L’unica vittoria incassata da Forza Italia nel giorno della perdita del suo leader, Silvio Berlusconi, è ad Acireale, comune alle porte di Catania dove schierava un candidato intercettato mentre parlava con esponenti del clan Santapaola-Ercolano. Alle urne dei ballottaggi in Sicilia, dove si votava in 4 comuni, di cui un solo capoluogo (Siracusa), fallisce la grande attesa di Forza Italia che aspirava alla guida proprio della città aretusea, unico capoluogo in cui aveva piazzato un proprio candidato.

L’unica bandierina azzurra viene invece piazzata ad Acireale, comune di 50mila abitanti, dove vince Roberto Barbagallo condannato in primo grado nel 2022 ad un anno e 4 mesi per induzione indebita a dare e promettere utilità. Mentre un’informativa del 14 aprile scorso, firmata dalla Squadra Mobile di Catania e dal commissariato di Acireale, riporta una serie di contatti di Barbagallo con tre esponenti della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, avvenuti tra il 2019 e il 2021, sebbene nella chiusura delle indagini non gli sia stata contestata l’associazione mafiosa.

Un vero e proprio caso emerso nelle ultime settimane di campagna elettorale e già raccontato da ilfattoquotidiano.it, adesso sul tavolo dell’antimafia regionale e nazionale, ma non solo: anche il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha promesso nei giorni scorso un approfondimento nel caso in cui Barbagallo avesse vinto: “Vediamo se i cittadini lo eleggeranno. Dopo ci porremo i problemi”, aveva detto il ministro prima del voto. “Schifani ritiri la fiducia al candidato sindaco che incontrava i boss”, aveva chiesto Ismaele La Vardera, vice presidente dell’Antimafia siciliana ed esponente di Sud Chiama Nord, partito di Cateno De Luca.

Schifani non è invece intervenuto e adesso incassa proprio sul controverso Barbagallo l’unica vittoria di Forza Italia in Sicilia. Mentre pesa la sconfitta a Siracusa, l’unico capoluogo al ballottaggio e l’unico capoluogo nella geografia politica del centrodestra in Sicilia, andato ai forzisti. Nella città delle tragedie greche, è stato, però, un conflitto interno a Forza Italia a sparigliare la partita. Schifani – che dopo aver vinto le Regionali ha scippato la guida del partito a Gianfranco Micciché – ha infatti scelto per la candidatura di Ferdinando Messina, voluto da Pippo Gennuso ma osteggiato da un’altra fetta del partito. A questa scelta si è infatti ribellato Edy Bandiera, ex assessore regionale, indicato da Micciché nell’allora giunta di Nello Musumeci.

“Quando è venuto per la chiusura della campagna elettorale, Schifani ha detto che sarei rimasto con un pugno di mosche in mano”, sottolinea Bandiera, che dopo il primo turno si è schierato dalla parte del candidato di Azione, Francesco Italia, sindaco uscente e adesso uscito vittorioso dal ballottaggio. “Avevo detto tre mesi fa che la scelta di Gennuso ci avrebbe portato questo risultato, mentre io spingevo per una candidatura più istituzionale. Ho perfino rivolto a Schifani una lettera-appello rimasta inascoltata. Non ha avuto un attimo di esitazione, invece, nel tradirmi politicamente, prevaricando me e ciò che rappresento: ha avuto quel che mi aspettavo”, questo il tono del commento di Bandiera a risultato ormai consolidato.

Ed è un’atmosfera da redde rationem quella che oggi pesa su Schifani, che aspirava a ricoprire il ruolo di coordinatore del Sud all’interno del partito di Berlusconi. Ma con la morte del fondatore del partito tutto cambia, ne è convinto soprattutto Micciché: “Non ci sarà più Forza Italia. Muore con Silvio. È un fatto scontato. Il nostro non è un partito da congresso per sapere chi prende la direzione del partito. Assisteremo alla lite su chi è proprietario del simbolo, a chi non lo è. Già so come andrà a finire”. Un clima pesante aleggia dunque tra gli azzurri siciliani, complice il risultato elettorale di questi ballottaggi che si è andato sommando al giorno più buio per il partito. Un clima che di certo pesa sulla corsa interna alla nuova leadership di Fi.

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