Una confessione a cuore aperto e lontana dai cliché, di quelle destinate ad aprire un dibattito, quella che Emma fa sulla maternità a Michela Murgia su Vanity Fair. “Non mi sono mai immaginata madre. Ci sono stati momenti in cui mi sono detta: se arriva arriva, i figli si fanno anche per incoscienza, ma non era un mio obiettivo”
Che Emma Marrone non abbia paura di metterci la faccia, di esporsi mettendo in conto il rumore di fondo delle critiche più inutili, fa parte del suo dna. Di persona prima che di artista. Pezzo di cuore, citando il titolo di una sua canzone, ma soprattutto di anima. Quella che emerge nella lunga intervista concessa a Michela Murgia per Vanity Fair, in cui traspaiono nemmeno troppo in controluce le sfumature più delicate di Emma, quelle meno conosciute o semplicemente meno manifestate. Grinta da ariete (“Io non volevo fare la cantante, volevo fare la cantante famosa”, ammette) che nasconde un’anima di seta e qualche cicatrice. Di quelle che continui a sfiorare sottopelle, mentre l’occhio non le vede più.
EMMA MARRONE, L’AMORE E LA REALIZZAZIONE PROFESSIONALE
“Sono single, ma non sola, ho tante famiglie”, ammette parlando della sua vita sentimentale. Con una dichiarazione che dice tutto del suo modo di intendere e vivere l’amore e le relazioni sentimentali: “Il mio scopo nella vita è realizzare me stessa, non trovare un partner. Certo, sono fatta di carne e ci sono sere in cui mi piacerebbe trovare qualcuno a casa ad attendermi, banalmente anche nel letto, ma questo sentimento non mi spinge mai a pensare che andrebbe bene chiunque. Sono single, ma non sola, ho tante famiglie”, spiega. Famiglie che sono la sua comunità di affetti, le sue amicizie più intime: “Dopo tanti anni considero famiglia anche quella professionale, perché i legami che si creano lavorando insieme sono fortissimi e io sono una persona fedele agli affetti. Col trasferimento a Roma mi sono poi costruita un gruppo di amicizie intime, quattro persone, che sono il mio rifugio e su cui so che posso contare sempre. Per carattere posso stare senza compagno, ma non senza una comunità di affetti. Poi trovare un uomo mica è facile”.
L’EREDITÀ DEL PADRE E QUELL’ULTIMO ENORME REGALO
La Emma più intima arriva quando parla del padre Rosario, infermiere e musicista, morto lo scorso anno per una leucemia. “Non era solo padre per me, ma anche figlio, amico, compagno di avventure”, ammette. Fu lui il primo a credere nel talento di Emma. Per lei è stato un modello e l’ha cresciuta con il suo esempio di “giustizia e generosità” (ecco perché, spiega, ci mette sempre la faccia quando c’è una battaglia in cui crede e perché si espose a proposito della nave umanitaria Sea Watch). Poi racconta cos’accadde poche ore prima della sua morte: “Io ero via un paio di giorni, l’avevo sentito la sera prima, ‘prendo un volo domattina e alle 13 sono già con le gambe sotto al tavolo’. Ti aspetto, mi ha risposto. Invece al mattino era morto. Quando ho visto il numero di mio fratello ho capito subito, dall’altra parte sentivo le urla di mia madre, è stato terribile. E io non c’ero”. Ma non vive il senso di colpa: “Non ho rimpianti. Credo anzi che sia un suo regalo. Sentiva che sarebbe morto e sono convinta che mi abbia voluto risparmiare dalla sua morte, in modo che lo ricordassi vivo e felice nella chiamata della sera prima”.
LE PAROLE NETTE SULLA MATERNITÀ (ANCHE DA SINGLE)
Ed è una confessione a cuore aperto e lontana dai cliché, di quelle destinate ad aprire un dibattito, quella che Emma fa sulla maternità. “Non mi sono mai immaginata madre. Ci sono stati momenti in cui mi sono detta: se arriva arriva, i figli si fanno anche per incoscienza, ma non era un mio obiettivo”. E confessa di aver dovuto fare i conti la malattia (un cancro uterino, due recidive), che però non le ha precluso la possibilità di diventare mamma: “La prima volta l’ho presa come un fatto che poteva capitare, con le altre è stato più complicato, l’ho curato ma poi ho detto: basta, leviamo l’ovaia. Potrei ancora avere un figlio, ma la priorità per me è la musica”. Non esclude la possibilità di ricorrere alla gestazione per altri, ma precisa: “Non ho resistenze ideologiche, ma la scelta ce l’ho: se volessi potrei ancora farlo da me con la fecondazione. In Italia però devi essere per forza una coppia ed è una visione della genitorialità medievale. Perché devo avere un partner per essere madre? Prima ti dicono: non fate abbastanza figli, poi provi a farli e ti mettono mille ostacoli”.