Il Tribunale civile dell’Aquila ha condannato a un risarcimento danni di 780mila euro, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il ministero dell’Interno nei confronti dei familiari di due studentesse, le sorelle Jenny e Giusy Antonini, originarie di Controguerra (Teramo), morte il 6 aprile 2009 nel crollo all’Aquila dello stabile di via Campo di Fossa, al numero civico 6b, con la motivazione che le due giovani, rimanendo a casa, hanno tenuto un comportamento corretto vista la situazione caratterizzata dallo sciame sismico.
La sentenza del giudice Baldovino De Sensi ribalta il verdetto della collega Monica Croci legato ad un altro processo civile per il crollo dello stesso palazzo, che nello scorso mese di ottobre ha previsto il concorso di colpa del 30% nei confronti di alcune vittime perché avrebbero sbagliato a rimanere in casa e a non uscire dopo le due scosse precedenti a quella devastante delle 3.32. Una decisione, quello della Croci, che all’epoca ha destato scalpore e polemiche in tutta Italia e suscitato sit-in di protesta.
Al contrario, il giudice De Sensi ha scritto nella sentenza che la responsabilità delle vittime è infondata perché “non solo è rimasta sfornita di prova ma, nel corso del giudizio, sono emersi elementi di segno contrario”: in particolare, c’erano scosse “con cadenza quasi quotidiana” e l’edificio “non aveva subito alcun danno visibile prima del crollo”. La seconda sentenza sul crollo di via Campo di Fossa, stabile ricostruito proprio di fronte al parco della Memoria a piazzale Paoli, ha dichiarato che “non si potrebbe esigere dalle vittime un comportamento diverso da quello posto in essere” e “la scelta di rimanere in casa nonostante l’intensificarsi dello sciame sismico non può essere considerata imprudente o poco diligente“.
Nel crollo della palazzina sono morte 24 persone e i loro eredi, avendo dalla loro perizie che attestavano irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile e una “grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull’osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista”, avevano citato in giudizio (per milioni di euro) i ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile nei mancati controlli durante la costruzione, oltre al Comune dell’Aquila per responsabilità analoghe e anche le eredi del costruttore che è nel frattempo deceduto.
Solo per una coincidenza fortuita rappresentata dallo smarrimento del fascicolo questo secondo processo non è stato condotto dal giudice Croci che dopo la sentenza choc è stata trasferita al Tribunale penale. Per quanto riguarda il suo filone, i legali difensori stanno lavorando al documento di appello. Nella sentenza, oltre ai ministeri, vengono condannati al risarcimento, in solido tra loro, Maria Antonietta, Maria Teresa ed Eliana del Beato, quali eredi del costruttore.