“Sospeso” attraversa la spiritualità, i temi ambientalisti, l'adolescenza dei figli, le nuove generazioni, la Milano “da bere” degli Anni 80, ma anche quella nuovamente stimolante di questi tempi. “Ormai faccio un disco ogni 6/7 anni, quando sento di avere qualcosa da dire di importante, intanto largo ai giovani”, ha detto il “cane sciolto” del rock
Omar Pedrini è come l’araba fenice. È “morto” e risorto diverse volte. Aggrappato alla vita e alla musica non si è mai lasciato scoraggiare nemmeno dalle cinque operazioni che ha subito con in mezzo anche il Covid. Alla luce delle sue esperienze di vita e delle sue riflessioni nei momenti difficili, Omar Pedrini, il “cane sciolto” del rock, ha deciso di mettere nero su bianco i suoi pensieri con il 18esimo album della sua carriera (il settimo da solista, dopo gli 11 collezionati con i Timoria) dal titolo “Sospeso”. Non è un caso che si chiami “Sospeso” c, ha spiegato l’artista che ha anche presentato un brano per lo scorso Sanremo, dedicato proprio ai ragazzi e all’ambiente.
Cosa è accaduto in questi anni?
Sono stati tre anni difficili tra un’operazione e l’altra e il Covid di mezzo così ho riunito la mia band in Toscana per l’esigenza di mettere nero su bianco il mio bisogno di spiritualità nel disco. Non è un caso che ci sia un’Ave Maria, pagana però, ad apertura. Con i ragazzi della band però non abbiamo suonato ma anche raccolto le olive, dal momento che da qualche anno produco anche l’olio.
Oltre alla spiritualità su cosa ti sei concentrato?
Tra le tante canzoni dedicate alla riflessione e anche all’ambiente c’è spazio pure per i miei figli e le nuove generazioni che combattono per il nostro futuro.
Non sei nuovo a questi temi, a quando risale il tuo ‘attivismo’?
Al 1994 coi Timoria e la canzone “2020” contenuta nell’album “Speedball2020”. Mi diedero del visionario, complottista, ma alla fine eccoci qui. Quello che denunciavamo si è avverato e per questo dico ‘Benvenuti a tutti’. Credo sia necessario, e lo sottolineo anche in questo disco con ‘La giusta guerra’, che bisogna fare una guerra tutti assieme ma non nel senso bellico, quanto di attività per una giusta causa.
Le nuove generazioni sono ascoltate?
Sono basito dall’indifferenza e dall’intolleranza nei confronti delle proteste (pacifiche) ambientalisti degli attivisti di nuova generazione. Non capire e non assecondare il loro grido di protesta potrebbe portare in futuro a scontri generazionali peggiori e sicuramente più violenti
Tra i brani c’è “Plastic Killer (anni 80)”. Sei nostalgico di quei tempi?
È il mio ricordo dei miei anni al Plastic. Io ero piccolo ma ho sempre frequentato gente più grande della mia età. Per questo mi caricavano in macchina e mi portavano a far serata nel luogo culto degli Anni 80 di Milano dove una sera potevi trovare Madonna a bere champagne o Boy George a metter su dischi. Altri tempi, ma mi sembra di assistere oggi a una nuova spinta creativa.
A chi dedichi questo album?
Alle figure che hanno segnato la storia della città di Milano. Una città che se oggi è di nuovo viva e ricca di stimoli, come negli Anni 80, lo dobbiamo a figure come Andrea Pinketts, Giovanni Gastel, Matteo Guarnaccia e Tommaso Labranca. Uomini di cultura che hanno forgiato la città che amo e dove vivo da 23 anni.