di Enzo Marzo
L’ultimo gradino. C’era ancora da sopportare un ultimo gradino. Così abbiamo visto, concentrato in pochi giorni, il dispiegamento di tutta l’ipocrisia, la piaggeria, la malafede e il servilismo delle classi dirigenti politiche e culturali compromesse per trent’anni dal regime berlusconiano. E la santificazione finale del lutto nazionale (finora toccata soltanto a tale Camillo Benso, conte di Cavour) cercherà di pietrificare la narrazione degli apologeti e l’esaltazione di disvalori al bando in ogni democrazia liberale, obliando le volgarità, le porcherie politiche che le nuove generazioni, non vivendo se non nella ricomposta bolla Raiset, possono prendere assolutamente per normali in un paese civile. E sarà l’ultimo gradino. L’ultimo gradino si chiama “paradosso”, ed è fatto per esempio dall’omaggio al Cavaliere “liberale rivoluzionario” reso unicamente da un nemico dichiarato della “democrazia liberale” come Orban o dalla ristretta crema dei dittatori mondiali. Non meno paradossale è stata la bandiera a mezz’asta delle caserme di Guardia di finanza in onore di un pregiudicato frodatore fiscale. E, come spesso accade, molti sono inciampati proprio sull’ultimo gradino, davvero eccessivo, e sono rotolati nel ridicolo, trasformando una vicenda certamente non lieta in una farsa ridanciana.
Invece, se il nostro paese si vorrà rialzare dal pozzo in cui sguazza, dovrà far studiare nelle scuole, gradino dopo gradino, la discesa verso l’inciviltà politica assoluta che abbiamo vissuto tutti. Giorno dopo giorno. No, quella che abbiamo vissuto non è stata la normalità in un paese civile, non ci si può arrendere a questa menzogna. Certo, nel mondo occidentale c’è la corruzione, la truffa, l’arroganza del potere, ma se vengono scoperte sono sanzionate. Nel discorso pubblico non vengono sottaciute o elogiate. In Italia no. Con Berlusconi sono assurte a valori accettabili, auspicabili. Hanno permeato l’opinione pubblica e l’hanno inquinata. L’opera di maleducazione dei cittadini è stata continua e ha avuto successo. E chi gridava “al ladro” di fronte a un tale con le mani luride era considerato un “demonizzatore”. Invece denunciava soltanto una sequela di arbìtri. L’auspicabile ritorno a un paese democratico appena decente dovrà passare attraverso una inclemente deberlusconizzazione, una restaurazione di valori liberali diventati estranei. Credo nessuno abbia notato che a sigillo della lunghissima vita del Cav., proprio nel giorno della sua scomparsa, i giornali riportavano la notizia dell’ennesimo avviso di garanzia per un alto esponente di Forza Italia accusato di finanziamento illecito.
Berlusconi si vantava di non essere un politico, e aveva ragione: lo scopo della sua discesa in campo e del suo lungo potere fu esclusivamente l’accrescimento e il mantenimento dei suoi “affari” (direbbe un arcivescovo). Di lui non si ricorda un solo provvedimento per il paese, mentre innumerevoli sono le leggi scritte e imposte solo per salvarsi dal giudizio in qualche aula di tribunale e dalle sanzioni dei suoi comportamenti indecenti. Era un condannato per aver frodato lo Stato. Un pregiudicato, nonostante che spesso la magistratura sia stata troppo indulgente con il mandante e non con l’esecutore materiale dei reati. Forza Italia fu fondata, oltre che da lui, da un colluso con la mafia, da un avvocato indegno e corruttore, da un evasore fiscale. Se la famiglia avesse avuto un minimo di dignità avrebbe dovuto pretendere delle esequie private del tutto discrete. Più si sono accesi i riflettori e più è stata illuminata urbi et orbi la figura del Caimano. Ne fanno fede i giornali di tutto il mondo che hanno avuto il modo di narrare di nuovo la distopia italiana. (…)
Ma che ne è del berlusconismo, ora? Probabilmente quelli che sono assetati di un Capo si rivolgeranno a Meloni, invece i nostalgici della buffoneria e allergici alla serietà politica avranno l’imbarazzo della scelta tra i tre pagliacci che a destra ingombrano la scena politica. Quindi avremo un berlusconismo autoritario di ascendenza fascista e una maggiore confusione politico-ideologica di una Destra travestita goffamente da Centro. Comunque rimarranno le quattro ferite profonde che deturpano il quadro politico e appaiono insanabili senza una rivoluzione politica, culturale e di costume.
L’articolo continua nel quindicinale
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