Si deve rispetto a qualunque persona che muore, anche a quelle che nella vita hanno compiuto le peggiori nefandezze. Il rispetto dal punto di vista umano non deve però offuscare il giudizio sul politico, sull’imprenditore, sull’uomo. I peana e i giudizi di buona parte di politici e commentatori televisivi, che in tutta la giornata di ieri sono stati rivolti a tessere le lodi di Berlusconi, hanno veramente superato il limite della decenza.
E’ vero che quando una persona muore si tende solo a metterne in risalto gli aspetti positivi, i pregi, le qualità, ma in questo caso ci vuole una bella dose di sfrontatezza per dimenticare quello che durante la sua vita lui ha fatto e ha rappresentato.
Possibile che ben pochi abbiano ricordato che ha avuto oltre 30 processi, che è stato condannato per frode fiscale, che ha messo alla berlina la magistratura, che con le sue gaffe e le sue battute in contesti istituzionali ha fatto perdere all’Italia dignità e credibilità, che nessuno abbia citato il perenne conflitto di interessi che ha permeato tutta la sua carriera politica, o i rapporti con la mafia e la P2 e il lento sdoganamento dell’estrema destra politica e culturale che è oggi al governo? E molti molti altri “significativi” episodi che hanno costellato la sua vita di imprenditore prima e politico poi.
Ma la sua più grande colpa, per me, è stata quella di aver distrutto il sano tessuto culturale della nostra società e di avere favorito, attraverso le sue televisioni e i suoi programmi trash una cultura sessista, maschilista e patriarcale. E di averlo continuato a fare anche quando ha ricoperto cariche istituzionali: con battute, barzellette e commenti o atteggiamenti verso le donne che non solo ci hanno reso ridicoli agli occhi del mondo, ma hanno legittimato nella collettività comportamenti lesivi della dignità delle donne (ricordate come apostrofò Angela Merkel e Rosy Bindi? O gli ammiccamenti a Michelle Obama).
Lo avevamo già chiaro da tanto tempo, ma nel febbraio del 2011, dopo l’ennesima vicenda che lo vede coinvolto in quelle che furono chiamate le serate del “bunga-bunga” ad Arcore a cui partecipavano le ragazze poi conosciute come “Olgettine” (dal nome della via fra Milano e Segrate dove, al numero 65, abitavano negli appartamenti messi a disposizione dall’allora premier), l’indignazione arriva ad un punto tale che non può più essere contenuta.
Nasce quindi l’appello “SeNonOraQuando?” per la manifestazione del 13 febbraio 2011 che fa espressamente riferimento al Presidente del Consiglio allora in carica: “Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale”.
Quella manifestazione così partecipata, così capillare in ogni parte del Paese e che vide uniti donne e uomini che avevano capito che quella indecente rappresentazione delle donne e quel maschilismo ostentato da una delle maggiori cariche dello Stato, non erano più tollerabili, contribuì a far cadere il governo Berlusconi.
Purtroppo il danno prodotto da un trentennio di era berlusconiana ha lasciato il segno: le generazioni cresciute allora con il mito di straordinari traguardi, di facili guadagni o del raggiungimento di importanti ruoli pubblici offrendo il proprio corpo al potente di turno sono le stesse che oggi non riescono a gestire in modo sano le relazioni, l’affettività: donne e uomini che sottostanno e alimentano una società patriarcale perché è quello il modello culturale che hanno introiettato nell’infanzia e nell’adolescenza.
In questi giorni in cui quasi quotidianamente viene uccisa una donna per mano di un uomo, in cui molte di noi hanno nuovamente sottolineato il legame fra questi femminicidi e il patriarcato ancora imperante nella nostra società, chiediamoci e riflettiamo quante implicazioni e nessi ci sono fra gli stereotipi sessisti veicolati da una certa televisione (lo descrisse molto bene Lorella Zanardo nel Il corpo delle donne) e da certi comportamenti ripetutamente diffusi dai media che l’imprenditore e il politico Berlusconi dispensò a piene mani.
Ecco perché io penso che fra le innumerevoli responsabilità attribuibili a Silvio Berlusconi questa sia quella che indirettamente ha prodotto i maggiori danni e che non potrà essere cancellata neanche con la sua morte, tantomeno oggi e con questo governo, frutto della stagione politica berlusconiana. E faccio mia la riflessione di Tomaso Montanari: “Nessun odio, ma nessuna santificazione ipocrita. Ricordare chi è stato, è oggi un dovere civile”.