“Questo ritardo del Senato mi preoccupa. Ci sono stati vari tentativi di stoppare questa commissione di inchiesta su Emanuela e non riesco a capirne il motivo”: Pietro Orlandi esprime a IlFattoQuotidiano.it le sue preoccupazioni sull’ennesimo rinvio del Senato sulla proposta di una commissione di inchiesta per fare luce sulla scomparsa di sua sorella Emanuela, avvenuta esattamente 40 anni fa. “Alcuni deputati hanno fatto dichiarazioni imbarazzanti per non parlare dei giornalisti hanno fatto addirittura degli appelli ai senatori per cassare questa inutile commissione. Sin dall’inizio ho avuto il totale appoggio da parte di Camera e Governo attraverso Lorenzo Fontana, Ignazio La Russa e Alfredo Mantovano. Avevo sentito la vicinanza da parte delle istituzioni – sottolinea -. Fontana mi telefonò a casa dopo il voto unanime favorevole della Camera, era contento. Da parte del Governo fu anche fatta una nota stampa di totale appoggio a questa commissione, ora mi chiedo perché al Senato ci siano senatori che si oppongono al voto favorevole di deputati della stessa forza politica”.
Il senatore di Fratelli d’Italia Andrea Priamo ha chiesto due settimane di tempo prima di arrivare alla votazione degli emendamenti e il presidente della commissione Alberto Balboni, sempre di Fratelli d’Italia, ha ridotto il rinvio a una settimana. Alla Camera Fratelli d’Italia non solo aveva appoggiato ma persino presentato la proposta di una commissione d’inchiesta per Emanuela. Adesso proprio loro chiedono un rinvio di due settimane per decidere. “Forse – aggiunge il fratello della ragazza scomparsa – è necessario un intervento da parte del presidente Giorgia Meloni. Immagino abbia molte questioni di cui preoccuparsi, si dà molto da fare ma forse dovrebbe chiarire questa anomalia: perché il suo partito da una parte appoggia la commissione d’inchiesta per Emanuela e dall’altra no. Io la stimo moltissimo, da prima che diventasse presidente, è una donna determinata. Certo, con tutti problemi che ha, capisco che questa questione passi in secondo piano ma non riesco a trovare una spiegazione a questo rinvio. Perché questa discussione? Perché non farla passare? Si stanno mettendo contro il Governo”.
Tra le ragioni del rinvio della commissione, anche la richiesta di audizioni. Queste audizioni ci sono state e ad essere ascoltato è stato anche il promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi che lo scorso gennaio ha aperto un’inchiesta, la prima dopo 40 anni, sulla cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983. “È stato un brutto segnale da parte del vaticano – conclude Orlandi – e da parte del promotore di giustizia del Vaticano che ha fatto ben capire, quel giorno in aula, che il Vaticano non gradisce questa commissione e la considera addirittura “un’intromissione perniciosa”. Come possono parlare di intromissione verso un Parlamento che vuol solo dare una mano ad aiutare a capire cosa è successo? Il Vaticano non sembra gradire questa commissione ma se il Parlamento fa un passo indietro è come se accettasse questa imposizione e non sarebbe una bella cosa, no”.
Proprio ieri, il promotore Diddi ha dichiarato a LaPresse di “essere molto deluso da Pietro, dall’atteggiamento nei miei confronti”, ribaltando il ruolo di Pietro Orlandi da vittima di un’ingiustizia a colpevole. Parole a cui ha replicato l’avvocato della famiglia Laura Sgrò ieri, nel corso della presentazione del suo libro “Cercando Emanuela”: “Se il Promotore di Giustizia – ha detto Sgrò a FQ – si dichiara “deluso” dal comportamento di Pietro Orlandi dopo appena pochi mesi dall’apertura di una inchiesta mi chiedo come definire il sentimento di una famiglia che cerca un familiare e attende risposte da quattro decenni da chi non ha mai pensato, fino a ora, di dare risposte. Mi sorprende poi, che chi indaga, che dovrebbe essere terzo e imparziale, commenti pubblicamente con sentimenti così netti i post di un familiare di una vittima. Non credo giovi alla ricerca di Emanuela. E invece, è solo a Emanuela che dobbiamo pensare”.
Sul ruolo di Diddi intanto è calata un’aura controversa dopo l’articolo pubblicato dal quotidiano Il Domani, due giorni fa, in cui si mette in luce il conflitto di interessi poiché oltre ad essere promotore di giustizia della Santa Sede, è anche avvocato nello stato italiano. “Difendo presunti mafiosi, e sono fiero di assistere le persone imputate di 416 bis. Il mio datore di lavoro ne è consapevole”: Diddi in passato ha difeso Buzzi imputato insieme a Carminati, vicino alla Banda della Magliana, più volte tirata in ballo nel rapimento di Emanuela Orlandi e di cui lo stesso Diddi ha subito minimizzato il ruolo in un’intervista, mesi fa.
Intanto, l’ufficio del Promotore di giustizia dello Stato vaticano ha fatto sapere in una nota che “in merito alla vicenda di Emanuela Orlandi, nei mesi scorsi questo ufficio ha raccolto tutte le evidenze reperibili nelle strutture del Vaticano e della Santa Sede, anche cercandone attestazione tramite conversazioni con le persone responsabili di alcuni uffici all’epoca dei fatti. Ha proceduto all’esame del materiale confermando alcune piste di indagine meritevoli di ulteriore approfondimento e trasmettendo tutta la relativa documentazione, nelle scorse settimane, alla procura di Roma, perché questa possa prenderne visione e procedere nella direzione che ritiene più opportuna”. E ancora: “Il Promotore proseguirà la sua attività in questo senso nei mesi a venire, vicino al dolore della famiglia di Emanuela e consapevole della sofferenza che si prova per la scomparsa di un congiunto”, aggiunge la dichiarazione dell’Ufficio del promotore di giustizia, trasmessa dalla Sala stampa della Santa sede in risposta alle domande dei giornalisti.