Shahzada Dawood e Suleman Dawood, il ragazzo 19enne morto sul sottomarino Titan per far contento il padre, in realtà non avrebbero dovuto trovarsi sul sommergibile imploso domenica durante la sua discesa negli abissi per vedere il relitto del Titanic. Il comandante della missione, Stockton Rush, aveva infatti tentato di vendere i biglietti al finanziere di Los Angeles Jay Bloom e a suo figlio 19enne. Dai messaggi intercorsi dai due uomini d’affari, resi pubblici solo ora dai media americani, si vede Rush offrire un prezzo last-minute di 150mila dollari a testa – il costo standard era di 250mila dollari a persona – e Bloom che rifiuta. Il motivo della rinuncia? Ovviamente i dubbi sulla sicurezza.
Cerchiamo di capire meglio. A febbraio l’amministratore delegato di OceanGate aveva chiesto al finanziere di prendere parte alla spedizione esplorativa del relitto del Titanic insieme al figlio Sean. Tuttavia, il ragazzo, dopo aver parlato con degli amici, aveva spiegato al padre che potevano esserci dei problemi di sicurezza, pensando però più che altro ad attacchi di squali o balene.
Paure che Stockton ha cercato di colmare in tutti i modi, senza successo, durante una videochiamata, affermando: “Anche se ovviamente c’è un rischio, è molto più sicuro che volare in elicottero o attraversare la strada, e in 35 anni non c’è mai stato un incidente in un sottomarino non militare”. Bloom cosa ha risposto? “Gli ho detto che a causa di “impegni” non saremmo potuti andare fino all’anno prossimo”, riferiscono i media americani. Quindi il drammatico epilogo: “I nostri posti sono andati a Shahzada Dawood e a suo figlio Suleman Dawood, 19 anni, due degli altri tre che hanno perso la vita durante l’escursione, il quinto era Hamish Harding”.