Ben sei decreti da convertire in Parlamento entro i primi giorni di agosto per scongiurarne la scadenza. E, come se non bastasse, anche una serie di misure bandiera da mandare avanti. Una gimkana a rischio deragliamento che impaurisce gli uffici del governo. Il calendario si assottiglia e il tempo stringe, così all’indomani della pausa per la morte di Silvio Berlusconi l’esecutivo vara una stretta obbligatoria su emendamenti, presenze in Aula e nelle commissioni, con tanto di report che arriverà sulla scrivania di Giorgia Meloni ogni settimana. Il decalogo, definito “vincolante”, è stato recapitato sul tavolo dei membri del governo. Con tanto di avvertimento: il bollino ce lo ha messo la presidente del Consiglio, anche se a inviare la missiva sono gli uffici del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. “Per evitare situazioni spiacevoli e che possano metterci in difficoltà, abbiamo predisposto delle regole più stringenti rispetto al metodo già esistente, che il mio Gabinetto ha fatto pervenire al tuo nel dettaglio, tutto questo da ora in poi sarà da considerarsi vincolante”, hanno messo nero su bianco dal ministero per i Rapporti con il Parlamento. La circolare, recapitata a tutti gli altri componenti del governo e ai sottosegretari, ricorda anche le “problematiche” riscontrate “in questi nostri primi mesi di governo” e sottolinea come l’iniziativa di scrivere a tutti i membri dell’esecutivo sia stata presa “d’intesa” con la presidente del Consiglio. Come a dire: non ci sono scorciatoie, la linea è di Palazzo Chigi.
Ciriani snocciola le condizioni stabilite dal suo ufficio e da Meloni: per quanto riguarda gli emendamenti, “soprattutto quelli inerenti ai decreti legge che hanno un termine di scadenza perentorio, al fine di garantire un ordinato svolgimento dei lavori parlamentari e un’approvazione dei provvedimenti nei tempi previsti, è nostra intenzione individuare di volta in volta un termine ultimo per la presentazione” delle proposte del governo. “Gli emendamenti – prosegue la missiva – continueranno ad essere veicolati e depositati dai miei Uffici, anche qui ti prego di voler sollecitare i Tuoi al rispetto dei tempi che saranno comunicati, così da permetterci le valutazioni del caso e il vaglio di ammissibilità nelle tempistiche giuste”. Il ministro richiede anche di avere sulla propria scrivania gli emendamenti che “ritieni opportuno veicolare per via parlamentare” invitando “gentilmente” a mandarli “contestualmente anche ai miei Uffici, come già comunicato dal Presidente Meloni durante un Consiglio dei Ministri, al fine di evitare confusione o equivoci nell’importanza politica da attribuirgli”.
Ciriani si dice certo che la “collaborazione non verrà meno” e avvisa su un’ulteriore novità: manderà “al presidente del Consiglio un report periodico in cui non vengano evidenziati incidenti e mancanze”. Se non un guinzaglio, poco ci manca, reso urgente dallo slalom che attende governo e Parlamento nei prossimi 45 giorni e da passi falsi come quello di Raffaele Fitto sul caro affitti e sulla parità di genere negli appalti. Nel testo firmato dal capo di Gabinetto del ministro, Massimiliano Lucà, viene inoltre ricordata “la necessità di garantire da parte dei rappresentanti del Governo un’assidua e costante presenza nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari e, dall’altro, alle modalità e ai tempi di presentazione delle proposte emendative governative” e si ribadisce l’invio di un “prospetto settimanale il più completo possibile circa la presenza dei rappresentanti del Governo nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari in relazione alla discussione dei provvedimenti, degli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo di rispettiva competenza”.
Al record di fiducie nei primi mesi di governo e al recente richiamo del presidente della Camera Lorenzo Fontana per i troppi decreti e con temi eterogenei, si aggiunge quindi ora il richiamo di Ciriani in vista del tour de force. La corsa contro il tempo inizierà con il decreto Pubblica amministrazione – contenente le contestate misure sulla Corte dei Conti – che scade il 21 giugno: per mancanza di tempo approderà a Palazzo Madama senza il mandato al relatore e il governo dovrebbe porre la fiducia. Subito dopo il Senato dovrà votare il decreto Lavoro per poi mandarlo alla Camera e convertirlo entro i primi di luglio. A Montecitorio, intanto, i decreti da convertire sono tre: quello sugli Enti pubblici (con le norme su Inps e Inail) che scade il 9 luglio, quello con gli aiuti per l’alluvione in Emilia-Romagna (che scade il primo agosto) e quel che resta di un decreto del quale una parte è stata trasformata in emendamento agli enti pubblici e che contiene ora solo le misure sul rigassificatore ma non è ancora stato assegnato in commissione. Tra Montecitorio e Palazzo Madama andranno poi calendarizzati i decreti Salva-infrazioni e Pubblica amministrazione bis. Nel fitto calendario della Camera, che prevede anche lunedì la maternità surrogata, le opposizioni hanno ottenuto l’inserimento il 30 giugno del disegno di legge di ratifica del Mes.
Messe così le cose è complicato intravedere spazio per una serie di altri provvedimenti bandiera del governo. Tra questi c’è la delega fiscale incardinata in commissione a Montecitorio e che il viceministro dell’Economia Maurizio Leo punta ad approvare prima della pausa estiva. “Il lavoro in commissione – spiega – doveva partire ieri (mercoledì, ndr) ma, per la scomparsa del presidente Berlusconi, non si è potuto avviare”. Dalla prossima settimana “lavoreremo intensamente per chiudere il testo entro la fine dell’estate”. Altro provvedimento dai tempi non scontati è l’Autonomia differenziata: il termine per gli emendamenti è slittato al 28 giugno. Dovrebbe arrivare invece un ok celere e bipartisan sulla proposta di legge sull’oblio oncologico. La commissione Affari Sociali della Camera era pronta ad adottare un testo unificato questa settimana, ma l’ok è slittato di qualche giorno per lo stop dei lavori. Ora inizia la gimkana.