Cultura

Maggio Fiorentino sull’orlo del baratro. E ora si aggiunge lo scontro frontale Comune-governo. Mazzi: “Nardella porti idee concrete”

Maggio è finito. Il calendario potrebbe non entrarci niente, poiché il riferimento è al mondo della lirica. La Fondazione Maggio Musicale Fiorentino, nata 25 anni fa e i cui bilanci praticamente non sono mai stati in attivo, sta vivendo una fase cruciale della propria storia. Il cambio di governo nazionale, otto mesi fa, pare aver reso instabili tutti i fragili sostegni su cui si teneva in piedi la fondazione lirica fiorentina che in passato aveva già collezionato due commissariamenti, evidentemente inconcludenti nel lungo periodo, prima di averne bisogno di un terzo, a metà dello scorso mese di marzo quando, al posto del sovrintendente Alexander Pereira, è arrivato – con nomina del ministro Gennaro SangiulianoOnofrio Cutaia, già direttore generale del ministero della Cultura.

In particolare Pereira era stato accusato di aver “attinto” al fondo speciale di 35 milioni di euro, messo a disposizione dal ministro Dario Franceschini prima delle elezioni del settembre 2022 per ripianare parte del debito di oltre 50 milioni di euro; anche in quel caso si trattava di soldi pubblici. Da allora la situazione è perfino peggiorata, poiché al debito di oltre 50 milioni di euro che risulta dalla gestione poco oculata della Fondazione durante gli ultimi decenni, è certo occorreranno altri 12 milioni di euro (otto entro la fine di quest’anno e altri quattro entro il dicembre 2024), altrimenti la Fondazione lirica fiorentina chiuderà i battenti, creando dei problemi seri agli oltre 300 lavoratori che in un sol colpo perderebbero stipendi e posto di lavoro.

Tuttavia è anche curioso che tanti pongano attenzione su quei 12 milioni di euro che mancano all’appello, senza preoccuparsi del debito pregresso, che è quasi cinque volte più grande e “figlio” della maldestra gestione del Maggio da parte non solo di Pereira, ma anche di vari sovrintendenti precedenti e di coloro che dovevano controllare i bilanci: dai sindaci revisori ai responsabili della direzione generale dello Spettacolo del ministero in primis.

È bene ricordare che il Maggio, come le altre fondazioni liriche, è sostenuto in larga parte dai soldi pubblici: Regione, Comune e Città Metropolitana versano costantemente somme ingenti, senza per altro riuscire a intaccare il debito monstre. Un esempio? Nel 2021 le tre istituzioni pubbliche versarono 8,8 milioni di euro nelle casse dell’ente lirico, che sommati ai quasi 17 milioni di euro del Fondo Unico dello Spettacolo dello Stato, fecero salire a circa 26 milioni di euro la somma di soldi pubblici per il Maggio. Un’enormità.

E adesso il commissario Cutaia che cosa chiede per cercare di salvare il Maggio? Altri soldi pubblici. Si trattasse di un’azienda privata è certo che la magistratura sarebbe intervenuta in maniera decisa, invece per il Maggio l’agonia continua e il “malato” versa ormai in condizioni disperate e sarà complicato mettere d’accordo i tre soci fondatori, ovvero lo Stato, la Regione Toscana e il Comune di Firenze. Gli ultimi due premono affinché si trovino le risorse soprattutto per i 300 lavoratori che rischiano grosso, mentre il governo di centrodestra è in fase di attesa.

Qualche giorno fa il presidente della Toscana Eugenio Giani aveva invitato Cutaia a fare “una bella, approfondita relazione scritta in cui si evidenzino i conti che non tornano, le responsabilità di questi conti, gli atti che hanno portato a scelte sbagliate”. “A quel punto – aveva aggiunto il governatore – posso affrontare un dibattito in consiglio regionale per dire ‘già diamo 2,9 milioni, ne dobbiamo dare di più”. Il commissario, a margine dell’audizione in commissione Cultura del consiglio regionale, ha detto: “Oggi abbiamo necessità di trovare risorse e di farlo subito. Se non trovate, resterà la strada della cassa integrazione in deroga. E nel peggiore dei casi, ma non voglio nemmeno pronunciare la parola, la liquidazione coatta amministrativa. Nei termini previsti approveremo presto il bilancio consuntivo per il 2022 che prevede 6 milioni di euro di perdite”.

Da parte sua il sindaco Dario Nardella ha detto di essere “in costante contatto con il commissario e siamo disposti a trovare le risorse economiche per il salvataggio del Teatro del Maggio che è la priorità delle priorità. Dobbiamo pensare ai 300 lavoratori di questo teatro. Il Comune insieme alla Città metropolitana ha sempre versato una quota tra le più alte d’Italia a dimostrazione di quanta attenzione impegno e amore abbiamo per questo teatro. Non ci tireremo indietro. Ci auguriamo di incontrare al più presto il ministro Sangiuliano, dal quale aspettiamo fiduciosi una convocazione“.

La replica del ministero è giunta a stretto giro: “Ancora una volta dal sindaco di Firenze Nardella solo parole a uso e consumo dei media e al momento nessun segnale credibile – ha detto Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura con delega alla musica e allo spettacolo dal vivo -. Nardella prova a tirare per la giacca il ministro Sangiuliano, chiedendo un incontro per il Maggio Fiorentino. Ma sta solo ciurlando nel manico. Ci anticipi una proposta, spiegandoci a quali risorse fa riferimento e non ci sarà alcun problema ad incontrarsi. Dopo il disastro che si è consumato a Firenze a danno dei lavoratori, con la gestione dell’ex sovrintendente Pereira che proprio Nardella ha voluto e difeso, non ci fidiamo più e vogliamo lavorare solo su idee concrete“.

Queste le parole. Ma i fatti? Anche quelli lasciano adito a poche speranze. Vediamone alcuni. Da una parte, per esempio, c’è l’esempio virtuoso del Teatro Massimo di Palermo che ha chiuso il bilancio d’esercizio 2022 della Fondazione con un utile netto di 97.617 euro: ciò significa che non tutte le casse delle Fondazioni liriche rappresentano delle voragini economiche di cui non si vede il fondo. Dall’altra c’è il caso dell’Arena di Verona: a fine maggio proprio il sottosegretario Mazzi ha annunciato che il ministero ha erogato per il 2023 un contributo a favore della Fondazione Arena – dove Mazzi ha ricoperto anche il ruolo di amministratore delegato – pari a un milione di euro. Ciò significa che il ministero, se lo ritiene necessario, interviene eccome a sostegno degli enti lirici e senza tante chiacchiere, ma evidentemente lo fa seguendo criteri che esulano dai provvedimenti per impellente necessità.

Infine c’è una questione che potrebbe essere foriera di una figura ancor più brutta a livello internazionale: su Slipperdisc.com, sito web dedicato alla musica classica, si legge che 13 cantantilicenziati a causa della cancellazione dal cartellone del Maggio de I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner per far spazio al Falstaff di Giuseppe Verdi – hanno deciso di rivolgersi al tribunale del lavoro per essere risarciti magari grazie a una produzione sostitutiva. Alcuni di loro affermano che la direzione del Maggio poteva decidere di trasformare l’opera wagneriana in un concerto invece ha preferito lasciare 13 dei cantanti sotto contratto “non pagati, disoccupati, senza compenso”. E l’articolo si conclude con un orribile presagio: questo fatto “crea un precedente allarmante: ovvero che i contratti nell’opera siano solo parole. Noi non possiamo permettere che ciò prenda piede. Il nostro sistema si basa sulla fiducia: quando finisce, il sistema crolla. E lo stesso Maggio potrebbe crollare prima che il caso arrivi in tribunale”.