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“Emanuela Orlandi potrebbe essere stata vittima di un predatore sessuale. In Vaticano c’è chi sa la verità”: l’ipotesi di Laura Sgrò, avvocato della famiglia

Esce domani, mercoledì 21 giugno, per Rizzoli “Cercando Emanuela”, il libro di Laura Sgrò in cui l’avvocato della famiglia Orlandi racconta la sua battaglia al fianco della famiglia di Emanuela Orlandi - L'ESTRATTO IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA

di Alessandra De Vita

Esce domani, mercoledì 21 giugno, per Rizzoli “Cercando Emanuela”, il libro di Laura Sgrò in cui l’avvocato della famiglia Orlandi racconta la sua battaglia al fianco della famiglia di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa a 15 anni, il 22 giugno 1983 e risucchiata da un vortice impenetrabile e fitto di misteri. Il volume verrà presentato domani alle 18, alla Libreria laFeltrinelli presso la Galleria Esedra, insieme ai giornalisti Andrea Purgatori e Gianluigi Nuzzi.

Avvocato, perché ha scritto questo libro?
Cercando Emanuela è un omaggio alla famiglia Orlandi nel quarantesimo anniversario della scomparsa di Emanuela. È un libro che racconta il mio segmento di vita accanto a questa straordinaria famiglia, che è riuscita a trasformare il dolore in un atto di amore quotidiano”.

Il suo libro contiene nuovi elementi che possono orientare il lettore a maturare un’idea di quanto è accaduto a Emanuela?
“Il libro racconta di tanti incontri, avvenuti in questi anni, cercando Emanuela. Alcuni incontri hanno orientato delle piste, altri sono stati delle grandi aspettative deluse. Il lettore potrà camminare con noi e capire meglio ciò che Pietro Orlandi e io abbiamo fatto insieme da quando ho assunto la difesa della sua famiglia”.

Si è sempre parlato di più piste, tutte intrecciate e tutte credibili in parte. Lei che idea si è fatta?
“Ciò che penso io debbo tenerlo per me, perché mancano dei pezzi di puzzle, e non avendo prove, rischierei di disorientare il lettore e non fare del bene alla causa. Ritengo, tuttavia, che la pista della pedofilia, mai davvero indagata e solo chiacchierata, debba essere approfondita dagli inquirenti. Così come penso che la pista della pedofilia e quella finanziaria, possano non escludersi ma sovrapporsi”.

Crede la pista di Londra sia credibile?
“Trovo singolare che tante segnalazioni portino in quella città dove il Vaticano ha degli interessi importanti. Questo qualcosa vorrà dire. Forse non che Emanuela sia stata lì, ma probabilmente che Londra, in qualche modo, abbia avuto a che fare con la sua scomparsa”.

Cosa ha provato quando ha scelto di assistere la famiglia Orlandi nella ricerca della verità su Emanuela?
“All’inizio avevo dei dubbi, non dovuti alla vicenda, ma alla mia capacità di tenuta. Mi ero già fatta un numero considerevole di nemici durante il secondo Vatileaks difendendo Francesca Chaouqui, subendo delle pressioni, non avevo granché voglia di aumentare il numero dei miei detrattori. Ma Pietro mi colpì subito. Mi colpirono la sua determinazione e il suo coraggio. Chiesi consiglio a mio marito e mio padre. Mio marito mi disse di accettare il caso se me la sentivo, mio padre fu più severo. Mi invitò a pensarci bene, perché se avessi deciso di difendere gli Orlandi, non avrei potuto tirarmi indietro al presentarsi degli ostacoli. Così feci, ci pensai e accettai. Papà, che adesso non c’è più, aveva una immensa stima per questa famiglia. Parlando negli anni con Pietro, ho trovato tanti tratti che accomunavano Ercole Orlandi a mio padre. Questo mi ha legato a loro ancora di più”.

Lei ha detto più volte che la famiglia Orlandi non somiglia a nessun’altra, perché?
“La famiglia Orlandi è proprio straordinaria nel senso letterale del termine: extra – ordinaria. Vive da quarant’anni una esperienza che non ha pari e non si è mai fatta corrodere dall’odio, ha mantenuto il baricentro, nonostante tutto quello che ha dovuto patire per tutti questi anni. Io non ho mai percepito sentimenti negativi in loro, al contrario, hanno una pazienza, un coraggio e una sopportazione che è difficilmente equiparabile. Maria Pezzano Orlandi racconta di Emanuela sempre con il sorriso, a Pietro non ho mai sentito dire una parolaccia. La famiglia di Pietro, poi, è un “branco”. Pietro ha una moglie e sei figli meravigliosi, che si proteggono tra di loro e si prendono cura l’uno dell’altro in modo ammirevole. È stata Patrizia, la moglie di Pietro, a definire la sua famiglia “il branco” e, a mio avviso, non poteva scegliere termine migliore”.

Lei ha seguito anche altri casi importanti legati al Vaticano ma quello di Emanuela è il primo da cui vengono fuori storie di abusi e pedofilia nel Vaticano. Questa consapevolezza l’ha sorpresa o ha cambiato la sua prospettiva?
“Una giornalista ha scritto che, se accertato, quello di Emanuela sarebbe il primo caso di femminicidio in Vaticano. Spetta agli inquirenti indagare, anche sul malcostume di alcuni prelati. La mia prospettiva è quella di trovare Emanuela, qualunque cosa sia successa, non sortirà l’effetto di cambiare il mio orizzonte”.

Da quando è al fianco degli Orlandi ha mai subito ripercussioni per aver sposato questa battaglia?
“Sì, e ne avrei fatto a meno, ma niente di irrecuperabile. L’ho messo in conto. Ma le assicuro che, se potessi tornare indietro, rifarei tutto allo stesso modo”.

Lei ha dichiarato più volte che Padre Georg, segretario particolare di Ratzinger, le disse di un dossier su Emanuela? Può dirci come e quando è accaduto?
“L’ho cercato ripetutamente, mi stupii quando rispose a un mio messaggio. Gli dissi che volevo parlargli in modo riservato e lui mi rispose di raggiungerlo alla Prefettura della Casa Pontificia, dove ancora svolgeva le funzioni di Prefetto in modo effettivo. Era chiaro che invitarmi nel palazzo apostolico non era una mossa di grande discrezione, così entrai in Prefettura dal posto più vigilato, da piazza San Damaso. Padre Georg fu molto cortese. Il colloquio non durò a lungo. Mi disse che esisteva eccome un dossier riservato e che avrei fatto bene a insistere con la Segreteria di Stato per farmelo consegnare. Sul contenuto non volle dirmi nulla. Ho letto nel suo libro che questo fascicolo non esisterebbe e l’ho sentito in una trasmissione televisiva che diceva di avere confezionato sull’argomento appena un “appunto” per papa Benedetto XVI. Quello che disse a me lo commentai qualche minuto dopo con Pietro, che mi aspettava a Sant’Anna. Cambiare versione non è pregevole. È la verità la più grande furbizia”.

Crede che in Vaticano ci siano persone ancora in vita che conoscono il destino della ragazza?
“Sì, credo proprio di sì”.

Papa Francesco disse a Pietro Orlandi che Emanuela è in cielo, alludendo alla sua morte. Lei crede che il Papa sappia cosa l’è accaduto?
“Papa Francesco disse a Pietro quella frase qualche giorno dopo la sua elezione al soglio pontificio. Veniva dall’Argentina, dalla “fine del mondo”, come disse lui stesso quando si presentò come nuovo pontefice dal balcone della Basilica di San Pietro, aveva tutto il diritto di non sapere chi fosse Emanuela. Potrebbe avere detto a Pietro qualche parola di consolazione perché gli era stata suggerita. Quello che però non comprendo, se così fossero andate le cose, è perché Papa Francesco non abbia ritenuto di spiegarlo a Pietro, nonostante quest’ultimo abbia provato per dieci anni a incontrarlo. Non ci è mai riuscito e da dieci anni si continua a parlare di questo episodio. Io spero sinceramente che Pietro possa avere modo di incontrare il Santo Padre e che possano parlare anche di questo”.

Lei crede che Emanuela sia ancora in vita?
“Io credo che sia nostro diritto cercarla. Sarebbe bello trovarla viva”.

ECCO L’ESTRATTO IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA

La pedofilia è un argomento complesso, difficile, scivoloso. È una ipotesi di reato che può distruggere le vite, delle presunte vittime ma anche dei presunti colpevoli. Pietro la considera un’ipotesi da verificare. Anche io. Io credo che la questione della pedofilia sia stata creata per creare l’oggetto di un ricatto. Io credo che la base del ricatto ci sia sempre. Un ricatto nei confronti di qualcuno. Hanno scelto lei per ricattare qualcuno. Perché a qualcuno che aveva il «vizio» gli hanno portato la ragazzina sbagliata. Per creare una ragazzina simbolo, l’oggetto di un ricatto enorme che te lo porti avanti per quarant’anni, perché ricordiamoci che il Vaticano da quarant’anni fa di tutto per evitare che possa uscire qualunque tipo di verità. La pista della pedofilia non escluderebbe quella finanziaria, perché le due piste potrebbero sovrapporsi. Tutto potrebbe sovrapporsi. Occorre che si metta insieme ogni tassello. Ma davvero nessuno ha mai indagato questa via? Accanto alla magistratura, ma in modo autonomo, si sono mossi i servizi segreti e della loro attività sappiamo poco e niente.

Emanuela potrebbe essere stata vittima di un predatore sessuale? Potrebbe. Esiste una testimonianza di un’amica di Emanuela, a cui la ragazza avrebbe confidato un grave segreto: L’ultima volta che io ed Emanuela ci siamo viste è stato un giorno che Emanuela mi chiamò. Alla settimana prima che succedesse questa cosa. Dice, Senti. Noi ci dobbiamo vedere perché ho un segreto da confessarti, da dirti una cosa segreta, da dirti. Ci siamo viste al di fuori del Vaticano, ma sotto casa sua. Lì ho detto, cioè c’è qualche ragazzetto? Però io ho capito subito che non era il segreto bello che io mi ero immaginata dalla sua, da come stava lei, dal suo essere rigida. Aver paura. Anche vergogna, forse. E poi Emanuela mi ha detto che durante una dei suoi giri nei Giardini Vaticani, una persona molto vicina al papa l’aveva infastidita. Per definire bene questa cosa, a me è bastato proprio guardarla.

Questa amica, durante le registrazioni dell’intervista resa per Vatican Girl di Netflix, conferma e precisa, a domanda diretta della sua interlocutrice, che si sarebbero trattate di attenzioni di tipo sessuale. Ne è certa. E se ne è certa, credo abbia più cose da raccontare rispetto a quelle ascoltate nei pochi minuti della serie. La donna ha paura, ha voluto mantenere la segretezza. Il suo volto è oscurato e la sua voce è artefatta. Si sente che è agitata. Sono passati quarant’anni ed è ancora angosciata nel riferire quel racconto. Cosa le ha detto Emanuela? E perché ci ha messo tutto questo tempo a raccontarlo? Poi c’è quell’audio. Quello del 2007. Marcello Neroni, ex sodale di Enrico De Pedis, parla a ruota libera per ore senza sapere di essere registrato. Lo ha reso noto il giornalista Alessandro Ambrosini sul suo blog Notte Criminale. Non lo posso ignorare – anche se lo farei volentieri – perché ha scatenato un putiferio. Quell’audio e tutto ciò che le libere parole di Neroni hanno determinato con un drammatico effetto domino, ha portato papa Francesco, durante il Regina Caeli, a difendere la memoria di san Giovanni Paolo II. Quando Pietro, qualche tempo fa, lo ascoltò per la prima volta rimase allibito. Non sapevo che dire neppure io. Ci guardavamo in silenzio. Rimanemmo malissimo. Perché quell’uomo, nel 2007, diceva quelle cose orribili – spaventose – su Emanuela, un’altra ragazza senza nome e su papa Wojtyła? Emanuela era vilipesa, oltraggiata, vituperata e allo
stesso modo veniva offeso il papa santo. Emanuela era poco più di una bambina, perché infamarla e denigrarla in modo così osceno? Perché un familiare che cerca un congiunto scomparso deve arrivare a sentire queste affermazioni?

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