Avvisare gli indagati della volontà di arrestarli comporta un “forte rischio” che decidano di fuggire. A lanciare l’allarme è il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, commentando a Radio Anch’io, su Radio 1, la bozza del disegno di legge di riforma della giustizia penale presentata dal Guardasigilli Carlo Nordio, calendarizzata all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di giovedì. Tra le nuove norme c’è quella che obbliga il gip, prima di decidere sulla richiesta di misura cautelare del pm, a procedere all’interrogatorio dell’indagato, notificandogli l’invito “almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione”. Inoltre si prevede che sulle richieste di custodia in carcere decida un collegio di tre giudici, e non più uno solo. In questo modo, sottolinea Santalucia, “è forte il rischio che si assume l’ordinamento. Se domani dovessero chiamarmi e dirmi che mi devono interrogare perchè il pm ha chiesto la cattura, e resto a piede libero sino a quando i tre giudici non decidono, il pericolo che mi dia alla fuga è più reale“. E infatti, negli ordinamenti dove esistono meccanismi analoghi, “si prevede anche l’arresto provvisorio” in attesa della decisione, nota il magistrato. Non prevederlo, invece, “significa aprire le porte alla probabilità che un soggetto che sa che pende sul suo capo una richiesta di cattura possa fuggire”.
Il presidente dell’Anm si scaglia anche contro la norma che vieta al pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento (assoluzione e non luogo a procedere) per i reati per cui è prevista la citazione diretta a giudizio (saltando l’udienza preliminare): si parla, a titolo di esempio, anche di fattispecie come falsa testimonianza, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, ricettazione o truffa. “Credo si vada incontro a una nuova pronuncia di incostituzionalità“, profetizza. La stessa norma, infatti (estesa però a tutti i reati), “era stata introdotta dalla cosiddetta legge Pecorella già nel 2006 e appena un anno dopo bocciata dalla Corte Costituzionale, che disse che non si può alterare la parità delle condizioni tra pm e imputato. Qui si comprime il potere del pm, che non potrà più impugnare in appello una sentenza di assoluzione, e non si interviene sull’altro versante. Così è uno sbilanciamento in danno dell’accusa pubblica”, spiega.
Giudici e pm sono critici, inoltre, sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio: “Il ministro Nordio sembra dimenticare che la riforma del 2020 punisce la violazione dolosa della legge, non di altre norme, quando la legge non consente alcuna valutazione discrezionale: cioè dice al pubblico ufficiale “devi fare questo”, o “devi omettere di fare quest’altro”. Come si può pensare che un comportamento di questo tipo, in palese violazione di legge, fatta per avvantaggiare se stesso o i propri amici o danneggiare altri, possa sfuggire alla norma penale, io sinceramente non capisco“, incalza Santalucia. Anche altri magistrati avvertono sui rischi del colpo di spugna. Nello Rossi, già esponente di punta di Magistratura democratica (la corrente di sinistra delle toghe) e direttore della rivista Questione giustizia, alla Stampa parla di soluzione “sconcertante”. E profetizza: “Un amministratore pubblico spregiudicato potrà fare ciò che vuole, immune da conseguenze penali, in una logica da Far West. Appalti dati direttamente a parenti stretti, amici o clienti politici. Anche con spudorati favoritismi“. Sull’interrogatorio dell’indagato prima dell’arresto, invece, ricorda: “Per mafia, terrorismo, reati di sangue, armi e violenza, nonché nei casi di pericolo di fuga e inquinamento probatorio, resta in piedi la vecchia misura cautelare a sorpresa. Le nuove regole varranno principalmente per i colletti bianchi. Guanti bianchi solo per loro”. Per Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto a Catania ed ex membro del Csm, l’abuso d’ufficio “rappresenta un deterrente per mantenere l’esercizio dei pubblici poteri sul binario della correttezza”. E l’abolizione “creerà un vuoto nell’ordinamento penale di cui presto sarà possibile accorgersi”.