“Non posso dire d’aver ricevuto pressioni da Berlusconi, questo no. Ma certo se quella legge fosse passata il Mausoleo avrebbe ben potuto accoglierne le spoglie, non solo le sue ceneri”. A parlare così è Corrado Danzi, oggi medico a Matera ma senatore dell’Udc nel 2006, quando si ritrovò tra le mani, come relatore, la patata bollente di una proposta di legge del governo Berlusconi per consentirgli di usare il famoso Mausoleo di Arcore dove voleva mettere tutti, amici e parenti, da Montanelli a Fedele Confalonieri.

L’aria d’indulgenza plenaria soffia forte sulle cronache funerarie. Spazza via anche l’unico dettaglio che spieghi fino in fondo perché mai il quattro volte premier sia stato cremato e quindi sepolto nel famoso mausoleo di famiglia a Villa San Martino dove voleva tumulare tutti, perfino Montanelli. Un dettaglio che consacra ad eternum quel vizio terreno delle leggi ad personam, con ministri e scherani pronti a cambiare le norme dello Stato pur di assecondare i desiderata del fondatore di Forza Italia. In quel caso, la legge che impediva le sepolture in luoghi privati.

Correva l’anno 1989, Berlusconi non era ancora entrato in politica. Fu la morte del padre a fargli venire l’idea. Pietro Cascella, artista famoso in tutto il mondo che realizzò monumenti dedicati ad Auschwitz e a “Bella ciao”, cercò di interpretare i desiderata e gusti del Cavaliere. Il risultato fu una monumentale struttura, alta sette metri, ricoperta di 90 tonnellate di marmo di Carrara. La capienza, 26 posti. Berlusconi aveva pensato di seppellirci tutte le figure chiave della sua vita: genitori e figli ma anche i vari Confalonieri, Dell’Utri, Bondi, Previti, Letta e Galliani, Fede. Tutti avrebbero avuto la promessa di un posto accanto al suo. Unico impedimento: le norme in materia di sepoltura. Ma le leggi si sa, si cambiano.

A gennaio del 2006, finiti i lavori da un pezzo, fu “Mamma Rosa” a lanciare il sasso, con una lunga e indignata intervista a Il Giornale (di famiglia): “Silvio ha preparato una bellissima tomba nel suo giardino, ma la giunta di sinistra gliel’ha bloccata”. In realtà a impedire tumulazioni erano appunto le leggi dello Stato. Più precisamente un editto di Bonaparte del 1806 che – per motivi igienici e non solo – proibiva di seppellire defunti all’interno di chiese e proprietà private, trattamento riservato perlopiù al ceto elevato e ai religiosi. Berlusconi quel giorno rincarò la dose: “E’ lontano da casa, in mezzo al bosco, non dà fastidio a nessuno, ma ci sono norme del passato che indicano addirittura in 300 metri la distanza da qualunque strada, che non sono stati superati”. Lo diceva ai microfoni di Sky, ma è all’aula che parlava.

Il caso vuole che il giorno prima in Senato avesse subito un doppio stop una proposta di legge governativa a firma dei ministri dell’Interno Beppe Pisanu e della salute Girolamo Sirchia intitolata: “Disciplina delle attività nel settore funerario”. Il testo conteneva un cavillo “salva-mausoleo”, che faceva cadere il divieto: all’articolo n.8 consentiva infatti la “costruzione per uso cappelle private familiari fuori dai cimiteri per accogliere cadaveri, ossa (…) quando sono attorniate per un raggio di almeno 25 metri da una zona di rispetto di fondi di proprietà privata dei soggetti interessati all’uso”. E il Mausoleo, manco a dirlo, rientrava. Non è dato sapere invece a quanti altri italiani avrebbe mai fatto comodo. L’ex senatore la tocca piano (“legge non condivisa”), in realtà l’opposizione in aula era saltata sui banchi: “Altro che leggi ad personam, siamo arrivati al punto che si fa una norma per consentire a Berlusconi di disporre di un cimitero privato ad Arcore!”. La norma poi non passò più, tanto che anche l’adorata madre di Berlusconi fu sepolta non ad Arcore ma al Cimitero Monumentale di Milano, vicino al marito Luigi e le sue spoglie tornarono ad Arcore solo dopo la cremazione.

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