Nel corso della direzione nazionale del Pd svoltasi lunedì 19 giugno la Segretaria nazionale Elly Schlein, nella sua relazione ha affermato che “l’impossibilità di trovare casa mina il diritto allo studio. Il governo Meloni ha privato le famiglie del fondo contro la morosità incolpevole. Il governo ci ripensi, confermi quei 330 milioni, rilanci l’edilizia popolare” e contestualmente ha annunciato che il 30 giugno il Pd promuoverà una grande iniziativa sulla casa insieme ai sindaci, invitando a partecipare “proprietari, inquilini, società che gestiscono case popolari e studenti, per presentare le proposte del Pd, e arricchendo la discussione con una grande campagna di ascolto in tutti i circoli”. Infine Elly Schlein ha affermato che a settembre il Pd presenterà un nuovo piano per la casa che manca da decenni compresa una proposta di regolamentazione sugli affitti brevi.
Un annuncio e un impegno importante che segna un ulteriore passaggio sulla rilevanza che la questione abitativa sta assumendo nel nostro Paese. A questa iniziativa si affianca la mozione parlamentare sulla condizione abitativa presentata dal Pd e dal M5s, così come la richiesta di avvio di una indagine conoscitiva sulla condizione abitativa presentata fin da febbraio dal M5s, alla Camera dei Deputati.
Contestualmente dovrebbero partire i tavoli promossi dalla Rete Numeri Pari con i partiti di opposizione parlamentare e non (Pd, M5s, Sinistra Italiana, Verdi, Unione Popolare, Prc, Polo progressista) sulla base dei sette punti dell’Agenda sociale, e tra questi il tavolo sulle politiche abitative che sarà coordinato per la Rete dei Numeri Pari da Unione Inquilini.
Pochi giorni fa, l’Istat che ha reso noto come in Italia siano a rischio povertà ben 14,3 milioni di persone e sempre l’Istat, nell’ultimo rapporto sulla povertà, affermava che ben 890.000 famiglie sono in locazione con redditi da povertà assoluta. Nelle scorse settimane gli studenti con le loro tende hanno denunciato il caro affitti e, in questo, una evidente limitazione al diritto allo studio. Come non ricordare le centinaia di migliaia di famiglie in lista d’attesa per una casa popolare.
Si tratta di un tema che non può essere affrontato con le modalità e le proposte degli ultimi venticinque anni.
Si tratta di cambiare passo e si deve tornare ad avere una congrua presenza di case di edilizia residenziale pubblica e fare un severo esame sulla politica di finto social housing attuata fino ad oggi. Social housing pubblico-privato del quale non si sa nulla: quanti alloggi realizzati, assegnati a chi, a famiglie con quali redditi effettivi, insomma nessuna analisi di costi rapportati ai benefici.
Non si tratta di tornare al Piano Fanfani, oggi irrealizzabile, per il semplice motivo che non ci sono le aree disponibili di sessanta anni fa, ora anche troppo cementificate. Si tratta di definire un Piano casa che intende rispondere al fabbisogno reale delle famiglie italiane, dei giovani, dei poveri, degli studenti, non al fabbisogno speculativo. Deve aumentare l’offerta di alloggi a canone sociale di edilizia residenziale pubblica, fondata sul riutilizzo dell’esistente lasciato degradare a partire da quello pubblico, ma anche di contrastare il degrado di interi immobili privati lasciati a marcire come buchi neri nelle nostre città, cattedrali di una speculazione edilizia oggi nel terzo millennio non più accettabili.
Si tratta di regolamentare decentemente le locazioni brevi, oggi senza alcuna limitazione dei b&b, contrastando quella idea incostituzionale del “l’immobile è mio e ci faccio quello che voglio io”, incostituzionale perché l’articolo 42 recita: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
Non c’è nessuna parte del mondo, tranne l’Italia, in cui si consenta ad un proprietario di destinare quattro appartamenti a b&b ma senza che questa sia definita attività imprenditoriale. Non c’è nessuna parte del mondo in cui ad attività di b&b è associata una flat tax del 21%, del resto come l’assurdità economica di dare la stessa flat tax a chi affitta a libero mercato. Questo insieme alla assurda rincorsa al caro affitti, con locazioni alle quali oggi sono disponibili solo famiglie e giovani con redditi medio bassi e precari, sono parte attiva e responsabili della condizione abitativa nel nostro Paese e della imperante precarietà abitativa, frutto essenziale di politiche liberiste.
Forse sta entrando definitivamente nell’Agenda politica la questione abitativa, sperando che non sia un fuoco di paglia estivo, seguiremo passo dopo passo tutte le iniziative, ma sia chiara una cosa: si tratta di determinare una netta discontinuità e inversione delle politiche attuate fino ad oggi e sulle quali anche chi oggi avvia percorsi di iniziativa qualche responsabilità ce l’ha, quando è stato al governo e quando ha governato e governa negli enti locali. Vogliamo dare fiducia a questi atti ma non è una cambiale in bianco.