Diritti

Se sui diritti Lgbt siamo indietrissimo lo dobbiamo anche a Berlusconi

Si sa, gli italiani hanno la memoria corta: tendono a perdonare e dimenticare il passato. Ma così, specialmente nel segreto dell’urna, ripetono spesso gli stessi errori. Oggi la scomparsa di Silvio Berlusconi sembra gettare un’ultima luce su tutte le gaffe e le goliardate che hanno contraddistinto la sua vita pubblica, personale e politica, prima dell’oblio definitivo. Sarebbe però un peccato – o meglio, un errore – dimenticare che forse quelle figuracce, se considerate una per una e messe in ordine, delineano un percorso preciso, nato con uno scopo altrettanto specifico.

Senza scomodare i massimi sistemi e i vari complottismi, mi viene difficile pensare che certe uscite pubbliche fossero semplicemente le cadute di stile di un grande comunicatore. Su alcuni temi c’era (e neanche troppo velato) un finto disinteresse, giustificato da ragioni puramente elettorali e, quindi, da un tornaconto personale. Penso al tentativo di “salvare in extremis” la vita di Eluana Englaro, alle leggi ad personam, alla riduzione dei crimini del fascismo – i cui risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti. Ma quello di cui mi preme parlare qui ora riguarda il trattamento riservato alla comunità Lgbt.

Ho vissuto personalmente gli anni del berlusconismo, al punto (colpa dell’anno di nascita) che non ho ricordi della Prima Repubblica: per me la politica italiana senza Berlusconi non è mai esistita, non l’ho mai vista. Peggio: gli anni in cui Berlusconi è stato al potere più a lungo (i primi Duemila, per capirci) io ero prima bambino e poi adolescente. Tutta la mia generazione è stata plasmata dallo sguardo di Berlusconi sulle cose: davanti alla tv il nostro punto di vista sul mondo nasceva e si formava sulla scorta del suo. Inevitabile quindi che anche su un tema tabù come l’omosessualità – sarà strano leggerlo per un ragazzo della Generazione Z, ma fino a pochi anni fa non se ne poteva parlare a meno di non cadere nell’accusa di essere sostenitore delle cause del collettivo Lgbt, o peggio di esserne membro effettivo – un autoproclamatosi tombeur des femmes come Berlusconi desse il meglio di sé.

Simone Alliva, giornalista dell’Espresso, ha pubblicato su Instagram un’interessante rassegna sulle uscite di Berlusconi che hanno segnato l’Italia omofoba: nel 2005 (“In Italia sono santificati solo i comunisti e i gay”), nel 2009, parlando con gli operai al lavoro all’Aquila terremotata (“Se tutto va bene mi sa che ve le porto le veline, le minorenni, altrimenti ci prendono tutti per gay“, con sventolata dell’orecchio annessa), nel 2010 a commento del caso Ruby (“Quello che ho fatto è stato per bontà, poi se a volte mi capita di guardare una bella ragazza… meglio essere appassionato di belle ragazze che essere gay“), nel 2012 sulle accuse rivoltegli dalla sinistra nel corso della carriera (“Le uniche che mancano sono quella di essere gay e rubare i soldi agli italiani”). Per non parlare di tutte le sparate sessiste e maschiliste sulle donne e sulla figura femminile (dal ‘camion’ promesso ai giocatori del Monza calcio come premio al monumentale caso del Bunga bunga, dai commenti su Bindi e Merkel alla gaffe con Michelle Obama).

Quelle che per molti sono sembrate appunto ‘solo’ battute infelici, soprattutto in un momento storico in cui l’omosessualità era ancora un tema tabù, hanno appunto permeato l’immaginario collettivo di un’intera generazione di uomini e donne, che ora a 30 anni si trova a dover ricostruire i disastri lasciati dal berlusconismo. Sul tema dei diritti della comunità Lgbt la stigmatizzazione procede ancora spedita: titoli di giornali a dir poco fuorvianti (“Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay, Libero, 23.1.2019), discettazioni politiche sul nulla (a meno di non credere all’esistenza della fantomatica teoria gender), l’allontanamento di qualsiasi riconoscimento istituzionale, dal momento che pure la legge Zan è stata affossata tra gli applausi di buona parte del Parlamento. Per non parlare del dibattito degradante sulle famiglie omogenitoriali.

E dire che, con l’ascesa della Lega e il successo di Fratelli d’Italia, Forza Italia ha avuto buon gioco nel poter recitare ancora una volta la parte del partito moderato – salvo poi non allontanarsi mai dall’operato degli alleati. Segno che forse lo spazio a destra si è progressivamente allargato anche per colpa sua. E se oggi ci troviamo a derubricare la gestazione per altri come ‘reato universale’ e ad annoverare tra i parlamentari persone come Simone Pillon, beh, non bisogna guardare troppo lontano per capirne il perché.