“Era troppo presto per andarsene, ma lui a dirla tutta ci ha lasciato tanto tempo fa”. È un ricordo lucido e al tempo stesso molto emotivo e malinconico quello che Giuliana De Sio fa di Francesco Nuti. Lei e il regista hanno condiviso quelli che la stessa attrice definisce “anni di fuoco”, quelli tra gli anni ’80 e ’90, che li videro protagonisti di film campioni d’incasso come Io Chiara e lo Scuro e poi Casablanca Casablanca, e di una storia d’amore intesa e passionale. “Affiorano tutti insieme ricordi che sembrano di ieri, i casini, le risate, le cene, le cantate con la chitarra, il Festival di Sanremo che lo emozionò come fosse un Nobel vinto, mi ricordo di quando morì suo padre, i suoi singhiozzi e la prima regia, il primo ciak spaesato a Tangeri, sembra ieri”, ricorda oggi la De Sio. Secondo la quale la parabola dell’attore e regista morto ieri a 68 anni dopo una lunga malattia è “misteriosa e incomprensibile”.
“Ha avuto tutto e deciso di perdere tutto”, spiega, sostenendo che la sua è stata una sorta di autodistruzione e che il successo per lui è stato il “detonatore” di un malessere interiore. “È caduto dentro molto prima che cadesse tecnicamente. Ci ho pensato tante volte, non c’è un vero perché, si l’ho visto soffrire moltissimo per la morte del padre ma a quanti è capitato. È come se ad un certo punto avesse deciso uno switch, ad un certo punto mi ricordo una conferenza stampa in cui annunciò che voleva suicidarsi”, racconta. Poi la De Sio ricorda uno dei loro ultimi incontri, a Prato, quando lui già stava male e la situazione era triste. “Nonostante il no del badante riuscii a farlo uscire e portarlo al cinema dove lo stavano celebrando, andammo con la carrozzella, fu un momento bellissimo perché l’ho visto felice”, dice. Poi spiega che Nuti era stato solo lasciato da tutti: “Era difficile avere un contatto, le ultime volte in cui c’ero io capiva e riconosceva, quindi era ancora più doloroso vederlo in quelle condizioni. Giovanni Veronesi è uno di quelli che più gli sono stati vicini”. Cosa resta oggi? I ricordi e la malinconia per quel “presepe con tante luci che si stanno spegnendo una dopo l’altra”.