tempo dominato, mentre nella ripresa l’unico brivido è un palo colpito da Tonali. La qualificazione non è ancora chiusa, ma il ritorno il 16 maggio in casa dell’Inter diventa una festa: San Siro trema solo per un’accelerazione di Leao a fine primo tempo. Poi il gol di Lautaro al 74esimo certifica che a Istanbul ci vanno i nerazzurri: la sua esultanza con le braccia al cielo sotto la Nord diventa il simbolo, l’emblema dell’impresa compiuta. L’Inter in 180 minuti non concede praticamente nulla al Milan e in 6 partite a eliminazione diretta ha subito appena tre gol, dei quali due nei minuti finali di una partita che non contava più. I nerazzurri arrivano a Istanbul con un allenatore virtualmente esonerato in tre occasioni e ora confermato senza discussione. Con i debiti di Zhang, con mezza squadra incerta su quale maglia indosserà in futuro. Una stagione assurda, irripetibile.
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Una stagione assurda e irripetibile: così l’Inter è arrivata a un passo dal tetto d’Europa. Dal gol di Calhanoglu all’errore di Lukaku: il film
Onana lo aveva detto a Calhanoglu: tira alla destra di Ter Stegen, è il suo punto debole. È il 4 ottobre, siamo al minuto 47 del primo tempo di Inter–Barcellona, un match che già potrebbe decidere le sorti di Simone Inzaghi, non sarà l’ultimo. Dentro o fuori, dalla Champions e dalla panchina. Un tiro rimpallato di Lautaro, la palla che per caso finisce sui piedi di Dimarco. Il terzino tergiversa, poi appoggia a Calhanoglu. Il turco è sui 20 metri, ha il tempo di pensare al consiglio dato da quel bizzarro camerunense che sta per prendersi le chiavi della porta nerazzurra. Carica il tiro e mira all’angolino basso. La palla si insacca esattamente alla destra del portiere del Barcellona, San Siro esplode: non è gioia, è liberazione. Perché l’Inter improvvisamente dimostra di poter dare un senso alla sua stagione. È il vero inizio dell’assurdo e irripetibile cammino che porterà una squadra piena di debiti e di incognite fino a Istanbul, fino a giocarsi la finale di Champions League contro i marziani del Manchester City. La coppa l’hanno vinta gli inglesi, come da pronostico. Ma l’Inter li ha messi in difficoltà come nessun altro, ha sbagliato l’impossibile, è stata gagliarda. Come la stagione nerazzurra in Europa: una storia da film.
L’inizio da incubo – Il percorso nerazzurro in Champions comincia un mese prima di quella vittoria contro il Barcellona. E non con una notta europea, bensì con un derby perso contro il Milan. È l’inizio di settembre e i nerazzurri cadono sotto i colpi di Leao: 3 a 2, doppietta del portoghese. Quella sconfitta precede e condiziona l’esordio stagionale in Europa: quattro giorni dopo, il 7 settembre, a San Siro arriva il Bayern Monaco. Contro un’Inter ancora senza identità, i tedeschi passeggiano e vincono con un netto 2 a 0. Gol di Sané e autorete di D’Ambrosio. Due match in 96 ore che mettono in mostra tutti i limiti della squadra di Inzaghi, umorale e fragile in difesa, come le 12 sconfitte racimolate in campionato stanno lì a dimostrare. In Europa invece sarà un’altra storia, anche se in quel momento nessuno lo può prevedere, nemmeno dopo la vittoria contro il Viktoria Plzen: segnano Dzeko e Dumfries, ma gli avversari non sono davvero all’altezza e per di più rimangono in dieci per la mezz’ora finale dopo l’espulsione di Bucha.
La notte della svolta – L’Inter arriva alla sfida col Barcellona con nella mente e negli occhi dei tifosi ben altre prestazioni: la sconfitta contro l’Udinese prima della sosta nazionali, quella con la Roma a San Siro subito dopo la sosta. I nerazzurri hanno perso quattro partite su otto in campionato, la metà. E vedono già il Napoli avanti di 8 punti in classifica. La panchina di Inzaghi traballa, i giornali sono un profluvio di retroscena su un suo possibile esonero durante la sosta per i Mondiali in Qatar. Anche perché tutti credono che l’Inter uscirà malconcia dalla doppia sfida col Barcellona, che sancirebbe l’addio alla Champions League, seppure nel girone più difficile. Invece i nerazzurri in Europa si trasfigurano: qualcuno parla di motivazioni, altri di chiavi tattiche diverse in campo internazionale. Fatto sta che dal 4 ottobre in avanti, quando l’Inter si presenta per una notte di Champions monta l’assetto da battaglia: baricentro basso e concentrazione. E ripartenze, certo. Ma anche gioco da dietro, senza tuttavia abbandonarsi a vezzi e fronzoli. Una squadra che aveva già subito 15 gol in stagione, accoglie il Barcellona a San Siro e decide di non voler concedere nulla. La difesa, paradossalmente, diventerà la chiave della cavalcata fino a Istanbul. La squadra se ne convincerà dopo quella notte del 4 ottobre, con quel gol di Calhanoglu protetto e salvaguardato fino al 90esimo.
Il secondo posto nel girone più tosto – La settimana successiva il ritorno a Barcellona è tutta un’altra partita: finisce 3 a 3. L’Inter mostra nuovamente i suoi limiti difensivi, ma il pareggio al Camp Nou è la partita della consapevolezza: per la prima volta dal 2010 i nerazzurri sono in grado di uscire di fatto vincitori da un doppio confronto contro un top club europeo. Non ci erano mai riusciti con Spalletti e con Conte (sempre eliminati ai gironi), non ci erano riusciti con Inzaghi contro il Liverpool agli ottavi della passata stagione. Il Barcellona passa in vantaggio con Dembelé, pareggia Barella. Poi Lautaro segna uno dei gol più belli della competizione, ma Lewandoski realizza il 2 a 2 e fa temere il peggio. Invece arriva il gol di Gosens, prima del nuovo pari del polacco. Nel finale Asllani ha perfino un’occasione colossale per vincere, ma cambia poco. L’Inter resta davanti al Barcellona nel girone di ferro della Champions, l’Inter si convince che può giocarsela in Europa. Il 26 ottobre a San Siro la vittoria netta per 4 a 0 contro il Viktoria Plzen (Mkhitaryan, due volte Dzeko e Lukaku) sancisce l’accesso matematico agli ottavi, mandando il Barcellona in Europa League. Il primo novembre a Monaco i nerazzurri perdono ancora contro il Bayern per 2 a 0 (Pavard e Choupo-Moting), chiudendo il girone da secondi con 10 punti.
Il Porto nel momento peggiore – La settimana successiva il sorteggio regala però un altro sorriso: dall’urna è uscito il Porto, probabilmente l’avversario più alla portata tra le squadre teste di serie. Il 22 febbraio a Milano si gioca l’andata degli ottavi. L’Inter ci arriva dopo un mese e mezzo sulle montagne russe: ha battuto il Napoli all’esordio dopo la sosta per i Mondiali, ha vinto la Supercoppa travolgendo il Milan con un secco 3 a 0, ma ha pure perso altri punti in campionato che la tagliano definitivamente fuori dalla lotta per lo scudetto. Mister Inzaghi è di nuovo in discussione, gli ottavi di Champions vengono dipinti come l’ultima spiaggia per evitare un esonero immediato. Anche contro il Porto si vede un’Inter brutta e sottoritmo, che però in Europa si ricorda di cambiare assetto: battaglia e difesa, appunto. Il match è terribile per 75 minuti, poi arriva l’episodio: l’espulsione di Otavio al 78esimo. Parte l’assalto dei nerazzurri, che capiscono di avere un’occasione irripetibile. La sfrutta Lukaku a 4 minuti dal 90esimo: 1 a 0 e tutti felici, per quell’Inter è il massimo ottenibile. Al ritorno il 14 marzo al Do Dragao, i nerazzurri ci arrivano se possibile in condizioni ancora peggiori, dopo aver perso per 2 a 1 contro lo Spezia in campionato. In Portogallo la squadra di Inzaghi difende il vantaggio dell’andata con un’altra partita brutta ma efficace. Di fronte, fortunatamente, c’è un Porto che non ha le capacità di fare gioco. Tra parate di Onana, salvataggi sulla linea e una traversa al 95esimo, finisce 0 a 0: Inzaghi è salvo e l’Inter torna ai quarti di Champions dopo oltre un decennio.
A Benfica la seconda svolta – Il 17 marzo dall’urna Nyon arrivano altre buone notizie: ai quarti l’Inter incrocia il Benfica, con vista su una semifinale contro la vincente tra Milan e Napoli. In quel momento, nel mezzo di una stagione che pare complicatissima, si apre all’improvviso un miraggio chiamato finale di Champions. L’Inter nel frattempo non sembra uscire dall’incubo: in campionato perde con la Juventus e con la Fiorentina, poi pareggia 1 a 1 con la Salernitana. A Lisbona l’11 aprile si presenta una squadra indecifrabile, con un allenatore che ancora una volta pare aggrappato alla Champions per evitare di essere cacciato. L’esonero a fine stagione viene dato quasi per scontato. Invece contro il Benfica l’Inter sfodera la partita perfetta: Barella al 51esimo e Lukaku su rigore all’82esimo firmano un 2 a 0 in trasferta che vale già tre quarti di qualificazione. È la seconda svolta della stagione: da quel momento l’Inter metterà in fila 11 vittorie, un pareggio e 2 sconfitte nelle successive 14 partite. L’unico pari arriva nella gara di ritorno a San Siro: un altro 3 a 3. La sblocca ancora Barella, pareggia Aursnes al 38esimo. Poi Lautaro al 65esimo segna il gol della tranquillità e Correa mette in ghiaccio la qualificazione al 78esimo. Negli ultimi minuti arrivano le reti ininfluenti di Silva e Musa. Sarà derby contro il Milan, che il giorno dopo elimina il Napoli.
L’euroderby dominato – Da quel derby di inizio settembre, in cui il Milan aveva tremendamente messo a nudo tutta la cagionevolezza dell’Inter, all’Euroderby che cambia il volto di una stagione. Il parallelo tra quella gara e il doppio confronto in semifinale di Champions racconta meglio di qualsiasi analisi come sia cambiata la squadra di Inzaghi con il passare delle partite, specialmente quelle di sera con la musichetta europea. Bastano i primi 12 minuti del match d’andata del 10 maggio: segnano prima Dzeko e poi Mkhitaryan, non c’è confronto con i rossoneri. L’Inter ha perfino il rammarico di non trovare altri gol in un primo tempo dominato, mentre nella ripresa l’unico brivido è un palo colpito da Tonali. La qualificazione non è ancora chiusa, ma il ritorno il 16 maggio in casa dell’Inter diventa una festa: San Siro trema solo per un’accelerazione di Leao a fine primo tempo. Poi il gol di Lautaro al 74esimo certifica che a Istanbul ci vanno i nerazzurri: la sua esultanza con le braccia al cielo sotto la Nord diventa il simbolo, l’emblema dell’impresa compiuta. L’Inter in 180 minuti non concede praticamente nulla al Milan e in 6 partite a eliminazione diretta ha subito appena tre gol, dei quali due nei minuti finali di una partita che non contava più. I nerazzurri arrivano a Istanbul con un allenatore virtualmente esonerato in tre occasioni e ora confermato senza discussione. Con i debiti di Zhang, con mezza squadra incerta su quale maglia indosserà in futuro. Una stagione assurda, irripetibile.
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Palermo, 17 feb. (Adnkronos) - Il sindaco di Catania Enrico Trantino e l'assessore alle politiche scolastiche Andrea Guzzardi questa mattina, all'inizio delle lezioni, si recheranno nella scuola Petrarca di via Pantelleria per testimoniare ai genitori, agli insegnanti e alla dirigenza scolastica, "la vicinanza delle istituzioni cittadine" alle maestre aggredite sabato dai genitori di un'alunna. Sono stati i genitori di un alunno di dieci anni a colpire con calci e pugni le due insegnanti e i carabinieri stanno indagando.
Trantino e Guzzardi hanno espresso "la più ferma condanna e vicinanza dell'Amministrazione comunale alle maestre di scuola primaria coinvolte, che abbiamo già contattato per sincerarsi delle loro condizioni. La sicurezza di studenti e personale scolastico è una priorità assoluta, e in quell'istituto stiamo concretamente operando per garantire un ambiente di apprendimento sereno e protetto e collaborare con la scuola e le forze dell'ordine per prevenire ulteriori episodi di violenza".
Sanremo, 16 feb. (Adnkronos) - "Conti ha detto che il suo festival è 'baudiano'? Sono molto contento, mi fa veramente piacere". Risponde così all'Adnkronos Pippo Baudo, commentando le parole del direttore artistico del festival Carlo Conti in conferenza stampa dove ha detto che il suo Sanremo è stato 'baudiano', ammettendo di ispirarsi allo storico conduttore del festival di Sanremo perché "ci ha insegnato lui a farlo". Baudo detiene attualmente il record di conduzioni del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, avendolo presentato 13 volte.
Milano 14 feb. -(Adnkronos) - Vorwerk ha presentato in questi giorni a Berlino il nuovo Bimby, erede dell’elettrodomestico multifunzione impostosi sin dagli anni ’70 come il robot da cucina per antonomasia. Bimby TM7 rileva il testimone del modello lanciato nel 2019 con una proposta attenta al mercato e in risposta alle esigenze dei clienti in continua evoluzione: per questo i progettisti Vorwerk hanno apportato innovazioni al design, con l’ampio schermo multitouch da 10 pollici, all’interfaccia digitale, alla piattaforma Cookidoo, con oltre 10.000 ricette per un’esperienza culinaria sempre più nuova, e al motore di Bimby . Tutto questo consente di ottimizzare la vita in cucina, liberando il proprio tempo mentre Bimby si occupa della preparazione dei piatti. La novità Vorwerk, inoltre, arriva con un corredo di funzioni e opzioni di cottura ulteriormente ampliate.
Bimby TM7, già prenotabile da febbraio e disponibile a partire da aprile, porta a un livello superiore l’integrazione tra un elettrodomestico all'avanguardia e l'ecosistema digitale Cookidoo, garantendo un'esperienza culinaria più ricca, uniforme e intuitiva che ridefinisce i metodi di preparazione dei cibi. L’ultimo nato in casa Vorwerk sfoggia un’inedita veste in nero, scelta dettata non solo dallo stile ma perché facilita l’incorporazione di un maggior numero di materiali riciclati nel dispositivo. Il nuovo rivestimento isolante del boccale permette di maneggiarlo in sicurezza, contribuendo anche al mantenimento della temperatura ottimale delle preparazioni. Protagonista assoluto è l’ampio schermo multitouch da 10 pollici, che in Bimby TM7 integra la manopola e dà accesso immediato alla piattaforma Cookidoo, agevolando sia la ricerca che l'esecuzione di qualsiasi ricetta in modalità guidata.
L’interfaccia di Bimby TM7 si contraddistingue per la sua schermata principale personalizzabile sulle necessità di ciascun utente. Inoltre, sono state perfezionate componenti come la spatola, il tappo del coperchio e l’accessorio per le cotture al vapore (il cosiddetto Varoma) ora di forma rettangolare con più spazio per gli alimenti. Con le tantissime funzioni per cui è stato creato, Bimby TM7 manifesta pienamente la sua anima di robot tuttofare: cuoce, anche a vapore e ad alta temperatura, insaporisce, rosola, riscalda, effettua cotture in sottovuoto e cotture lente, prepara uova e cereali alla cottura desiderata, caramella e fa lievitare impasti, e fermentare yogurt e formaggi fatti in casa.
Oltre alle tante funzioni di cottura, Bimby TM7 sostituisce oltre 20 piccoli elettrodomestici da cucina, facendosi carico di sbrigare in modo veloce e impeccabile i compiti più ingrati e “time consuming” quali pesare, tritare, grattugiare, amalgamare, emulsionare, e anche impastare. La connettività intelligente Wi-Fi e Bluetooth e il collegamento multi-device alla piattaforma Cookidoo (sullo schermo Bimby ma anche attraverso la app e il PC), rendono disponibile in qualsiasi momento un ricettario digitale costantemente aggiornato che spazia tra decine di migliaia di ricette, italiane ed internazionali, tutte rigorosamente testate e descritte in dettaglio, ma anche video, tutorial, articoli e suggerimenti a cui attingere per ispirarsi. L’utente può scegliere se affidarsi alla modalità guidata o esplorare la modalità manuale. Nel primo caso, una volta selezionata la ricetta su Cookidoo, Bimby si occupa di tutto, indicando ingredienti, quantità e procedura, guidando l’utente con passaggi preimpostati, regolando automaticamente tempi, temperature e velocità. In modalità manuale, l’utente può selezionare il tipo di cottura che ritiene più indicata tra quelle a disposizione per realizzare velocemente le sue preparazioni, ma soprattutto trova anche un valido aiuto nelle innumerevoli modalità preimpostate - eseguibili al tocco di una semplice icona - uno dei punti di forza di Bimby.
Un’importante novità è l’introduzione della nuova funzione Cottura Aperta, che permette di cucinare senza coperchio a 100°C in totale sicurezza. Questa funzione, disponibile anche in modalità guidata con tante ricette preimpostate, non solo offre una visione completa sul lavoro di Bimby, ma consente anche l’aggiunta di ingredienti a piacere in corso d’opera. Un’alternativa eccellente per coloro che amano aggiungere il loro tocco personale alle ricette. Il TM7 è alimentato da un nuovissimo motore sincrono da 500 Watt che dispone di un ampio intervallo di giri al minuto - da 40 a 10.700 - e di un controllo adattativo della potenza : il tutto con una silenziosità che anche a pieno regime “non alza la voce”.
In attesa dell’inizio ufficiale delle consegne ad aprile, il nuovo Bimby può essere prenotato già da subito attraverso gli incaricati alla vendita, che accompagnano l’utente alla scoperta di tutte le nuove funzionalità del prodotto. La consulenza gratuita e personalizzata è parte integrante del mondo della vendita diretta Vorwerk.
Bruxelles, 16 feb. (Adnkronos) - Un anno fa, il 16 febbraio 2024, moriva l'attivista Alexei Navalny mentre era detenuto in un carcere russo: aveva 47 anni. Sono tante le persone che questa mattina si sono radunate a Mosca per rendere omaggio al più forte oppositore del Cremlino In centinaia si sono recate al cimitero Borisov. Qui hanno sfilato persone arrivate da sole, altre in piccoli gruppi, anche famiglie con bambini.
I sostenitori di Navalny hanno deposto fiori sulla sua tomba con la polizia che ha concesso l'ingresso al cimitero Borisov filmando tutto. C'erano anche diplomatici stranieri, compresi gli ambasciatori di Usa e Ue, Lynne Tracy e Roland Galharague, secondo notizie rilanciate dall'agenzia Dpa.
Nel ricordare Navalny, l'Ue dichiara che la riguardo "il presidente Putin e le autorità russe hanno la responsabilità ultima" della sua morte. "Mentre la Russia intensifica la sua guerra di aggressione illegale contro l'Ucraina, continua anche la repressione interna, prendendo di mira coloro che si battono per la democrazia - prosegue la dichiarazione dell'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue, Kaja Kallas, a nome dei Ventisette - Navalny ha dato la sua vita per una Russia libera e democratica. Oggi i suoi avvocati restano ingiustamente in carcere, insieme a centinaia di prigionieri politici".
Secondo l'Ue "la Russia deve liberare immediatamente e senza condizioni i legali di Navalny e tutti i prigionieri politici". L'Unione chiede anche alla Russia di "porre fine alla sua repressione brutale della società civile, dei media dei membri dell'opposizione e di rispettare il diritto internazionale".
Yulia Navalnaya ha diffuso un video in occasione del primo anniversario della morte di suo marito Alexei Navalny in cui ricorda ciò in cui credeva il principale oppositore del Cremlino: "Sappiamo perché stiamo combattendo: una Russia del futuro che sia libera, pacifica e bella, quella che sognava Alexei è possibile. Bisogna fare di tutto affinché si realizzi il suo sogno".
"Ognuno può fare qualcosa: manifestare, scrivere ai prigionieri politici, far cambiare opinione ai propri cari, sostenersi a vicenda", prosegue Navalnaya, attesa a Berlino nell'ambito delle iniziative per ricordare Navalny. "Alexei è fonte di ispirazione in tutto il mondo. Capiscono che il nostro Paese non è solo guerra, corruzione, repressione", afferma, accusando il leader russo Vladimir Putin di "voler cancellare dalla nostra memoria il nome di Alexey, nascondere la verità sul suo omicidio e di costringerci alla rassegnazione".
"Ma non ci riuscirà. Il dolore ci rende più forti e quest'anno ha dimostrato che siamo più forti di quanto pensassimo", incalza la donna, chiedendo di prendere esempio dal "coraggio" e dalla "capacità di amare davvero il nostro Paese" che aveva Navalny.
"Navalny è morto un anno fa perché si batteva per la democrazia e la libertà in Russia", ha scritto il cancelliere tedesco Olaf Scholz su X, aggiungendo che il leader russo Vladimir "Putin combatte in modo brutale la libertà e i suoi difensori". Così, "il lavoro di Navalny è stato ancor più coraggioso - ha rimarcato - Il suo coraggio ha fatto la differenza e va ben oltre la sua morte".
Anche il ministero degli Esteri, Antonio Tajani, ha scritto un messaggio su X : "A un anno dalla morte di Aleksej Navalny, non dimentichiamo il suo coraggio e il suo sacrificio a favore della libertà e della democrazia. La mia vicinanza alla sua famiglia e a tutti i difensori dei diritti umani che ogni giorno combattono nel mondo per avere più giustizia e stato di diritto".
Sanremo, 16 feb. - (Adnkronos) - “Lucio Corsi è stata la vera novità del festival. Partito come uno sconosciuto al grande pubblico e riuscito a conquistare chi lo ha ascoltato grazie ai suoi testi pieni di poesia, ironia e fantasia". Così Carlo Verdone, all'Adnkronos, commenta il successo di Lucio Corsi, secondo classificato a Sanremo 2025.
Con il brano 'Volevo essere un duro', l'artista toscano si è classificato secondo e ha vinto il Premio della Critica "Mia Martini". Un successo che Verdone aveva in qualche modo previsto, includendo Corsi nel cast della terza stagione di 'Vita da Carlo'. Nella serie, Verdone interpreta il direttore artistico del Festival, scegliendo proprio Corsi come artista in gara. Una finzione che si è trasformata in realtà.
Verdone non loda solo il talento artistico di Corsi, ma anche le sue qualità umane: "Quello che traspare in Lucio è l’essere una persona piena di garbo, che vive di stupore. Non c’è mai rabbia in lui. Ma la sua forza non è solo nel suo talento ma anche nella sua pacatezza di persona perbene e umile. L’umiltà è la cosa che lo contraddistingue più di tutte. E’ andato avanti con i suoi soli mezzi".
E conclude: "Grazie a lui la musica mi sembra abbia iniziato a prendere un’altra direzione, meno ansiogena, più riflessiva e amabile, fondata su dei testi belli. E’ un poeta. Sono contento anche perché puntare su di lui nella mia serie è stata una scommessa vinta anche per me. Gli auguro tutto il successo che merita”, conclude.
Bruxelles, 16 feb. (Adnkronos) - Un anno fa, il 16 febbraio 2024, moriva l'attivista Alexei Navalny mentre era detenuto in un carcere russo: aveva 47 anni. Sono tante le persone che questa mattina si sono radunate a Mosca per rendere omaggio al più forte oppositore del Cremlino In centinaia si sono recate al cimitero Borisov. Qui hanno sfilato persone arrivate da sole, altre in piccoli gruppi, anche famiglie con bambini.
I sostenitori di Navalny hanno deposto fiori sulla sua tomba con la polizia che ha concesso l'ingresso al cimitero Borisov filmando tutto. C'erano anche diplomatici stranieri, compresi gli ambasciatori di Usa e Ue, Lynne Tracy e Roland Galharague, secondo notizie rilanciate dall'agenzia Dpa.
Nel ricordare Navalny, l'Ue dichiara che la riguardo "il presidente Putin e le autorità russe hanno la responsabilità ultima" della sua morte. "Mentre la Russia intensifica la sua guerra di aggressione illegale contro l'Ucraina, continua anche la repressione interna, prendendo di mira coloro che si battono per la democrazia - prosegue la dichiarazione dell'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue, Kaja Kallas, a nome dei Ventisette - Navalny ha dato la sua vita per una Russia libera e democratica. Oggi i suoi avvocati restano ingiustamente in carcere, insieme a centinaia di prigionieri politici".
Secondo l'Ue "la Russia deve liberare immediatamente e senza condizioni i legali di Navalny e tutti i prigionieri politici". L'Unione chiede anche alla Russia di "porre fine alla sua repressione brutale della società civile, dei media dei membri dell'opposizione e di rispettare il diritto internazionale".
"Navalny è morto un anno fa perché si batteva per la democrazia e la libertà in Russia", ha scritto il cancelliere tedesco Olaf Scholz su X, aggiungendo che il leader russo Vladimir "Putin combatte in modo brutale la libertà e i suoi difensori". Così, "il lavoro di Navalny è stato ancor più coraggioso - ha rimarcato - Il suo coraggio ha fatto la differenza e va ben oltre la sua morte".
Napoli , 16 feb. - (Adnkronos) - Una bimba di appena 9 mesi è morta nella notte tra sabato e domenica all'ospedale di Acerra (Napoli) a causa delle gravissime ferite alla testa e al volto causate dai morsi del cane pitbull di famiglia.
Secondo quanto si apprende, la piccola era in casa con il padre. La tragedia è avvenuta nella tarda serata di sabato in un appartamento di Acerra. In ospedale sono intervenuti gli agenti del commissariato di polizia di Acerra che hanno avviato le indagini, coordinati dalla Procura di Napoli Nord.
Secondo i primi accertamenti, pare che la bimba sia stata aggredita dal cane di famiglia mentre il padre dormiva e la madre era al lavoro. Sul caso sono in corso accertamenti. Incensurati e sotto i 30 anni, i genitori sono sotto shock.