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Emanuela Orlandi “potrebbe essere stata rapita perché a conoscenza di cose che dovevano restare nascoste”: Parla l’ex procuratore Giancarlo Capaldo

Giancarlo Capaldo, il magistrato che più a lungo ha indagato sulla 15enne vaticana scomparsa nel 1983 e del giornalista e saggista Ferruccio Pinotti hanno scritto un libro, La ragazza che sapeva troppo, sulla scomparsa del 1983, edito da Solferino

Un procuratore della Repubblica e un giornalista ripercorrono insieme 40 anni di indagini, ipotesi e depistaggi su Emanuela Orlandi. Si tratta di Giancarlo Capaldo, il magistrato che più a lungo ha indagato sulla 15enne vaticana scomparsa nel 1983 e del giornalista e saggista Ferruccio Pinotti. I due hanno scritto insieme “La ragazza che sapeva troppo”, in uscita il 27 giugno per Solferino.

Un testo che ripercorre tutte le tracce che le storia ha incontrato in questi anni ma che ancora non hanno portato a una verità sul destino della ragazza. Se da un lato il giornalista rende conto delle ipotesi susseguitesi nel corso del tempo, il magistrato dall’altro tenta di sintetizzare il senso delle tante ipotesi venute fuori nel tempo. “È un tentativo – racconta a Fqmagazine Capaldo – di spiegare quanto è accaduto e cercare una strada che porti finalmente alla verità. Abbiamo valutato oggettivamente le varie piste, ci sembra essenziale comunque l’importanza che qualcosa si apra dal Vaticano perché venga fuori la verità. Nonostante il pensionamento è come se avessi sempre avuto un debito verso la storia di Emanuela Orlandi. Dovevo consentire a chiunque di prendere maggiore consapevolezza di quanto è accaduto, lo ritengo un dovere morale anche per passare il testimone a chi farà emergere la verità.”.

Perché questo titolo, a cosa si riferisce?
“Una delle ipotesi su Emanuela che deve essere attentamente valutata è che sia stata scelta lei come persona da rapire perché era a conoscenza di qualcosa e che era opportuno non venisse fuori. Il motivo per ci è stata rapita potrebbe essere esattamente questo, lei era venuta, suo malgrado, a conoscenza di parti di realtà che dovevano restare nascoste”.

Ci sono nuovi risvolti sulle indagini, nel vostro libro?
“Abbiamo cercato di far capire quali sono gli elementi reali su cui fondare le ipotesi più ragionevoli per spiegare ciò che è accaduto a chiunque voglia ragionare su questa storia. Il nostro tentativo è di dare a tutti gli elementi su cui riflettere in modo che ciascuno possa poi condividere quella che è stata la nostra conclusione. Era importante anche far conoscere dei profili del mondo Vaticano ancora sconosciuti perché rimasti fuori dalle indagini. Attraverso un’analisi tutte le testimonianze, abbiamo passato al microscopio tutte le possibili crepe e contraddizioni e ciò ci ha fatto comprendere come il filo rosso di questa indagine sia stato tutto un susseguirsi depistaggi proposti uno dopo l’altro. Tante piste sono state apparentemente inutili ma spiegano perché non si è arrivati alla verità, sono nate per impedire ai magistrati di capire la vicenda”.

Quindi non erano semplici depistaggi?
“Noi riteniamo che tutti possano avere come codice di interpretazione quello di essere dei messaggi ad hoc finalizzati ad allontanare dalla verità, dalla possibilità stessa che si facesse strada. Speriamo di aver dato un contributo per far capire meglio ciò che è accaduto. Gli elementi a disposizione vanno verificati per capire se le nostre conclusioni sono esatte”.