Di fronte alla morte pietà, rispetto per i familiari, vale per tutte e tutti, vale anche per Silvio Berlusconi.
Dal momento che lo abbiamo contrastato in vita, sarebbe ipocrita cambiare giudizio post mortem, peraltro non sarebbe neppure rispettoso verso un combattente che non si è mai pentito di nulla, anzi.
Sino alla fine ha tenuto segrete le origini delle sue fortune.
Sino alla fine ha difeso Dell’Utri e lo stalliere Mangano.
Sino alla fine ha decantato le lodi di quel Putin, imbavagliatore di dissidenti e di cronisti sgraditi. Resta memorabile la foto dove i due impugnavano un simbolico mitra contro i giornalisti presenti alla conferenza stampa…
Per non parlare dell’editto bulgaro quando chiese ed ottenne la cacciata dei Biagi, dei Santoro, dei Luttazzi, colpevoli di aver fatto un uso criminoso della tv, anche in questo un precursore del tempo presente. Qualche tempo dopo finse di non essere stato il mandante, tentò di negare persino le sue parole registrate, trovando schiere di mazzieri, politici e mediatici, pronti, ieri come oggi, a inginocchiarsi, a ridere e persino a dileggiare gli espulsi. Quante canagliate su commissione contro Biagi, Santoro, e non solo, quanti calci del somaro sferrati da maggiordomi e servi prezzolati.
Grazie al conflitto di interessi, negato e deriso, nacque il polo Raiset, una mostruosità nel mondo, polo unico a telecomando unificato, premessa per una repubblica presidenziale, quel progetto gelliano, tanto caro anche alla destra di oggi. Un conflitto di interessi, oggi ereditato dal governo Meloni, che si propone di cambiare la “narrazione” della storia repubblicana, dall’antifascismo ai rapporti tra mafia e politica, sino al regolamento di conti con i poteri di controllo: informazione, giustizia, Parlamento, Corte costituzionale, Corte dei Conti.
A proposito dei rapporti con l’informazione restano memorabili i suoi attacchi contro i cronisti che “sporcavano l’immagine dell’Italia” parlando e scrivendo di mafia, camorra, illegalità, criminalità, del resto, come diceva Benigni, è noto che l’unico problema di Palermo sia il traffico.
Naturalmente tutto questo è stato reso possibile anche da chi, all’opposizione, ne ha subito il fascino, ha pensato di poterlo ingabbiare (vedi Bicamerale), ha giocato all’apprendista stregone, aprendo la strada al triste tempo presente. Noi che lo abbiamo contrastato in vita, lo rispettiamo in morte, ma senza rimpianto alcuno per un ventennio triste e torbido, eticamente e politicamente.