Cultura

I 5mila abbozzi delle opere, le migliaia di lettere con Ricordi e gli altri amici: ecco dov’è custodito il tesoro della memoria di Verdi

di Giuseppina La Face

A Parma c’è un tesoro per musicisti, musicologi e melomani: l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani, che valorizza la figura e l’opera di Giuseppe Verdi, diffondendone la conoscenza fra gli studiosi e il grande pubblico. Fu fondato nel 1959 da Mario Medici, giornalista e critico: primo direttore scientifico, ne formalizzò il rapporto con lo Stato italiano. Nel 1980, e fino al 2012, gli subentrò Pierluigi Petrobelli, studioso di alto profilo internazionale, che sviluppò la sede e la biblioteca, e diede all’Istituto una grande espansione attraverso iniziative scientifiche di rilievo. Oggi l’Istituto è presieduto da Luigi Ferrari. Direttore del Comitato scientifico è Alessandro Roccatagliati, ordinario di Storia della musica nell’Università di Ferrara. L’istituto – una fondazione pubblico-privata – vede tra i propri soci il ministero della Cultura (che è il principale finanziatore), Comuni di Parma e Busseto, università e conservatorio di Parma e, tra i privati, la famiglia Carrara-Verdi, discendente del compositore.

Professor Roccatagliati, quali sono le strutture documentarie dell’Istituto?
Ci sono due patrimoni ingenti: le dotazioni librarie musicali e letterarie, compresa la copiosa letteratura scientifica, e il patrimonio archivistico. Per le pubblicazioni su Verdi la biblioteca è la più completa al mondo. Conserva altre musiche dell’Ottocento e ha sezioni specifiche per la storia generale, la storia dei teatri, la librettologia.

Ci sono partiture?
Abbiamo partiture e spartiti, verdiani ma non solo, e un’ampia collezione di libretti.

Cosa conserva l’Archivio?
La corrispondenza di Verdi, riprodotta in microfilm e fotocopie fornite da Villa Sant’Agata, ossia la dimora del maestro, da Casa Ricordi e dalle biblioteche del pianeta. Materiale in ampia misura digitalizzato. Il salto grosso avverrà quando tenteremo il non facile sbarco online.

C’è anche la Discoteca e l’Archivio visivo.
La discoteca si basa su un fondo storico donato dallo svedese Carl Bruun nel 1985: vinili a 33 e 78 giri. Quanto all’iconografia abbiamo digitalizzazioni di varia provenienza e natura, anche di mostre operistiche.

Cosa sono i Carteggi verdiani?
Con i suoi corrispondenti Verdi comunicava per lettera: ne sono pervenute circa 15mila. Sono fonti primarie basilari, perché illuminano i processi produttivi, creativi, esecutivi, nonché i fattori contestuali.

Chi ne ha varato la pubblicazione?
Dopo il carteggio Verdi-Boito, uscito ai tempi di Mario Medici, fu Petrobelli a spingere per un’edizione critica fondata sul rapporto bilaterale fra Verdi e il suo o la sua corrispondente. Dagli anni Ottanta fino al 2015 sono comparsi, fra gli altri, i carteggi con l’editore Ricordi e i librettisti Cammarano e Somma. Alcuni volumi riguardano i rapporti con gli amici, come le contesse Morosini, o i cantanti, come la Waldmann. Dal 2015, col presidente Nicola Sani, la serie è stata riconosciuta dal ministero come Edizione nazionale.

Cosa sono gli abbozzi?
Fin dalla morte del maestro si sapeva che a Sant’Agata esisteva un patrimonio di corrispondenze e di carte musicali di lavoro. Gli abbozzi sono materiali preparatori, schizzi che testimoniano l’elaborazione di singole opere.

Ci sono abbozzi di molte opere?
Certo, per un totale di 5mila e più pagine di musica, da Luisa Miller fino a Falstaff. Studiarli e pubblicarli è essenziale per comprendere il processo creativo verdiano. Ci sono anche casi particolari, come il Simon Boccanegra: quando Verdi attendeva al rifacimento del 1881, tolse alcune parti dalla versione del 1857. E le conservò. In questo caso non si tratta di abbozzo, ma di partitura ricavata da un’altra partitura già eseguita, e poi ritirata.

A chi appartengono questi materiali?
Da metà 2021 sono proprietà dello Stato italiano, e sono collocati nell’Archivio di Stato di Parma. Quelli musicali sono già disponibili in digitale per la consultazione. Quelli epistolari speriamo lo possano divenire entro breve tempo.

Quali iniziative avete in programma a breve?
Il 7 ottobre avremo una Giornata di studi su “Prassi esecutiva e canto verdiano tra studi storici e applicazioni odierne”. Fra il 2024 e il 2025 proporremo un seminario di analisi e un altro convegno. Oltre, ovvio, il prosieguo delle pubblicazioni: la rivista, le collane, i facsimili e quant’altro.

E à côté?
Il consolidato Premio Rotary, che ha fruttato una decina di monografie; inoltre, borse di studio e partnership scientifiche. Una collaborazione prestigiosa s’è avuta nel 2021-22 col Museo Egizio di Torino: per la mostra su Aida abbiamo fornito materiali e assicurato la consulenza scientifica. Una partnership importante è quella tra i cinque Centri di ricerca sull’Opera italiana: con noi, anche le fondazioni Rossini (Pesaro), Donizetti (Bergamo) e Bellini (Catania) e il Centro Studi Puccini (Lucca).

E con gli enti di produzione?
Dal 2019 abbiamo una convenzione col Festival Verdi di Parma e Busseto. E collaboriamo in forme non convenzionate con tanti altri enti, come La Scala, ad esempio.

Ci sarà mai un museo Verdi?
Mah, potrebbe essere Villa Sant’Agata: il materiale è notificato, inventariato, protetto ed è patrimonio nazionale. Lo dico per semplice buon senso, non come direttore del comitato scientifico. Non dipende da noi.

Fate divulgazione?
Disseminiamo la cultura verdiana, aprendo la sede in varie occasioni, attraverso comunicazione social, una newsletter con allegati articoli di importanti studiosi, uso del canale youtube, produzione di podcast.

E per le scuole?
C’è il progetto “VerdiInClasse”. Si rivolge alle Scuole secondarie a indirizzo musicale, e coinvolge gli studenti in un lavoro para-compositivo: parafrasi, trascrizioni, ristrumentazioni, microcomposizioni a partire da spunti verdiani. Oppure si tenta la produzione letteraria, muovendo da tematiche verdiane, libretti, elementi biografici e via dicendo. Tra i collaboratori, docenti liceali come Dino Rizzo e professori universitari come il musicologo Marco Capra e la pedagogista Luana Salvarani. Il progetto sarà presentato ai dirigenti scolastici, oltre che agli uffici scolastici provinciali.

Per tutto quel che fate, occorrerà forza lavoro.
Eh, questo è il vero, grande problema (ride).

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