Sul fronte meridionale dell’Ucraina, la nuova fase della guerra, caratterizzata dalle forze del generale Valery Zaluzhny in assetto prevalentemente offensivo e non più solo difensivo, si svolge in una regione geografica precisa, al confine tra le alture del Donetsk e la pianura del Mar Nero. Ed è proprio questa particolare caratteristica morfologica del territorio a rendere le battaglie che si stanno svolgendo nella parte meridionale dell’Ucraina un potenziale punto di svolta per la controffensiva di Kiev verso Mariupol e altre città del Sud. Una strategia che, però, deve fare i conti con il fattore tempo: deve portare risultati prima della fine della stagione secca.

L’area pianeggiante è estesa tra Odessa, Mykolaiv, Kherson , Zaporizhzhia, Melitopol e la parte meridionale dell’oblast di Donetsk (quella di Mariupol) e fa parte della depressione del Mar Nero. Le battaglie di questi giorni si svolgono, quindi, su un fronte di poco più di 150 chilometri, con diversi punti “caldi” in cui le due parti sono a diretto contatto, a una distanza di 90 chilometri dalla costa, in un territorio che si presenta con caratteristiche collinari, pur essendo a un’altitudine inferiore ai 200 metri. Insomma, una zona in pianura “di diritto” ma in collina “di fatto”. Troviamo, qui, un alternarsi di alture lunghe e strette, intervallate da valli alluvionali scavate da piccoli corsi d’acqua, a volte ormai secchi. Questa fascia dura per due terzi della distanza tra la linea del fronte e la costa: a circa 30 chilometri di distanza dal Mare di Azov (il mare interno su cui si affacciano Mariupol e Berdiansk) diventa una pianura vera e propria, posta a pochi metri sul livello del mare, che declina via via che si avvicina alla costa, con molte aree addirittura poste in depressioni fino a cinque metri sotto il livello del mare. Ecco, tutto questo dà la misura della guerra che è in corso adesso e permette di comprendere come mai il Cremlino stia impiegando tra qui e Bakhmut il 90% delle forze presenti in Ucraina in uno sforzo immane di contenimento della controffensiva ucraina.

Innanzitutto, dobbiamo partire da quanto detto da Evgeny Prigozhin, uno che fa di tutto per farsi odiare da Mosca ma l’unico che, nella Russia del 2023, sembra sapere a un livello superiore di tattica e operazioni belliche: le forze armate russe per mesi hanno speso una quantità incredibile di risorse umane e materiali per occupare centri abitati – alla fine, spesso ridotti solo a cumuli di macerie – e oggi sono asserragliate in quasi tutti i villaggi. Dal loro canto, gli ucraini oggi tentano di recuperare posizioni non assaltando villaggi da liberare ma concentrando gli sforzi sull’acquisizione di posizioni tatticamente vantaggiose, come appunto le alture alle spalle dalla pianura costiera del Mare di Azov. Ed è proprio per il controllo di queste “alture tattiche” che si combatte da due settimane. Le truppe di Kiev “saggiano” le difese del nemico e, una volta che gli ucraini si sono posizionati sui “fianchi” dei piccoli centri occupati dai russi, si trovano spesso di fronte a due scenari: o le truppe del Cremlino preferiscono ritirarsi invece che trovarsi accerchiate mettendosi in posizioni più facili da difendere e che gli ucraini dovranno “saggiare” oppure spendono ingenti risorse umane e materiali per riconquistare queste alture e non farsi stritolare. Questa serie di battaglie, fatta di una miriade di scontri spesso di poche ore con squadre di soldati coperti da un solo carro a contatto col nemico, non sono determinanti per la vittoria finale ma per la conquista, appunto, di abbastanza territorio in questa fascia da creare, attraverso il territorio liberato, un passaggio sicuro e logisticamente agevole tra l’Ucraina ancora controllata da Kiev e la pianura costiera. Se gli ucraini riusciranno a “perforare” nei mesi caldi il muro di truppe posto dal Cremlino a difesa di Melitopol, Berdiansk e Mariupol, sbucheranno alle spalle dei russi asserragliati nella fascia stessa e trasformeranno un vantaggio, il controllo di centri abitati e alture tattiche, in uno svantaggio, con gli uomini di Shoigu e Gerasimov che rischieranno di restare insaccati in quel territorio verdeggiante fatto di boschetti piantati negli ultimi decenni e campi agricoli, ma privo di arterie per la logistica. Insomma, una volta raggiunta la pianura, un po’ come quando gli alleati sfondarono la Linea Gotica o gli austro-tedeschi vennero giù da Caporetto, troveranno davanti un territorio rapidamente declinante verso il mare e dovranno solo preoccuparsi che la loro logistica non entri in crisi.

Vale la pena sottolineare che la distanza tra la linea del fronte attuale e la costa è inferiore ai cento chilometri e tale profondità non dovrebbe impedire un attacco in direzione di una delle due città. È poi da dubitare che i russi difenderanno dall’interno e a lungo uno qualunque di questi centri urbani, non essendo preparati per la guerra urbana facendo la parte dei difensori: dopotutto, hanno abbandonato Kherson ben prima che fosse stretta in una tenaglia.

Per impedire tutto questo i russi devono difendere ogni boschetto, ogni altura e ogni villaggio, senza badare alle perdite: tanto, sia che riescano a parare il colpo sia che perdano il territorio tra la Crimea e il Donbass dovranno mobilitare di nuovo altri riservisti nei prossimi mesi. Molti corpi di armata e battaglioni sono già stati ricostituiti più di dieci volte.

Per raggiungere i loro obiettivi, gli ucraini dovranno impiegare in modo via via crescente il “tesoretto” di decine di battaglioni addestrati dal blocco occidentale e spesso armati come i Paesi della Nato: quello a cui assistiamo in queste settimane sono battaglie in cui Mosca cerca di prevenire o respingere gli attacchi delle truppe di Zaluzhny col grosso delle proprie forze, mentre Kiev cerca di conoscere meglio e indebolire il proprio avversario non avendo ancora messo in campo nemmeno un terzo del proprio potenziale. Vengono in mente le parole del generale britannico Oliver Leese, all’epoca degli scontri tra nazifascisti e alleati lungo la Linea Gotica, sull’importanza di fare l’ultimo salto muovendo rapidamente “un esercito di immensa forza e di dirompente potenza” per infrangere le difese del nemico, un obiettivo da raggiungere approfittando dei mesi caldi e secchi: dopo, parafrasando le parole di Harold Alexander, “i patrioti dovranno fronteggiare un nuovo nemico, l’inverno”. Che non permetterà di attraversare in modo così agevole collinette, boschi e vallate alluvionali.

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