Sono centinaia i manifestanti fermati dalla Polizia e una quarantina quelli arrestati mentre tentavano di avanzare verso il centro di Istanbul in occasione del Pride. I quartieri centrali erano stati transennati e diverse linee della metropolitana chiuse, e, anche se il corteo non era stato formalmente vietato, nei giorni precedenti il prefetto di Istanbul, Davut Gul, aveva dichiarato: “Nessuna attività che minaccia l’istituzione della famiglia, quale garanzia del nostro Stato e della nostra Nazione, è permessa. Non sarà mai concesso a gruppi di dimostrare senza il permesso”.
I dimostranti si erano riuniti nei pressi di piazza Taksim, nel quartiere di Nisantasi, marciando per una decina di minuti e urlando slogan rivendicativi prima che gli agenti bloccassero l’avanzata del corteo. A quel punto i manifestanti si sono dispersi e le forze dell’ordine hanno proceduto al fermo di centinaia di attivisti e all’arresto di una quarantina di loro. Già durante la settimana, numerosi appuntamenti ed eventi che anticipavano il pride sono stati proibiti, mentre la scorsa domenica 18 giugno, una decina di persone che tentavano di partecipare all’Istanbul Trans Pride erano state fermate e portate in caserma. Dal 2002, anno del primo evento Pride, migliaia di cittadini hanno preso parte alla manifestazione, poi, a partire dal 2015 una stretta repressiva ha portato a vietare puntualmente la manifestazione e più volte si sono registrati scontri tra polizia e manifestanti.
Il giorno successivo al Pride, il prefetto di Istanbul ha precisato i numeri degli arresti, chiedendo inoltre di non dare risonanza alle azioni dei manifestanti: “Il futuro della nostra nazione dipende dal mantenere viva l’istituzione della famiglia e dai nostri valori morali. Non permetteremo alcuna attività che indebolisce l’istituzione della famiglia. 113 persone che hanno agito con lo scopo di fare propaganda sono state detenute. Per favore, non condividete le loro azioni, nemmeno se volete criticarle”, ha scritto Gul in un post su Twitter.