“Quest’anno alla maturità c’era da lavorare con piacere”. Diego De Silva non si sottrae all’analisi delle tracce del tema di maturità 2023, anzi. L’autore di Terapia di coppia per amanti e della saga dell’avvocato Malinconico (Non avevo capito niente è stato finalista del Premio Strega) si sarebbe gettato a capofitto e con piacere tra i fogli protocolli timbrati dal Ministero. “Avrei scelto Gli indifferenti o meglio sarei stato indeciso tra la traccia su Moravia e quella su Belpoliti”, spiega De Silva a FQMagazine. “Sarei rimasto mezz’oretta a scegliere. Avrei tentato di fare due incipit e avrei seguito quello che trovavo più rispondente al bioritmo della giornata e della situazione. L’elogio dell’attesa mi interessa come tema anche se su Moravia avrei scritto un trattatello. Gli Indifferenti è uno dei libri fondamentali della mia vita di scrittore e lettore”
Partiamo da Belpoliti: Elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp. Il candidato De Silva può cominciare.
“L’attesa è una forma di differimento della felicità. E credo che la felicità risieda più nel differirla che nell’averla. È la prospettiva che conta. È una condizione anche molto giovanile: è importante avere un desiderio da inseguire indipendentemente dal realizzarlo. Ecco, io avrei ragionato su questo. L’attesa inoltre comporta la gestione della noia. Tema sempre molto attuale. Se pensiamo alle giovani generazioni viste come una banda di stressati che si spinge sempre oltre in imprese irresponsabili: ecco, questa è incapacità di gestire la noia. Ma la noia è sempre esistita, nelle relazioni e nel rapporto con il mondo”.
Moravia ne sapeva qualcosa…
“Ah, La Noia è un altro suo capolavoro. Sono categorie che hanno interessato molto Moravia: partendo dal piano psicologico per poi inevitabilmente andare a finire nello scontro tra classi. Sono condizioni vissute diversamente a seconda dell’appartenenza alla società”.
Nella traccia su Belpoliti il vero soggetto che aggiorna la riflessione sulla noia è whatsapp: dieci anni fa il tempo vuoto dell’attesa di un trillino per un messaggio nemmeno esisteva…
“È qualcosa che ha condizionato una serie infinita di comportamenti abitudinari, ad esempio la lettura oggi diventata una questione più rapsodica: non abbiamo più la capacità di approfondire, svolazziamo sulle cose. Questo atteggiamento dipende anche da un rapporto sbagliato ed isterico con il sé”.
Su Gli indifferenti avresti scritto un trattatello…
“Sarei partito scandagliando gesti e micromovimenti dei personaggi e poi sarei passato al conflitto tra loro. Moravia è stato il primo scrittore italiano che ha scomposto i gesti nella corrispondenza di sentimenti e reazioni emotive. Ad esempio Agostino è un piccolo suo racconto, ma è un condensato di scrittura strepitosa in cui scopri che la letteratura quando è vera ha questa grandissima capacità di svelamento delle reali intenzioni e a volte delle motivazioni e dei gesti di cui sono inconsapevoli i personaggi stessi. Moravia sbatte i suoi personaggi in situazioni di ordinaria estremità per farli reagire e definirli”.
Il romanzo antiborghese di Moravia mostrava la divisione e la differenza tra classi socioeconomiche figlia dell’epoca marxista: come si può attualizzare questo elemento così cruciale?
“Oggi la sfida è molto alta. Nel senso che questa dicotomia non è più proponibile. La massificazione culturale e consumistica rende questa distinzione, pur se vera nei fatti, narrativamente retorica. Se un autore oggi sposa apertamente una parte, o una questione di principio moralmente ineccepibile fa un’operazione facile. Il regno di uno scrittore è sempre la contraddizione. Uno scrittore sta bene lì dove le cose non sono chiare e rappresentabili. Lo scopo, come diceva l’amico e compianto Giuseppe Pontiggia, è di recuperare l’incomprensibilità delle cose e non la loro riduzione a schemi semplici. Oggi bisogna entrare nei meccanismi della complessità. Prima parlavamo di come la tecnologia ha modificato il nostro vissuto e raccontarlo è una bella sfida. Perché scrivere un romanzo su una società così ingiusta, frammentata, composita, è impresa ardua. Il problema poi è essere letti. Non sappiamo nemmeno più cosa significhi leggere. La media dei giovani ha un rapporto svolazzante con la lettura. Vogliono l’abstract. La nostra generazione invece chiedeva alla letteratura approfondimento, riflessione, criticità, dubbio”.
Diego De Silva e il suo esame di maturità
“Me lo ricordo perfettamente. Seguii la traccia su Ignazio Silone. “Non esistono più frontiere della pace e della verità. Queste frontiere passano all’interno di ogni paese e all’interno di ognuno di noi”. Quando la lessero ci fu momento di gelo, ma io mi illuminai. Quel “passano” per me fu la chiave di volta. Mi diede subito l’impressione della transitorietà. In un’ora finii. Mi ricordo che a un certo punto citai pure Quasimodo”.
Che anno era?
“Il 1982. L’estate dell’Italia campione del mondo. E ricordo che c’era un membro interno che lesse la frase “il candidato commenti la frase di I Silone”. Disse proprio I Silone, e non Ignazio Silone. Dall’ultimo banco in questo lungo corridoio urlai: Ignaziooo. Questa ignorante come una capra era l’insegnante d’inglese, ignorante anche nell’insegnare l’inglese”.