Si è aperta decisamente nel segno del silenzio, con l’ambiguità del caso, la Biennale Teatro Emerald, che terrà banco a Venezia fino al 1° luglio. Novantacinque minuti di pura poesia, senza che nemmeno una parola venga mai pronunciata, sono la prima bella notizia da registrare, a proposito dello spettacolo ‘Het Land Nod’ (La Terra di Nod) del collettivo belga FC Bergman (insignito con il Leone d’Argento): una performance davvero esplosiva, non solo figurativamente per quel che accade nella sala del museo di Anversa ricostruita dov’è ambientata, ma anche in termini di rinnovamento e pregnanza del linguaggio teatrale.
IL GOVERNO LATITANTE – È stata invece di un silenzio assordante la quasi totale ‘buca’ data dalla classe politica alla premiazione ufficiale di sabato 17 giugno, considerando che l’assegnazione dei Leoni è pur sempre un evento istituzionale di rilievo dell’ente pubblico culturale e artistico forse più importante d’Italia, e avendo presente in particolare l’alto valore sociale del Leone d’Oro 2023, assegnato ad Armando Punzo, regista e autore della Compagnia della Fortezza del Carcere di Volterra. Con signorilità l’attuale presidente della Biennale, Roberto Ciccuto, ha voluto comunque ringraziare le massime autorità politiche presenti, ovvero l’assessore alla Cultura del Comune di Venezia e il sindaco di Volterra. Sic.
E dire che il ministro della Cultura, il suo sottosegretario per ‘lo spettacolo dal vivo’ e altri esponenti del nuovo potere, la sera precedente la cerimonia veneziana della Biennale Teatro, si sono mostrati festanti alla prima dell’Aida a Verona; s’aggiunga che, dal ministro della Giustizia, cui competono anche le carceri, alla responsabile per le Riforme, sono numerosi i rappresentanti del governo eletti e residenti in Veneto, che per il week end in genere sono già in zona. In genere è cura addirittura del Presidente del Consiglio delegare qualche rappresentante per le cerimonie della Biennale, l’altr’anno per il Teatro era presente il ministro dell’Istruzione, perché chissà dov’era distratto il responsabile della Cultura Franceschini (probabilmente a fare disastri anche nel Pd…).
RICCI E’ MENO FORTE – Con Ciccuto in scadenza e un Fratello d’Italia in arrivo, avrebbero ancora un’altra edizione da allestire i due curatori Stefano Ricci e Gianni Forte, non più tanto ‘ricciforte’ come si firmavano, perché freschi di annuncio ufficiale di separazione. Ma, stando a quel che si vede, Forte ha esaurito un po’ la carica e Ricci persino i look eccentrici da sfoggiare: qualche maliziosa notava che il completino rosa pallido con pantaloni corti, esibito alla cerimonia, era lo stesso già indossato alla Biennale del 2022 (di certo almeno il sandalo Prada era nuovissimo). Battute a parte, dopo la poetica visione di ‘Naturae’ di Punzo con i suoi attori carcerati (più alcune donne, per esempio due attrici e la costumista, che arrivano da fuori le mura della Fortezza prigione volterrana), le fortunate avanguardie del pubblico e gli addetti ai lavori sono letteralmente volati tra le stelle con lo spettacolo di FC Bergman. Allestito in un magazzino della periferia industriale di Marghera, in una via non casualmente dell’Idrogeno (i cui ioni pervadono il cosmo sopra di noi), ‘La Terra di Nod’ è un racconto fiabesco che evoca in qualche modo la complessa vicenda della ristrutturazione del museo di Anversa, colpito dai bombardamenti durante la II guerra mondiale.
UN MUSEO VA IN PEZZI, E’ L’EUROPA – Tutto parte dal problema dello spostamento della gigantesca ‘Crocifissione con Lancia’ dalla sala Rubens: man mano, con una felicissima concatenazione di scene in cui si possono leggere le citazioni esplicita di ‘Band a part’ di Godard e implicite di un certo cinema muto, di Jacques Tati e del teatro-danza di Pina Bausch, va tutto in pezzi e la potente raffigurazione cristiana viene trascinata fuori. La forza straordinaria di questo spettacolo visionario – come un po’ tutta la produzione del collettivo FC Bergman – è il risultato coerente pur in un percorso che osa sempre sul limite: non si sente una parola ma tanti rumori, è kolossal e insieme minimalista, comico ma a tratti atroce, così grottesco eppur pieno di grazia. Alla fine ‘Het Land Nod’ non vuole dire niente in modo esplicito, ma mette a fuoco perfettamente la crisi della nostra identità culturale e dell’Europa stessa. Si potrebbe citare, per dare un riferimento, ‘Prova d’orchestra’ di Federico Fellini, ma l’Italia in realtà non ha proprio niente a che spartire – e lo hanno ribadito gli stessi artisti belgi alla cerimonia per i Leoni – con questo genere di teatro e di spettacolo europeo davvero nuovo. Purtroppo la nostra scena è rimasta indietro, troppi soldi pubblici vanno ai soliti noti che non vogliono nemmeno provarci a cambiare. Commentava al ritorno in motoscafo il saggio decano della critica teatrale Enrico Fiore: ‘Si vede che questi ragazzi studiano, per davvero, faticano e studiano, cosa che nel teatro italiano non vuole quasi più fare nessuno’.
- Foto Kurt Van Der Elts