Cultura

Maturità 2023, Dacia Maraini racconta l’amore con Alberto Moravia: “Pensavano tutti fosse oscuro ma era un uomo solare, di grande comicità. La sua onestà intellettuale mi ha segnato”

“Credo che la sua opera sia di grande attualità. Moravia è stato il primo esistenzialista europeo, è arrivato prima di altri che hanno seguito il suo atteggiamento di guardare la realtà senza pretendere di giudicarla, senza nessuna spiegazione ideologica. Nella sua osservazione a distanza il giudizio è preso alla lontana e ne “Gli indifferenti” introduce questo sistema: l’ha creato lui", le parole della scrittrice

Mentre i maturandi sono ancora alle prese con la prima prova dell’esame di maturità, la scrittrice Dacia Maraini commenta le tracce scelte dal Ministero dell’Istruzione tra cui troviamo: Salvatore Quasimodo, Oriana Fallaci, Piero Angela e Federico Chabod, insieme a un autore contemporaneo come Marco Belpoliti. E per l’analisi del testo è stato scelto anche “Gli indifferenti” di Alberto Moravia, uno dei grandi amori della Maraini.

Signora Maraini, che ricordo ha di lui?
“Credo che la sua opera sia di grande attualità. Moravia è stato il primo esistenzialista europeo, è arrivato prima di altri che hanno seguito il suo atteggiamento di guardare la realtà senza pretendere di giudicarla, senza nessuna spiegazione ideologica. Nella sua osservazione a distanza il giudizio è preso alla lontana e ne “Gli indifferenti” introduce questo sistema: l’ha creato lui. Oggi, curiosamente viviamo una situazione simile in cui il rapporto con la realtà è frantumato, non passa più per le ideologie, è un confronto esistenziale in cui ognuno passa per la realtà. Questo, è quanto ho da dire sul piano letterario. Su quello personale, Alberto era una persona generosa, sensibile, anche di grande comicità ma siccome aveva queste sopracciglia grosse pensavano tutti fosse sempre aggrondato, oscuro mentre era un uomo solare, un grande conversatore con grande senso di affabulazione. Quando lui parlava, stavamo tutti ad ascoltare con grande interesse. Era il contrario di ciò che sembrava, per niente crucciato o nemico del mondo ma estremamente amico di tutti”.

Ha influenzato anche la sua produzione letteraria?
“Venendo da una famiglia scrittori, il mio più grande ispiratore è stato mio padre. Mia nonna scriveva romanzi, io stessa ho cominciato a 13 anni sul giornale della scuola e a 17 ho buttato già il mio primo libro pubblicato dopo i 20. Le influenze di Alberto su di me sono profonde ma un altro piano, è stato un esempio rispetto alla società, sull’avere idee chiare, criticare il potere e stare sempre dalla parte dei perdenti e di chi subisce ingiustizie. La sua onestà intellettuale mi ha segnato”.

Condivide con noi un ricordo della sua maturità?
“Fu un giorno molto infelice. Mi chiesero di Dante, dandomi un libretto di appena due centimetri da commentare. Mi chiesero di parafrasare una frase, ma ero nervosa, tremavo e il libretto mi scivolò dalle mani. Ero inquieta, a stento riuscì a leggerlo tanto era minuscolo. Si basava tutto sulla memoria e io non ho mai apprezzato la scuola mnemonica come era a quell’epoca. Del resto, non ho mai avuto una buona memoria. Penso e spero che ora la scuola sia cambiata”.

Tra le tracce di tipo argomentativo ci sono Chabod, Piero Angela con il suo libro-testamento e Oriana Fallaci con “Intervista con la storia”. Qual è stata, secondo lei, la loro eredità?
Oriana Fallaci è stata una grandissima giornalista e una donna coraggiosa, sempre in prima linea e questo cos’è se non coraggio vero? Scriveva dalla trincea, andava nei focolai di guerra e questo le va riconosciuto. Su alcune idee eravamo in disaccordo ma l’ho sempre stimata. Vale la pena riconoscere e rileggere meglio i suoi libri. La sua è stata la prima narrativa sul campo, la apprezzo molto come donna ed è stata importante per la nostra letteratura, un esempio di vita. Angela è stato un divulgatore meraviglioso, capace di parlare sia agli ignoranti che ai colti e questa è una grandissima capacità. I suoi programmi potevano vederli sia il contadino analfabeta che l’uomo colto. Su Chabod non mi esprimo perché l’ho letto più di 20 anni fa, dovrei rileggerlo”.

Tra le tracce storico-critiche c’è un autore contemporaneo, Marco Belpoliti con il suo “Elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”. Cosa ne pensa?
“Credo sua utile porre ai ragazzi una riflessione sul valore dell’attesa. Bisogna guardare per terra per camminare, il cammino umano prevede strade disastrate e difficili, ci sono delle buche, la corsa non è adatta all’esistenza umana. Ma si vuole tutto e subito. La cultura del consumismo per cui buttiamo via tutto molto presto, non la si può applicare alla vita. Non consumiamo solo oggetti ma anche sentimenti, passioni, ideologie. È il momento di recuperare un rapporto più attento e profondo con la vita. Ma la verità, secondo Belpoliti, è che “l’attesa ha a che fare con l’unica cosa che ci spaventa davvero: la nostra morte”. Eppure la morte fa parte della vita. Non deve diventare un’ossessione ma bisogna essere consapevoli del fatto che esiste”.

Lei, quale traccia avrebbe scelto oggi?
“Io avrei scelto Moravia, perché lo conosco. È stato un uomo meraviglioso, mi fa piacere ricordarlo”.