Mentre pubblicamente i vertici del Milan trattano con Beppe Sala per la costruzione del nuovo stadio a San Siro (ma sarebbe meglio dire, per costruire un piccolo impianto con un mega-quartiere commerciale intorno), segretamente si muovono su un’altra ipotesi. Infatti, il presidente rossonero Paolo Scaroni e il patron Gerry Cardinale hanno puntato gli occhi sull’area “San Francesco”, 249.562 mq di verde a San Donato Milanese. Lì il Milan intende far nascere un impianto da 60mila posti, senza l’Inter.

La scorsa settimana il club ha sottoscritto un documento di intesa preliminare con SportLifecity, società titolare di alcuni permessi urbanistici per la costruzione a San Francesco di una cittadella dello sport. Una notizia che aveva spinto il sindaco Sala prima a tuonare in Consiglio comunale contro la sua maggioranza, poi a offrire ai rossoneri un’altra area cittadina per lo stadio, in viale Puglie, col vincolo però che l’eventuale progetto non sforasse i 180 mila mq, a norma del Pgt. Tuttavia Scaroni & Co. sembrano determinati ad andare a San Donato.

Il comprensorio progettato da SportLifecity ruota attorno a un’arena da 18mila posti, destinata a ospitare eventi sportivi e concerti. Un progetto da 300 milioni di euro, che però stenta a decollare per carenza di investitori. Inoltre, l’avvio della costruzione del palazzetto da 20mila posti nel vicino quartiere di Santa Giulia per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 ha reso l’operazione di SportLifecity più difficile. Da qui la piena disponibilità della società a trattare col Milan. Venerdì scorso c’è stato un primo incontro in comune tra sindaco, SportLIfeCity e rossoneri, per discutere dell’affare stadio, un investimento da circa un miliardo di euro.

L’idea del Milan è semplice (sulla carta): Sportlifecity ha già i permessi per costruire la sua cittadella sportiva, i rossoneri rilevano quei permessi e, al posto dell’arena, fanno lo stadio. Inoltre si tratterebbe di un affare tra società private, che garantisce meno vincoli e l’abbattimento dei tempi dell’iter burocratico. In più, il sindaco di San Donato, Francesco Squeri, ha già fatto sapere che al club farebbe i ponti d’oro.

Ma l’operazione non è esente da criticità. La prima è che Sportlifecity non possiede San Francesco. L’area appartiene alla Asio (srl che vanta 30mila euro di capitale sociale e zero dipendenti), società immobiliare una volta dell’Eni, oggi controllata dalla Bmb srl. Asio ha firmato con Sportlifecity solo un preliminare di vendita e le ha conferito un “procura speciale” per trattare l’operazione cittadella.

A rendere più tortuosa la strada del Milan anche il fatto che Sportlifecity ha sì ottenuto dal Comune l’ok per il Piano Integrato di Intervento (cioè il piano di edificazione della cittadella), ma non ha sottoscritto la relativa convenzione, il documento che fissa i contenuti del progetto e gli obblighi e doveri reciproci tra Comune e proprietà dell’area. Inoltre l’iter, durato 4 anni, riguarda un impianto da 18mila posti, non uno stadio da 60mila. Quindi servirà una variante. E per le opposizioni una semplice variante di giunta non basta, perché, sostengono, “se cambia il progetto, l’iter deve ripartire da zero”. Inoltre, se per la Cittadella era stata esclusa la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per un’opera come uno stadio appare più che necessaria.

Altra nota dolente è che l’eventuale stadio sarebbe raggiungibile dai tifosi principalmente in auto. L’area si sviluppa tra l’A1 e la Tangenziale Est. È sì vicina alla stazione ferroviaria (linee S1-S12), ma dista 20 minuti a piedi dalla prima metropolitana. Inoltre le auto hanno bisogno di parcheggi, che in un’area di 249.562 mq non ci starebbero. Infatti, uno degli allarmi che lanciano gli oppositori al progetto ruota proprio intorno a questa osservazione: il timore è che l’opera si allargherà, inglobando anche i vicini terreni del Parco Sud. Per questo, sabato prossimo abitanti e ambientalisti si sono dati appuntamento davanti al Comune di San Donato per la prima manifestazione contro il nuovo stadio del Milan.

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