“Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande? Alla luce dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+, ecc.)?”. È una delle domande a cui dovrà rispondere la prima sessione del Sinodo dei vescovi che si svolgerà dal 4 al 29 ottobre 2023. L’assemblea, a cui per la prima volta parteciperanno anche i laici, sia uomini che donne, con diritto di voto, avrà come tema Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione. Il Sinodo, che si concluderà nell’ottobre 2024, proprio alla vigilia del Giubileo del 2025, è stato preceduto da un’ampia e capillare consultazione biennale che ha coinvolto parrocchie, diocesi, nazioni e continenti. Una consultazione che ha tenuto in considerazione anche il parere di credenti di altre confessioni religiose e non credenti che hanno voluto dare il loro contributo a questo cammino sul futuro della Chiesa cattolica.

“I documenti finali delle assemblee continentali – si legge nell’instrumentum laboris, ovvero il documento preparatorio del Sinodo dei vescovi – menzionano spesso coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati e risposati, le persone in matrimonio poligamico o le persone LGBTQ+”. Da qui, dovranno essere fatte delle proposte concrete per testimoniare quell’inclusività ecclesiale ribadita sempre con forza da Papa Francesco che ha voluto il processo sinodale. Su questo punto, infatti, Bergoglio ha spesso rivolto inviti al rispetto e all’accoglienza di ogni persona, tutelandone anche i legittimi diritti. Significativa fu la sua prima e storica apertura pochi mesi dopo la sua elezione al pontificato: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”. Aperture ribadite sempre in oltre dieci anni di pontificato, ma che si sono spesso scontrate con vergognosi episodi di intolleranza e razzismo all’interno della Chiesa per le persone omosessuali. Al Sinodo ora toccherà dare delle risposte concrete.

Moltissimi i temi che saranno esaminati. Sarà l’occasione per una valutazione sul sacerdozio, soprattutto alla luce della grave crisi vocazionale che sta vivendo il cattolicesimo: “È possibile, come propongono alcuni continenti, aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al presbiterato di uomini sposati?”. Ampio spazio anche al ruolo delle donne nella Chiesa. Una questione di cui si parla da molto tempo, ma sempre senza proposte concrete e incisive. “Le donne – si legge nel documento preparatorio – svolgono un ruolo di primo piano nella trasmissione della fede, nelle famiglie, nelle parrocchie, nella vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti e nelle istituzioni laicali, e come insegnanti e catechiste. Come riconoscere, sostenere, accompagnare il loro già notevole contributo? Come valorizzarlo per imparare a essere una Chiesa sempre più sinodale?”. E ancora: “Tutte le assemblee continentali chiedono di affrontare la questione della partecipazione delle donne al governo, ai processi decisionali, alla missione e ai ministeri a tutti i livelli della Chiesa, con il sostegno di adeguate strutture in modo che questo non resti solo un’aspirazione generale”. Senza dimenticare le violenze emerse scandalosamente negli ultimi anni: “Come nella vita consacrata le donne possono essere meglio rappresentate nella governance e nei processi decisionali, meglio protette da forme di abuso e anche più equamente remunerate per il loro lavoro?”. Con un’indicazione già molto concreta: “La maggior parte delle assemblee continentali e le sintesi di numerose conferenze episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al diaconato. È possibile prevederlo e in che modo?”. Un’ipotesi già a lungo valutata da Francesco.

Nel documento preparatorio, c’è anche un importante mea culpa sulla pedofilia del clero. “In molte regioni – si legge nel testo – le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi: sessuali, di potere e di coscienza, economici e istituzionali. Si tratta di ferite aperte, le cui conseguenze non sono ancora state affrontate fino in fondo. Alla richiesta di perdono rivolta alle vittime delle sofferenze che ha causato, la Chiesa deve unire il crescente impegno di conversione e di riforma per evitare che situazioni analoghe possano ripetersi in futuro”. E ancora: “In molti contesti, le crisi legate agli abusi sessuali, economici, di potere e di coscienza hanno spinto la Chiesa a un esigente esame di coscienza perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, non cessi di rinnovare sé stessa, in un cammino di pentimento e di conversione che apre percorsi di riconciliazione, guarigione e giustizia”. Indicazioni concrete sono già arrivate dalla consultazione che ha preceduto il Sinodo: “I documenti delle assemblee continentali osservano che è necessario mantenere il legame tra conversione sinodale e cura delle vittime e delle persone emarginate all’interno della Chiesa; in particolare danno grande enfasi alla necessità di imparare a esercitare la giustizia come forma di accoglienza di coloro che sono stati feriti da membri della Chiesa, in particolare vittime e sopravvissuti di tutte le forme di abuso”.

Ma il cammino è ancora molto lungo: “Come possiamo continuare a fare passi concreti per offrire giustizia a vittime e sopravvissuti degli abusi sessuali, spirituali, economici, di potere e di coscienza compiuti da persone che stavano svolgendo un ministero o un incarico ecclesiale?”. Senza dimenticare che “in numerose regioni, la fiducia nei ministri ordinati, in coloro che svolgono incarichi ecclesiali, nelle istituzioni ecclesiali e nella Chiesa tutta è minata dalle conseguenze dello scandalo degli abusi compiuti da membri del clero o da persone che svolgevano un incarico ecclesiale: in primo luogo e soprattutto gli abusi su minori e persone vulnerabili, ma anche quelli di altro genere (spirituali, sessuali, economici, di autorità, di coscienza). Si tratta di una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità”. Da qui, la domanda a cui dovranno rispondere i padri e le madri sinodali: “In che modo una concezione del ministero ordinato e una formazione dei candidati più radicate nella visione della Chiesa sinodale missionaria possono contribuire all’impegno per evitare il ripetersi di abusi sessuali e di ogni altro genere?”.

C’è, inoltre, un problema che riguarda la gerarchia: “Le assemblee continentali segnalano anche fenomeni di appropriazione del potere e dei processi di decisione da parte di alcuni che occupano posizioni di autorità e responsabilità. A questi fenomeni collegano la cultura del clericalismo e le diverse forme di abuso (sessuale, finanziario, spirituale e di potere), che erodono la credibilità della Chiesa compromettendo l’efficacia della sua missione, in modo particolare in quelle culture in cui il rispetto dell’autorità è un valore importante”. Per questo motivo, “la richiesta di una riforma di strutture e istituzioni e meccanismi di funzionamento nel senso della trasparenza è particolarmente forte nei contesti più segnati dalla crisi degli abusi (sessuali, economici, spirituali, psicologici, istituzionali, di coscienza, di potere, di giurisdizione). Parte del problema è spesso l’inadeguatezza della gestione dei casi di abuso e questo chiama in causa meccanismi e procedure di funzionamento di strutture e istituzioni, oltre alla mentalità delle persone che operano al loro interno. La prospettiva della trasparenza e della corresponsabilità suscita anche timori e resistenze; per questo è necessario approfondire il dialogo, creando opportunità di condivisione e confronto a tutti i livelli”.

Twitter: @FrancescoGrana

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