di Carmen Forlenza

Il Guatemala, il Paese centroamericano più popoloso con più di 17 milioni di abitanti, sarà chiamato alle urne il 25 giugno. Se nessuno dei candidati alla presidenza otterrà più del 50% dei voti, si terrà un ballottaggio il 20 agosto.

Finora la discussione sulle elezioni si è concentrata non sui programmi elettorali, ma sulle controverse decisioni del Tribunale Supremo Elettorale (Tse), che ha portato all’esclusione di diverse personalità, sulla base di motivazioni percepite come arbitrarie o di parte, favorevoli alla classe politica legata all’attuale presidente Alejandro Giammattei.

Già in aprile la Misión de Observación Electoral de Guatemala, un gruppo formato dalla società civile, affermava che le decisioni del Tse avevano irrimediabilmente danneggiato il processo elettorale, in una sorta di “frode elettorale ex ante”. Nel clima di sfiducia generale dei cittadini, alimentata dal Tse, emerge una pressione esercitata da anni dal governo sui media e sui politici dell’opposizione, sfociata nella chiusura del quotidiano el Periódico. I suoi giornalisti hanno pubblicato decine di inchieste di denuncia durante il mandato presidenziale di Giammattei e il suo fondatore, José Ruben Zamora, è stato accusato di riciclaggio di denaro, ricatto e traffico di influenze e altri tre giornalisti della redazione sono sotto inchiesta.

Quello che da più voci locali e internazionali viene chiamato il declino democratico del Guatemala è ancora più sorprendente, considerando che fino a 10 anni fa il Paese era presentato come un modello, grazie alla Comisión Internacional Contra la Impunidad en Guatemala (CICIG), una task force anti-corruzione, formata da procuratori nazionali supportati dalle Nazioni Unite, che hanno indagato per anni i politici locali portando al declino dell’ex presidente Morales. Secondo attivisti, giudici e organizzazioni locali, però, Giammattei ha operato una specie di vendetta contro chi aveva partecipato ai lavori della CICIG, con denunce e intimidazioni che hanno spinto molti ad abbandonare un ruolo attivo o addirittura a lasciare il Paese.

Ritornando all’operato del Tse, tra le decisioni più criticate ci sono l’esclusione della candidata indigena maya e attivista Thelma Cabrera e il lasciapassare a quella di Zury Rios, figlia del golpista Efrain Rios Montt. Cabrera è stata bloccata dal Tribunale per una denuncia nei confronti del suo candidato a vice presidente, l’ex procuratore per i diritti umani Jordán Rodas. Mentre l’articolo 186 della Costituzione che vieta la candidatura a presidente di consanguinei di dittatori, quest’anno, è parsa al Tribunale non rilevante.

L’ultimo escluso dalla corsa alla presidenza è stato l’imprenditore Carlos Pineda, in seguito a denunce di un partito rivale per irregolarità nella candidatura. Pineda, grazie soprattutto al suo utilizzo delle reti sociali, era apparso in netto vantaggio in un sondaggio di Prensa Libre agli inizi di maggio, con il 23% delle intenzioni di voto, seguito da Sandra Torres, moglie dell’ex presidente Álvaro Colom con il 19.5%. Rios, che in sondaggi precedenti appariva sempre nelle prime posizioni, aveva ottenuto un modesto 9.2%.

L’arbitrarietà del Tribunale emerge con le contraddizioni nell’ammettere invece senza problemi candidature discutibili come quelle di Jorge Adolfo de Jesus Garcia Silva, coinvolto in un caso di corruzione nell’istituto nazionale di sismologia, e Esduin Javier, investigato per legami con un’organizzazione criminale. Nel frattempo l’apatia politica sta crescendo, soprattutto tra i giovani. Secondo l’associazione Diálogos, dei 4.5 milioni di persone tra 18 e 30 anni, solo 2.6 milioni sono oggi abilitati a votare. L’assenza di un discorso pubblico sui programmi dei candidati ammessi è generale e non dipende dall’orientamento politico, una quasi costante è il riferimento a politiche di sicurezza ispirate a El Salvador.

Si prospettano quindi elezioni con una scarsa partecipazione, con la sfiducia nel processo elettorale creata dal Tribunale, e giornalisti e attivisti reduci da anni di minacce e limitazioni non riescono a stimolare un vero dibattito. Probabilmente qualsiasi nuovo eletto punterà immediatamente a misure di sicurezza di stampo bukeliano per ottenere il favore della popolazione, spaventata dal crescere degli indici di criminalità.

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