Altro che emissioni zero. Shell, la più grande compagnia petrolifera privata al mondo, non ha nessuna intenzione di separarsi da quella gallina dalle uova d’ora che sono oggi le fonti fossili, gas in testa. Anzi, il gruppo inglese rilancia gli investimenti in quella che si è confermata essere la parte più redditizia del suo business. “Investiremo nei modelli che funzionano, quelli con i rendimenti più alti”, ha affermato il nuovo amministratore delegato Wael Sawan. Shell, che ha chiuso il 2022 con profitti record a 40 miliardi di dollari, aumenterà il suo dividendo per gli azionisti del 15%, meno delle speranze dei soci che si attendevano un incremento di almeno il 20%. Shell si è impegnata a riacquistare almeno 5 miliardi di dollari di azioni nella seconda metà dell’anno (un modo per far salire il valore dei titoli e le stock options dei manager, ndr).

Contestualmente al rilancio sui fossile, la compagnia intende ridimensionare le iniziative che non producono rendimenti abbastanza elevati. La società ha ribadito il suo impegno a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050, ma non ha presentato un piano chiaro per raggiungere tale obiettivo. Shell svilupparà la sua attività integrata di gas e di stabilizzare la produzione di petrolio fino al 2030, dopo averla tagliata di circa il 20% rispetto al picco del 2019. Il gruppo si accoda alla concorrente British Petroleum che ha fortemente ridimensionato i suoi piani per tagliare la produzione di petrolio. Gli investitori hanno premiato la svolta “nera” di Bp e il valore delle azioni è salito del 15%.

A loro volta i colossi europei rincorrono la linea impostata dai rivali statunitensi Exxon Mobil e Chevron in particolare che non hanno mai neppure ipotizzato un ridimensionamento dei fossili a favore dello sviluppo di fonti rinnovabili. Ciò ha contribuito a contribuire a un divario di valutazione poiché gli investitori hanno premiato la linea più redditizia degli americani. L’impostazione segnala anche la convinzione che non si prospetti nei prossimi anni un calo significativo dei consumi di gas e petrolio (oggi circa 100 milioni di barili al giorno). Ciò contrasta con la lettura del mercato data solo un paio di anni fa dalla stessa Shell, nel 2021 la compagnia disse che la sua produzione di petrolio sarebbe diminuita e indicò rinnovabili e idrogeno come driver dei suoi ricavi. Nel suo rapporto di accompagnamento all’ultimo bilancio il gruppo Exxon ha scritto “È altamente improbabile che la società accetti il peggioramento degli standard di vita che richiederebbe il raggiungimento delle emissioni nette zero nel 2050″. Shell, nel suo documento odierno sfuma solo un po’ il concetto: “Mentre la società si sposta verso emissioni nette zero, prevediamo che i piani operativi di Shell riflettano questo movimento. Tuttavia, se la società non raggiungesse questo traguardo nel 2050 ci sarebbe un rischio significativo che Shell possa a sua volta non raggiungere questo obiettivo”

Insorgono le associazioni ambientaliste. Secondo Global Witness, la modifica delle linee strategiche presentata stamani da Shell prefigura in realtà “un’inversione di 180 gradi” in negativo. Questa svolta, denuncia l’organizzazione, significa un grave passo indietro “sul dossier della crisi energetica, in luogo di un’accelerazione degli investimenti verdi”. La conferma della volontà di “mettere ancora una volta il profitto davanti a tutto da parte degli inquinatori, a danno della gente e della salute del pianeta”, rincara l’associazione Amici della Terra, puntando il dito sulla società anglo-olandese “come su altri giganti dello sfruttamento dei carburanti fossili” incapaci “di cambiare il loro modello d’impresa: modello incompatibile con gli sforzi in atto per salvare il mondo dai peggiori scenari di catastrofe climatica”.

Oggi l’Agenzia internazionale dell’energia ha pubblicato un rapporto sui consumi di greggio in cui non si prevede nessun calo ma solo un rallentamento della crescita “fino a quasi fermarsi” nei prossimi anni. La domanda globale di petrolio aumenterà del 6% tra il 2022 e il 2028 per raggiungere 105,7 milioni barili al giorno, sostenuta dalla robusta domanda dei settori petrolchimico e aeronautico. Ma nonostante questo aumento cumulativo, si prevede che la crescita della domanda annua diminuirà da 2,4 milioni di barili al giorno a 0,4 milioni di barili nel 2028. In particolare, l’uso del petrolio per i carburanti da trasporto è destinato a diminuire dopo il 2026 con l’espansione dei veicoli elettrici, la crescita dei biocarburanti e il miglioramento dei risparmi.

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