Alcuni libri forniscono al viaggiatore una realtà aumentata, tanto sono carichi di personaggi, idee, suggestioni. È il caso de Lo scoiattolo sulla Senna (Feltrinelli), con il quale Fabio Gambaro ci accompagna in un fascinoso viaggio nella capitale francese, esplorando il cuore e l’essenza di Parigi nei tredici anni in cui ci visse Italo Calvino (dal 1967 al 1980). La Ville lumière era ancora la vera capitale mondiale della cultura e trasudava letteratura: era capitale della Nouvelle vague, degli intellettuali engagés, dello strutturalismo, della psicoanalisi; era la stagione del Maggio francese, di Sartre e poi di Queneau, di Perec e di Barthes (leggete il suo Frammenti di un discorso amoroso, se siete innamorati dell’intelligenza e dei sentimenti).
Gambaro, giornalista e scrittore, organizzatore di festival letterari e dal 2016 al 2020 direttore dell’Istituto italiano di cultura di Parigi, racconta anche di come il padre di Marcovaldo sia entrato nella storia della letteratura grazie al soggiorno parigino: contribuì “all’arricchimento del suo bagaglio culturale – scrive Gambaro – all’evoluzione del suo modo di scrivere e all’internazionalizzazione della sua notorietà”.
Calvino – padre agronomo, madre botanica – fu anche sensibilissimo al paesaggio e alla natura. Il titolo di questo libro, che fa il verso a una celebre definizione di Pavese, nume tutelare di Calvino all’Einaudi, è dunque assai evocativo: Pavese lo definì “scoiattolo della penna” recensendone il romanzo “partigiano” Il sentiero dei nidi di ragno; la definizione ben gli si addice: Calvino amò la natura e gli alberi, li descrisse fittamente in molte delle sue opere, dal Barone rampante a Marcovaldo, dalla Speculazione edilizia alla Nuvola di smog.
A Parigi – città amata anche dalla moglie Chichita – visse anni importanti, fra esilio e creatività. Si sentiva ormai estraneo alla cultura italiana, come si legge nel suo Eremita a Parigi, con la quale aveva dialogato attivamente. Abitava in una bella casa, al numero 12 di square de Châtillon, nel 14° arrondissement; viveva appartato in un grande studio, alle pareti libri, stampe e il celebre poster di Snoopy alla macchina da scrivere. Intorno, una città iper-letteraria, che trasuda memorie, visioni e pagine straordinarie di Dumas, Hugo, Balzac, Verne, Stendhal, Maupassant, Céline, Proust…
Qui Calvino scrisse alcuni dei suoi capolavori: Le città invisibili, Il castello dei destini incrociati e Se una notte d’inverno un viaggiatore. Fu un periodo cardine e poco esplorato nella sua evoluzione di scrittore e Gambaro coglie l’occasione per illustrare i vari luoghi che frequentò e per parlare dell’altrettanto fascinoso milieu culturale.
“Calvino diceva sempre – scrive – che a Parigi aveva la sua casa di campagna, un posto sicuro in cui potersi ritirare nella solitudine del suo mestiere. Per lui Parigi era quella città in cui non c’era bisogno di chiedersi il perché delle cose”. Forse – chissà – la sua fu anche la ribellione di un artista cui stavano sempre più strette le combriccole letterarie, la cultura intruppata e militante.
Nella metropolitana Calvino si mimetizzava, passava inosservato: “Io credo che la condizione ideale dello scrittore sia questa – scriveva Italo – vicino all’anonimato: è allora che la massima autorità dello scrittore si sviluppa, quando lo scrittore non ha un volto, una presenza, ma il mondo che egli rappresenta occupa tutto il quadro”. Chissà cosa direbbe oggi dell’editoria, imperniata sui “follower”, sugli “eventi” e sull’”amichettismo”.
Insomma, Lo scoiattolo sulla Senna fa viaggiare con il corpo e con la mente, Fabio Gambaro sa come prenderci per mano e far rivivere anni strabordanti di charme, presentandoci i cugini d’oltralpe e la loro cultura, i luoghi dell’anima che ogni viaggiatore colto dovrebbe conoscere.
Calvino passeggiava e scriveva, tra saggezza, leggerezza e fantasia sognante. Percorreva l’Île de la Cité, faceva la spesa nei negozi di quartiere e nei mercatini, tra cui quello della rue de Buci, con la figlia Giovanna si recava allo zoo del Jardin des Plantes; viaggiava in metropolitana (“Forse in questo mio rapporto col Métro entra anche il fascino del mondo sotterraneo: i romanzi di Verne che mi piacciono di più sono Le Indie Nere e Viaggio al centro della terra”), frequentava i cinema con la moglie Chichita (dagli horror ai fantastici, dalle pellicole Anni Venti e Trenta a quelle di prima visione), nel tempo libero salutava l’amico Raymond Queneau, l’autore di Esercizi di stile, simpatizzando – lui autore di opere ben strutturate – con quelli che potremmo definire i nerd della cultura francese, i membri dell’OuLiPo, Ouvroir de littérature potentielle (Laboratorio di letteratura potenziale), fondato nel 1960 da un gruppo di amici (Perec ad esempio), gente che aveva interessi diversi ma complementari – matematici appassionati di letteratura e letterati cultori delle scienze esatte.
Calvino, del quale ricorre quest’anno il centenario della nascita, lasciò la Francia per Roma verso la metà del 1980: prima di partire donò alla biblioteca dell’Istituto italiano di cultura di Parigi centocinquanta volumi.
È bello, attraverso questo libro, camminare per Parigi con lui, inseguirne fantasie e riflessioni, risalire le correnti del pensiero di un intellettuale sempre originale e anticonformista, schivo e ribelle come Cosimo di Rondò, il Baronetto che si arrampicò sugli alberi, li abbracciò e non li lasciò più.