Non so se i vari moralisti benpensanti, scandalizzati per il fatto che alcuni non si sono uniti al coro di pianti per la morte di Berlusconi e anche in questo momento luttuoso ne hanno ricordate le colpe, se ne siano accorti. Ma l’unica istituzione che ha davvero festeggiato alla notizia della scomparsa del Cavaliere è stata la borsa. Lo ha fatto subito con un bel più 7 per cento del titolo Mediaset, diventato più avanti un consistente più 3.

La lettura del fenomeno non è stata certo difficile: l’uscita di scena di Silvio Berlusconi potrebbe portare a una vendita dell’azienda televisiva a soggetti esterni alla famiglia, cosa che finora non è mai avvenuto per il valore simbolico che l’azienda aveva nell’identificazione con il suo fondatore. In realtà però da parecchi anni la proposta televisiva di Mediaset era piuttosto lontana dai gusti e dalle idee del suo fondatore.

C’è un termine che in queste ore è stato usato a profusione per definire Silvio Berlusconi da chi lo conosceva, lo apprezzava o lo adulava: visionario. Ecco, nel carattere, nello stile di Mediaset da un paio di decenni tutto si può trovare ma non cero la visionarietà. Al contrario, la tv di Berlusconi, dei Berlusconi è stata la più prevedibile, consuetudinaria, rinunciataria che si possa immaginare, per nulla visionaria, per nulla silvioberlusconiana. Niente grandi show con le vedettes del palcoscenico tanto amate dal fondatore; l’intrattenimento identificato con il reality e il talent dove al posto delle star ci sono perfetti sconosciuti o al massimo giovani talenti.

Niente grandi fiction con attori e attrici di fama e fascino e neppure storie capaci di cogliere lo spirito del tempo. Nei talk tanta politica che al Cavaliere piaceva fare più che guardarla in tv. Lo sport un po’ ai margini, senza l’esclusiva dei grandi eventi, riconquistata solo nel caso dei mondiali di calcio del 2018 e poi ridotta alla Coppa Italia, non proprio il clou della stagione. Insomma, un po’ un tran tran con quei sabati sera sempre vincenti ma sempre uguali, sempre seguiti dallo stesso pubblico affezionato, che non possono certo rientrare in una dimensione visionaria della tv.

E ora che ne sarà di tutto ciò? Ora che per essere visionari non basta competere con la Rai, che da tempo ha accettato il modello generalista proposto da Mediaset e con cui la competizione non ha più nulla di stimolante. Ora per essere visionari occorre confrontarsi anche con le piattaforme, con i nuovi modelli di consumo televisivo che si accaparrano tutta l’audience giovanile.

Insomma, parodiando il titolo di un famoso quiz Mediaset, dentro o fuori della famiglia il problema è chi vuol esser visionario.

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