“La resistenza a fuoco di un elemento strutturale in acciaio si può migliorare: a) rivestendolo con polistirolo espanso b) rivestendolo con vernici intumescenti c) rivestendolo con cartone pressato”.

“Per materia chimicamente instabile s’intende: a) una sostanza che, se non vengono prese misure particolari si polimerizza o si decomprime in modo pericoloso b) una sostanza che, per azione del calore o per il contatto con le altre materie, può reagire pericolosamente in maniera violenta c) una sostanza che, se non vengono prese misure particolari, si può muovere all’interno dell’imballaggio”.

“Le uscite di sicurezza dei locali devono avere ampiezza multipla di moduli: a) 50 cm b) 45 cm c) 60 cm”

Sono solo alcune delle trenta domande a cui ho dovuto rispondere obbligatoriamente in dieci minuti per essere un maestro in grado di garantire la sicurezza della mia scuola.

In tanti anni di esperienza nessuno mi ha mai chiesto se conoscessi don Lorenzo Milani, Mario Lodi, Alberto Manzi, Maria Montessori, Paulo Freire, Célestin Freinet o Jean Piaget. A nessuno interessa se so fare il maestro e come lo so fare, ma allo Stato interessa dire che tutti rispettano il Decreto Legislativo 81/2008, ovvero che il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire la formazione sulla sicurezza a tutti i dipendenti.

Ma come funziona nella realtà? Il mio datore di lavoro, ovvero il ministero, affida ai dirigenti scolastici il compito di formarmi. In genere le scuole fanno una cordata e un dirigente fa da capofila organizzando un corso per tutti. Non avendo lui chiaramente competenze (a meno che non si tratti di un esperto in materia divenuto preside, caso raro) affida il tutto ad una società esterna che si occupa di sicurezza. Tutti i lavoratori della scuola (quindi insegnanti, collaboratori scolastici e Dsga) devono frequentare corsi di sicurezza specifica della durata variabile di 4, 8 o 12 ore in base al livello di rischio dell’attività lavorativa.

La scuola, secondo il suo codice Ateco, è a rischio medio, per cui il corso di sicurezza specifica dura 8 ore per un totale di 12 ore (sicurezza generale + sicurezza specifica). Il corso ha inoltre durata di 5 anni e prevede un corso di aggiornamento sicurezza specifico di 6 ore. Il corso è organizzato in modo tale che la maggioranza dei docenti lo possa frequentare “furbescamente” e la prova d’esame viene svolta altrettanto con furbizia perché nessun docente, chiaramente (e giustamente), sente la necessità di sapere come si può migliorare la resistenza a fuoco di un elemento strutturale in acciaio.

Siamo di fronte all’ennesima “fuffa” all’italiana. Il Parlamento fa una Legge, tutti fingono di rispettarla e qualcuno ci guadagna. In questo caso, ad esempio, ci ha guadagnato una società che si è intascata 14 mila euro per organizzare questo corso online per undici scuole. Se poi il numero degli edifici scolastici non in possesso dell’agibilità è – secondo gli ultimi dati del rapporto di “Cittadinanzattiva” – di 23.330 (57,90%) e quello delle scuole senza la prevenzione incendi è di 22.130 (54,92%) così come il numero degli edifici privi di collaudo statico è di 16.681 (41,4%) non interessa a nessuno.

Non solo. Le modifiche apportate con la legge numero 215/2021 di conversione del dl numero 146/2021 chiariscono che i dirigenti scolastici sono esentati da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Tra settembre 2021 e luglio 2022 i casi di crolli a scuola sono stati 45 e gli insegnati formati non hanno potuto fare nulla e i dirigenti non avevano certo responsabilità.
D’altro canto non si capisce perché un maestro debba sapere ciò che forse conosce un vigile del fuoco.

Nella scuola il dirigente scolastico, poiché è equiparato al “datore di lavoro”, è il soggetto con rilevanti responsabilità derivanti dagli obblighi di legge cui deve sottostare. Egli nell’esercizio delle sue funzioni ha l’obbligo, in materia di sicurezza e salute, di costituire il servizio di prevenzione e protezione (Spp) al fine di assicurare tutte le misure necessarie per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori facendosi, ove lo ritiene opportuno, affiancare da professionisti esperti del settore. Poiché nella realtà le scuole non operano in un solo edificio, ma sono strutturati in più plessi, il dirigente scolastico individua e nomina per ogni plesso un preposto alla sicurezza (che spesso nemmeno si rende conto dei rischi che corre assumendo quell’incarico pur di compiacere il proprio dirigente). Esiste inoltre l’addetto al servizio di prevenzione e protezione, che può essere individuato tra il personale scolastico che abbia i requisiti e che dia la propria disponibilità – ma qualora non dovesse trovarsi il dirigente può avvalersi di un esperto esterno (profumatamente pagato). Nella maggioranza dei casi è il famoso “ingegnere” che di tanto in tanto viene a simulare le prove di evacuazione già comunque programmate. Lui viene, noi maestri le facciamo per bene e tutto funziona alla perfezione. A lui tocca anche stilare, per quanto di sua competenza, un documento valutativo di tutti gli eventuali rischi presenti nella scuola e le misure preventive e protettive adottate o da adottare e renderlo pubblico a tutto il personale e agli alunni.

Carta, carta e parole e parole vane… Fabula docet: in Italia nessuno ha colpa. Lo Stato ha fatto la Legge, il ministero l’ha attuata demandando ai dirigenti; quest’ultimi hanno fatto fare la formazione ai docenti; gli insegnanti in qualche modo l’hanno pur fatta. L’ingegnere Spp c’è. Le prove vengono fatte. Non c’è spettacolo che funzioni meglio. Poi quando capita un terremoto, un’esondazione, un incendio chissà perché tutti piangono. “Povera patria” cantava Franco Battiato.

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