di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Ogni vittoria dello straordinario tennista serbo, Novak Djokovice con Parigi siamo a 23 slam – è diventata per una fetta dell’opinione pubblica un’occasione gustosa per sbeffeggiare virostar come Burioni, che davano la carriera del tennista in caduta libera a causa della sua decisione – rivendicata con sereno orgoglio all’interno di un circuito dove pochissimi l’hanno sostenuto – di non vaccinarsi. Djokovic, contrariamente a quanto cannoneggiato dalla stampa internazionale, non si considera affatto un no-vax, semplicemente reclama il suo diritto di scegliere cosa immettere nel proprio corpo. Ecco, dunque, che il super-tennista ha effettuato consapevolmente la sua scelta (per noi legittima e pienamente comprensibile, data l’età e le sue condizioni psicofisiche di atleta in ottima forma).

Il caos pandemico, aggravato dalla gestione autoritaria dei governi, ha riportato in auge la centralità dei corpi e il diritto dei singoli di decidere per se stessi. Tema importantissimo e un filo scivoloso, che merita due parole proprio a proposito di quanto accaduto con la pessima campagna vaccinale del governo Draghi.

L’equilibrio tra bene comune e scelte individuali è centrale in qualsiasi società nella quale non sia stato rottamato lo stato di diritto. Crediamo, inoltre, che assolutizzare in astratto delle posizioni etiche possa essere controproducente. Ci convince di più un pensiero che tenga conto – nei passaggi emergenziali – sia di quanto emerge sul piano scientifico che della necessità di non sacrificare la democrazia sull’altare della sicurezza pubblica. L’obbligo vaccinale, diretto e indiretto (mediante l’istituzione del green pass), ha visto le autorità “competenti” all’opera per semplificare in modo mostruoso l’intera vicenda Covid-19.

Il riduzionismo l’ha fatta da padrone. Poca attenzione alle terapie domiciliari, protocolli ufficiali inappropriati, criminalizzazione del dissenso, coda di paglia per la distruzione metodica della sanità pubblica e della medicina territoriale: queste azioni convergenti hanno reso impossibile intervenire con intelligenza calibrando gli strumenti a disposizione secondo fasce di età e di rischio dei singoli soggetti. Perché anche quando ci si occupa di popolazioni non si dovrebbe perdere di vista i soggetti, ma bisognerebbe andare verso una prevenzione personalizzata e strategie mirate ai soggetti più a rischio, come fior di epidemiologi della Great Barrington Declaration avevano proposto fin dall’autunno del 2020, nonostante siano stati ostracizzati dai media mainstream e da chi stava ai vertici delle istituzioni, da Fauci in avanti.

Stante la pericolosità media del Sars-Cov2 (più alta per fragili e anziani, trascurabile per altri milioni di adulti sani, giovani e bambini), e soprattutto in assenza di vaccini che impedissero il contagio, qualunque idea di imporre un obbligo vaccinale è stata immotivata e controproducente. E’ fondamentale che sia garantito il diritto a scegliere le cure e quali misure di protezione adottare, visto che qualsiasi farmaco e vaccino ha effetti collaterali. Tra l’altro mentre Covid-19 comportava rischi estremamente bassi di malattia grave per i giovani, gli effetti collaterali delle miocarditi da vaccino erano significativamente più elevati sotto i 30 anni, per cui se si fosse fatta una campagna comunicativa più onesta, che tenesse conto della variabilità dei rischi, scienziati e politici non avrebbero perso credibilità, come di fatto è successo.

Detto questo ci sembra utile fare un piccolo esercizio mentale: se un giorno vi fosse un virus particolarmente dannoso, con tassi di letalità alti, ed esistesse un vaccino prodotto con tecnologie rodate e sicure, un vaccino davvero immunizzante e capace di fermare il contagio, e con effetti collaterali irrisori per tutte le fasce di età, lì, in quel momento, capiremmo l’obbligo per legge. Tuttavia ricordiamo che, anche rispetto ai vaccini pediatrici obbligatori, ai bambini non vaccinati è permesso frequentare in presenza la scuola dell’obbligo, mentre durante la pandemia se non avevano il green pass dovevano stare in Didattica a Distanza.

Nel considerare il rapporto conflittuale e costitutivo tra soggetto e collettività, ci pare che nessuno dei due poli debba mai sganciarsi dall’altro, pena il precipitare negli opposti dell’atomismo individualistico e del totalitarismo. La nostra convinzione è che, ben oltre i modelli mediatici che polarizzano l’opinione sociale, sia fondamentale tenere in dialogo decisioni istituzionali e dissenso. Stanti le coordinate specifiche di questi anni, e della sindemia Covid-19, la scelta di un Novak Djokovic è stata coraggiosa e pienamente lecita.

Non è detto che, sempre e ovunque, questo sia un esempio di reale emancipazione dalla stretta biopolitica sui nostri corpi, tuttavia nelle circostanze attuali il grande sportivo ha fatto secondo coscienza qualcosa che era pienamente in linea con quanto sapevamo intorno all’agente patogeno e all’efficacia del farmaco messo in circolazione dalle multinazionali dopo lauti sostegni economici provenienti dagli Stati.

Riteniamo che la libertà più importante sia quella di poter decidere insieme alla luce delle conoscenze disponibili, senza spezzare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni (oggi comprensibilmente ai minimi storici) e tutelando i diritti costituzionali. Detto questo, guidati da una bussola siffatta, possiamo confermare che la comunicazione pubblica, durante questi anni, si è macchiata di colpe memorabili. Sta a noi non dimenticare.

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