L’Italia può puntare a raggiungere il 100 per cento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035. A patto che metta in campo alcune politiche, ad esempio un limite alla quantità di energia importata e un tetto alla capacità di generazione elettrica da biomasse e installi ogni anno una capacità 8 volte maggiore rispetto a quella messa in campo con i ritmi attuali. Nel 2022 è aumentata di poco più di 3 gigawatt rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 61 gigawatt. Primo step: arrivare a 160 gigawatt di capacità già entro il 2030. Quanto e come l’Italia dovrà spingere sulle rinnovabili lo rivela uno studio commissionato da Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia al think tank Ecco e Artelys. Il lavoro è un modello di simulazione economica del sistema elettrico, “la soluzione più vantaggiosa per decarbonizzarlo quasi completamente al 2035, garantendo la sicurezza del sistema”. L’analisi comprende un documento che descrive le ipotesi e il risultato delle simulazioni, mostrando quali caratteristiche dovrà avere un sistema elettrico italiano sostanzialmente decarbonizzato al 2035 (con uno step intermedio al 2030), accompagnato dalle raccomandazioni di policy che consentano di generare un effetto cascata, funzionale alla decarbonizzazione di comparti cruciali come i trasporti e il riscaldamento. “L’analisi che presentiamo dimostra come, anche in Italia, la transizione energetica verso una base completamente rinnovabile del sistema elettrico sia ampiamente possibile e con tecnologie già disponibili” spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Gli obiettivi necessari da raggiungere – Lo scenario individuato darebbe concretezza agli impegni presi dal governo italiano nell’ambito del G7: una produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di oltre il 70% già nel 2030, per arrivare a un settore elettrico in massima parte decarbonizzato (‘predominantly decarbonized’) entro il 2035. Impegno ulteriormente rafforzato sotto la recente presidenza giapponese in a “fully or predominantly decarbonised power sector by 2035”. Per centrare il target, secondo le proiezioni, è necessario un incremento di oltre 90 gigawatt di capacità installata rispetto a quella del 2021, una cifra di poco superiore agli 85 gigawatt già prefigurati da Elettricità Futura. L’obiettivo è arrivare al 2035 a circa 250 gigawatt di capacità installata rinnovabile (circa 160 nel 2030), per quasi 450 terawattora (TWh) di produzione nazionale, quasi 350 nel 2030. In questo modello, spiegano gli autori “la flessibilità avrà un ruolo decisivo su diverse scale temporali (il modello quantifica al 2035 rispettivamente per quella giornaliera, settimanale e annuale: oltre 120, oltre 40, oltre 30 TWh) e richiederà un mix di tecnologie, inclusa la flessibilità della domanda (demand response), accumuli, reti ed elettrolizzatori”. Il contributo della generazione a gas fossile nel 2035 sarà pressoché nullo (54 TWh nel 2030). Si prevede che alcuni impianti di generazione termoelettrica verranno ancora usati con alimentazione a idrogeno e biogas.
Le politiche da adottare, le principali ipotesi – Per completare lo scenario, però, il modello impone delle scelte politiche chiare: dall’abbandono del carbone termoelettrico nel 2025 in tutte le regioni italiane al phase-out dell’uso di derivati petroliferi nella generazione elettrica. Ma non è tutto: nessun nuovo impianto di Carbon Capture Usage and Storage, ossia per catturare, utilizzare e stoccare anidride carbonica. “Significa nessun impianto – spiegano gli autori – visto che l’unico esempio italiano acquisito di CCS (cattura e stoccaggio, ndr) applicato alla generazione elettrica non è mai entrato del tutto in funzione ed è stato poi abbandonato senza un’analisi pubblica dell’esperienza acquisita”. Il modello impone anche un limite alla quantità di energia importata a 40 TWh all’anno “per evitare che il sistema si affidi eccessivamente ad approvvigionamenti energetici dall’estero” e un tetto alla capacità di generazione elettrica da biomasse. “La loro neutralità carbonica non è poi così evidente – spiega lo studio – visto il loro ciclo produttivo e la differenza tra tempi di assorbimento e stoccaggio della CO2 durante i processi di crescita delle piante e tempi di rilascio in atmosfera connessi ai diversi processi di combustione”. Lo scenario, inoltre, presuppone il raggiungimento di un livello di investimento in batterie non inferiore alle stime fatte dai gestori di rete europei e considera una sufficiente produzione di idrogeno verde per l’industria. “Ai numeri sulla potenza di nuovi impianti rinnovabili, necessità di accumuli, domanda flessibile e potenziamento della rete, che offrono un’indicazione quantitativa per l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima al 2030 – spiega Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore delle politiche nazionali di Ecco – il lavoro accompagna una raccolta di raccomandazioni di policy”. Sono necessari, ad esempio, interventi che riguardano il processo autorizzativo e la facilitazione della diffusione dei contratti di lungo termine di commercializzazione dell’energia di nuovi impianti rinnovabili. “Il nostro Paese deve accelerare il passo – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – velocizzando gli iter autorizzativi, a partire dai nuovi progetti di fotovoltaico ed eolico, accelerando la realizzazione dei grandi impianti, lo sviluppo dell’agri-voltaico, di reti e accumuli, la diffusione delle comunità energetiche e degli impianti di digestione anaerobica”.
Come può aumentare la capacità installata, settore per settore – In termini di capacità installata a fare da traino dovrebbero essere gli impianti utility scale di fotovoltaico e, soprattutto pensando ai prossimi quindici anni, l’eolico onshore. “Le fonti rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico, garantiscono indipendenza, sicurezza energetica, maggiore resilienza agli impatti ormai in atto del cambiamento climatico” spiega Luciano Di Tizio, presidente del Wwf Italia. Nello scenario descritto dall’analisi, infatti, dai grandi impianti di fotovoltaico (utility scale) si avrebbero 21 gigawatt di capacità al 2025, 65 al 2030 e 136 al 2035, per il solare sui tetti 18 gigawatt al 2025, 31 cinque anni dopo e 32 nel 2035. Eolico off shore: un gigawatt nel 2025, 6 nel 2030 e 10 nel 2035. Eolico onshore: 14 gigawatt nel 2025, 26 nel 2030, 41 nel 2035. Nel modello, dagli impianti a biomasse si avranno 4 gigawatt di capacità al 2025, che rimarranno tali fino al 2035, come invariate resteranno la capacità idroelettrica (10 gigawatt) relativa ai serbatoi idrici e quella (a 6 gigawatt) del corso dei fiumi, mentre salirà da 8 nel 2025 a 11 gigawatt nel 2035 la capacità che arriverà dall’energia idroelettrica pompata. In pratica, l’energia elettrica in eccesso a basso costo nelle ore di punta viene generalmente utilizzata per far funzionare le pompe, mentre durante i periodi di forte richiesta elettrica, l’acqua immagazzinata viene rilasciata attraverso le turbine per produrre energia elettrica.