“Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nell’omelia del funerale di Stato di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano. “In questo momento di congedo e di preghiera, – si è domandato il presule – che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio”.
Nessuna canonizzazione, ma un’omelia molto breve, gelida e assolutamente distaccata, senza alcun riferimento biografico. Un testo scritto evidentemente con il chiaro intento di non poter essere strumentalizzato e di restare abbastanza distante dalle polemiche sulla figura dell’ex premier. Una scelta, quella dell’arcivescovo di Milano, in perfetta linea con quanto espresso nei messaggi di cordoglio del Vaticano e della Conferenza episcopale italiana. Del resto, né la Santa Sede, né la Cei hanno ritenuto di dover mandare un loro rappresentante alla messa esequiale. L’unico ecclesiastico proveniente da Roma presente, tra l’altro seduto nei banchi e non tra i concelebranti, era il nunzio apostolico in Italia, l’arcivescovo svizzero Paul Emil Tscherrig. Ma la sua presenza era motivata esclusivamente dal fatto che si trattava di funerali di Stato.
“Quando un uomo è un uomo d’affari, – ha proseguito Delpini – allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri e non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi – ha aggiunto il presule – è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà”.
La breve omelia dell’arcivescovo di Milano si è svolta attorno a tre desideri dell’uomo, la vita, l’amore e la felicità, che trovano “in Dio il suo giudizio e il suo compimento”. Innanzitutto, come ha ricordato Delpini, “vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora”.
Il presule si è, poi, soffermato sul secondo desiderio: “Amare e desiderare di essere amato. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande. Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi”. Infine, il desiderio della felicità: “Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento – ha concluso Delpini – e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia”.