“Ho lavorato come scaffalista per un grande supermercato a 500 euro al mese. Sabati, domeniche e festività non esistevano. La formazione? Forse la prima settimana. Ho lavorato come un normalissimo dipendente ma pagato praticamente un terzo rispetto a un assunto – racconta Giuseppe a ilfattoquotidiano.it – Alla fine dei sei mesi mi hanno salutato e hanno preso altri stagisti. Come me, anche i miei colleghi hanno fatto la stessa fine al termine del tirocinio. La cosa ironica è che ho già alle spalle tre diversi stage per la stessa mansione e nello stesso settore. Trovano sempre il modo di proporti lo stage anche se in realtà di esperienza nel campo ne hai già. Ho quasi 26 anni e mi domando quando potrò essere assunto e avere uno stipendio dignitoso”. Il racconto di Giuseppe è purtroppo molto simile a quello di tantissimi altri giovani che hanno dovuto svolgere uno o più stage nella loro carriera professionale. Lo stage, o tirocinio, a rigor di normativa dovrebbe essere un percorso di formazione pensato per avviare giovani senza esperienza a una professione. Non essendo assimilabile a un rapporto di lavoro, oltre a non prevedere una serie di diritti propri del lavoro subordinato – versamenti contributivi, ferie, malattia, trattamento di fine rapporto ed eventuale sussidio di disoccupazione al termine – non porta con sé nemmeno una vera e propria retribuzione ma solamente un rimborso spese spesso di pochissime centinaia di euro mensili. Viste le condizioni molto favorevoli, troppo spesso gli stage vengono utilizzati dalle aziende per assicurarsi un ricambio continuo di manodopera a basso costo e di formativo hanno ben poco.

In Italia esistono principalmente due tipi di stage: il primo, quello curricolare, si svolge durante il periodo di studi e da normativa non prevede obbligo di rimborso spese. Il secondo, l’extracurricolare, può essere svolto nei dodici mesi successivi al termine del percorso scolastico, sia post-diploma, che post-laurea che post-master, e prevede un rimborso spese che non può essere inferiore a quanto stabilito dalla normativa regionale. Si va da un minimo di 400 euro al mese nella Regione Calabria agli 800 euro del Lazio per uno stage full time. Milano, dove il minimo regionale è di 500 euro per il full time, potrebbe essere definita la capitale degli stagisti, essendo il capoluogo che presenta la maggior incidenza di offerte di tirocinio in ogni campo con un rimborso spese medio pari a poco più di 650 euro al mese. Cifre che non sono minimamente rapportate né all’impegno preteso né tantomeno al costo della vita della città più cara d’Italia.

Via uno, arriva l’altro: questo molto spesso è il destino degli stagisti all’interno di grandi e piccole aziende. La formazione molto spesso è carente, se non addirittura inesistente, e non è raro che le offerte di tirocinio, che dovrebbero essere dirette a studenti o giovani che non hanno esperienza lavorativa pregressa, vengano invece proposte a chi esperienza nel campo ce l’ha già. “Cerchiamo persona creativa, brillante ed esperta di web e social marketing, che pianifichi e realizzi un progetto in grado di garantire lo sviluppo commerciale dell’azienda – si legge nell’annuncio di lavoro di un’agenzia di marketing milanese – Richiediamo ottima capacità di organizzare il proprio lavoro ed il proprio tempo per raggiungere obiettivi e risultati concordati e un’ottima conoscenza della lingua inglese. Importante che sia abile nell’utilizzo dei social network. Costituisce un plus la conoscenza di WordPress, la gestione di Blog e la gestione di newsletter. Si offre inquadramento di stage full time a 500 euro al mese”. Insomma, delle due l’una: se una risorsa è esperta nel proprio ambito ed in grado di organizzare il proprio lavoro per obiettivi, difficilmente si tratterà di una figura senza esperienza lavorativa tale da dover essere impiegata con un contratto di tirocinio senza diritti e retribuito con soli 500 euro al mese.

A ricorrere massicciamente al contratto di stage sono molto spesso le grandi catene del commercio e della grande distribuzione organizzata. Basta aprire le pagine “lavora con noi” di una qualsiasi azienda del settore per trovarsi davanti a una sfilza di offerte di tirocinio come magazzinieri o addetti alle vendite. Ad esempio, una famosa catena di abbigliamento ricerca per il proprio store di Cagliari un tirocinio da 30 ore a settimana come addetta alle vendite per 350 euro al mese. Nulla di irregolare: la normativa della Regione Sardegna permette di retribuire con questa cifra uno stage part-time, ovvero con un monte orario inferiore alle 40 ore settimanali. Ma colpisce vedere un colosso multinazionale dal fatturato globale multimiliardario offrire uno stage retribuito al minimo regionale.

Francesca ha lavorato in stage in un’agenzia di comunicazione milanese, opportunità trovata dopo un master in social media marketing. Prima 500 euro al mese per sei mesi, poi rinnovo dello stage per altri sei mesi sempre a 500 euro al mese, infine co.co.co full time a 600 euro al mese. Dopo due anni, si è vista proporre un contratto di apprendistato da tre anni: “Alla soglia dei trent’anni ancora non vedo la luce in fondo al tunnel. Sono ormai oltre due anni che lavoro e guadagno una cifra davvero ridicola: 1000 euro al mese. Ogni giorno sono costretta a fare almeno un’ora e mezzo di straordinario altrimenti ti fanno notare che non ti stai impegnando abbastanza. Se non ci fossero i miei a darmi una mano, non riuscirei nemmeno a mangiare. Ho una laurea triennale, una magistrale e un master. Ho fatto altri stage sia durante il percorso di studi che al termine di ogni step. Quando finisce questa gavetta?”.

Nel 2014 venne introdotto in Italia il programma europeo Garanzia Giovani, uno strumento che negli intenti avrebbe dovuto agevolare l’inserimento dei giovani neet tra i 15 e i 29 anni nel mondo del lavoro. I tirocini Garanzia Giovani hanno una particolarità: sono finanziati dalle Regioni, che compartecipano alla spesa del rimborso spese che riceverà il tirocinante. In sostanza, un datore che “assume” uno stagista attraverso Garanzia Giovani può disporre di un lavoratore full time con una spesa di 200/250 euro al mese. Lavoratore non è una parola utilizzata a caso, perché anche con Garanzia Giovani molto spesso i percorsi formativi sono di fatto inesistenti. O meglio, esistono solamente sulla carta. Non solo: in varie regioni del Sud Italia, come Sicilia, Puglia, Calabria e Campania, si contano numerosi ritardi nell’erogazione dei rimborsi spese dei tirocinanti Garanzia Giovani e i ragazzi attendono per mesi quelle poche centinaia di euro a cui hanno diritto, spesso arrivando a vedere quei soldi dopo che il percorso semestrale di stage è bello che completato.

Stando ai dati dell’ultima relazione Anpal, che traccia un bilancio dei primi otto anni di attuazione del programma europeo, dal 2014 al 31 dicembre 2022 i giovani che si sono registrati alla Garanzia Giovani sono oltre 1 milione e 717 mila. Quasi 1 milione e mezzo i giovani che dopo essersi registrati al Programma sono stati presi in carico dai servizi competenti. Nel periodo 2014-2022 sono circa 879mila i giovani che hanno partecipato ad una misura di politica attiva prevista dal Programma, tirocini per il 56,8% del totale delle azioni avviate. A un anno dalla presa in carico, il 44,9% dei giovani risulta avere un contratto di lavoro alle dipendenze in essere. Meno di uno su due. Al 31 dicembre 2022, sono 804.868 i giovani che hanno concluso una o più politiche attive all’interno del Programma. Di questi, 534.474 risultano avere un’occupazione alle dipendenze in essere con un tasso di inserimento occupazionale pari al 66,4%. Il tasso di inserimento immediato, entro un mese dalla conclusione, è pari al 48,2%. A 6 mesi dalla conclusione è pari al 56%. Insomma, numeri impietosi stando ai quali questa misura, finanziata con 2,8 miliardi di euro di fondi europei – di cui solamente 1,8 miliardi sono stati effettivamente spesi al 31 dicembre 2022 – anziché agevolare i giovani a entrare nel mondo del lavoro sta offrendo ai datori un infinito serbatoio di manodopera a bassissimo costo.

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