Va avanti, ma senza il sostegno dell’Italia e di altri sei Paesi, l’iter legislativo che deve portare all’approvazione del regolamento Ue sul Ripristino degli ecosistemi. Il Consiglio Ambiente dell’Ue, riunito a Lussemburgo, è riuscito ad adottare a maggioranza qualificata la sua posizione sul provvedimento che mira a mettere in atto misure di recupero per almeno il 20% delle terre emerse, il 20% delle aree marine dell’Ue entro il 2030, per poi arrivare a tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Hanno votato contro Italia, Polonia, Belgio, Paesi Bassi, Austria e Svezia, a favore 21 Paesi. Gli Stati membri negozieranno così con l’Europarlamento che, il prossimo 27 giugno, dovrà a sua volta trovare una maggioranza per votare la sua posizione negoziale in commissione Ambiente. Impresa già fallita giorni fa e sfociata nella paralisi dei lavori. D’altronde, si tratta di uno dei testi simbolo del Green Deal europeo e su cui, per questo, si sono focalizzate negli ultimi mesi anche le critiche degli oppositori alle proposte della Commissione. Basti pensare alle parole del ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui “serve un provvedimento cruciale”, ma che sia “sostenibile da tutte le categorie interessate, come per i settori dell’agricoltura e della pesca”. “Il testo, così com’è – ha detto – non fornisce le necessarie garanzie di efficacia e applicabilità”. Ma questo testo e il suo contenuto sarà cruciale per l’applicazione dell’accordo di Montreal-Kunming sulla biodiversità siglato a dicembre 2022.
La proposta della Commissione Ue – Il progetto di regolamento presentato dalla Commissione europea a giugno 2022 proponeva di passare dalla protezione al recupero degli ambienti naturali attraverso Piani nazionali e obiettivi sia generali, sia per specifico ecosistema. Da quelli sugli oceani, a quelli che riguardano le aree agricole e le città. Il testo presentato dalla presidenza svedese del Consiglio Ue aveva già ridimensionato le ambizioni della Commissione. La proposta stabilisce, comunque, obiettivi specifici e obblighi giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura nei vari ecosistemi. Di fatto, sono diversi i Paesi che non si sono accontentati della ‘revisione’.
L’opposizione al testo – A iniziare dall’Italia. “Le risorse necessarie per l’attuazione del regolamento devono essere chiarite e disponibili prima che lo stesso entri in vigore” ha dichiarato il ministro Pichetto Fratin. Ma non è l’unico caso. Contro non solo la Polonia, ma anche Finlandia, Paesi Bassi e persino la Svezia, che non ha sostenuto il testo elaborato dalla sua stessa presidenza. Austria e Belgio, infine, si sono astenute per problemi di attribuzione di competenza dei diversi livelli di amministrazione.
La situazione all’Europarlamento – Il tutto a circa una settimana dal caos generato all’Europarlamento, dove c’è una vera e propria prova di forza tra chi vuole bocciare la proposta, come Conservatori (Ecr), Popolari (Ppe), liberali olandesi e tedeschi parte di Renew e chi vuole, invece, approvarla. Tra questi, i Verdi, gli S&D, la Sinistra e il resto dei liberali, principalmente francesi. Se da un lato, è mancata la maggioranza a favore del rifiuto integrale del regolamento, come ha sottolineato il presidente Pascal Canfin, la Commissione Ambiente dell’Europarlamento è rimasta paralizzata davanti a oltre 2.500 emendamenti, divisa esattamente a metà (44 contro 44).
L’Italia dice no. E si spacca – E mentre Canfin ha definito il voto in Consiglio Ue “una grande vittoria del Green Deal”, ricordando che “quattro ministri del Ppe su sette e sei governi che includono il Ppe su nove hanno sostenuto il testo”, in Italia ci si spacca. “Bene ha fatto oggi il governo italiano ad esprimersi contro il testo” ha detto Massimiliano Salini (Fi, Ppe), che attacca Frans Timmermans e l’ostinazione “insensata con cui la Commissione Ue presenta proposte basate su assunzioni ideologiche”. Anche Coldiretti e Filiera Italia appoggiano la posizione assunta dal governo. Contrarie, invece, le associazioni ambientaliste, secondo cui il testo non è allineato con gli obiettivi e le ambizioni dell’Unione europea. Per l’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, l’Italia si posiziona “lontana dai Paesi con i quali storicamente ha affrontato le più coraggiose battaglie in campo ambientale”.