Televisione

Questo mondo forse non ci renderà cattivi, ma sicuramente più soli

In Questo mondo non mi renderà cattivo, Zerocalcare ci riporta nella sua Rebibbia animata, riprendendo il filo del discorso lasciato in parte in sospeso con la conclusione di Strappare lungo i bordi. Le esistenze congelate di Zero, Sara e Secco continuano a camminare l’una al fianco dell’altra tra le macerie della loro gioventù, miste a quelle del tessuto urbano e sociale che li ha visti crescere.

Un giorno la loro calma solo apparente viene scossa da un doppio evento: da un lato dallo scoppio di forti tensioni sociali alla notizia dell’allestimento di un centro d’accoglienza per rifugiati nelle vicinanze di una scuola del quartiere, dall’altro dal ritorno di Cesare, una vecchia conoscenza uscita dalla comunità dopo vent’anni.

Se nella sua prima serie Netflix l’artista Michele Rech aveva saputo dipingere i tormenti e le ferite collettive della sua generazione a vent’anni dal G8 di Genova, in questa prova si sofferma su quanto la dimensione del conflitto politico (sia interna che esterna ai personaggi) si estenda come un’ombra sinistra anche sui rapporti più intimi e profondi. La guerra del tutti contro tutti – ma soprattutto contro i più deboli – a cui la società odierna ci ha abituato è davvero in grado di sovrascrivere i percorsi condivisi delle persone? E quali scelte restano a chi fa letteralmente ritorno dall’Inferno solo per trovarne un altro, più familiare nella scenografia ma altrettanto funestato da solitudini disperate?

Pur con il consueto stile fosforico, il mondo colorato di Zerocalcare pianta una serie di gag esilaranti e consapevoli su un sostrato di interrogativi dolorosi. A differenza di altri confronti generazionali girati in carne e ossa, come il Grande Freddo di Lawrence Kasdan, la linea d’ombra di Zero e i suoi amici traccia sì una separazione ideale tra innocenza ed egoismo, ma il suo attraversamento non corrisponde al conseguimento di un benessere vero e sostanziale, borghese tout court, bensì al raggiungimento di una sorta di scialuppa individuale, solo relativamente stabile, alla deriva ideologica in una corrente affollata di persone, prossime a venire sommerse.

Pregevoli le migliorie apportate all’animazione e alla concezione diegetica del doppiaggio (con nuove voci che si aggiungono a quella onnisciente del protagonista, e all’insostituibile Armadillo interpretato da Valerio Mastandrea), così come la scelta di una colonna sonora intensa e variegata, che va dai Clash a Neja, da Giancane a Lou Reed. Persiste l’abitudine dell’autore di fare ampio ricorso a un citazionismo – sia visivo che narrativo – multiforme e sempre spassoso, tra riferimenti al mondo degli anime e in generale agli angoli più remoti della tradizione pop, nella cui direzione gran parte del pubblico può spontaneamente pescare la propria adesione culturale dal baule dei rimossi.

In particolare chi vi scrive ha colto la sua personale madeleine nella scena in cui Zerocalcare, da ragazzino, vende i suoi fumetti per rimediare gli spicci per la sala giochi: tra gli altri albi viene messo in risalto il numero 41 degli Incredibili X-Men (edizione italiana di Star Comics, datata dicembre 1993). In quell’episodio dalle tinte oniriche, gli X-Men sono divisi e allo sbando. Tutto il mondo li crede morti in un terribile conflitto, loro invece vivono da tempo come fantasmi, nascosti nel desolato entroterra australiano. Nonostante siano sopravvissuti a quello che sembrava il peggiore dei destini, la loro esistenza da allora non ha fatto che attraversare ulteriori turbolenze, defezioni, crisi individuali e collettive.

In particolare, mentre Wolverine viene crocifisso vivo dai sadici Reavers, gli altri membri del gruppo si apprestano ad attraversare un portale sovrannaturale noto come Seggio Periglioso, che li trasformerà per sempre nel corpo e nello spirito, con l’unica consolazione di un nuovo inizio, privo di memorie tormentate.

Quell’avventura, intitolata Delirio, è una storia di elaborazione del trauma e del lutto, parla di fallimento delle amicizie, di perdita e solitudine, di tramonto delle illusioni collettive, dell’impossibilità di fare davvero tabula rasa senza perdere un pezzo importante di sé stess.

Anche Questo mondo non mi renderà cattivo tratta gli stessi argomenti, peraltro rivolgendosi alla stessa generazione che, come l’autore, si apprestava a uscire dall’infanzia quando la storia fu pubblicata in Italia. Non è dato sapere se quella di Zerocalcare sia stata una citazione volontaria, fatto sta che, se di coincidenza trattasi, ha un valore simbolico potente.