Il giorno successivo al ‘golpe’ di Prigozhin e dei suoi mercenari è quello dell’attesa e della grande incertezza. Due le necessità della comunità internazionale: capire cosa è cambiato negli equilibri interni del potere putiniano e, soprattutto, valutare le conseguenze che questi avranno nell’economia della guerra in Ucraina e dei rapporti tra Russia e fronte occidentale. In tal senso sono emblematiche le parole del presidente della Lituania Gitanas Nauseda, il cui Paese confina sia con la Russia che sia con la Bielorussia. Il ragionamento è semplice: se il leader e fondatore del gruppo Wagner si rifugia davvero a Minsk, allora la Nato dovrà rafforzare il suo fianco orientale. “Se Prigozhin o parte del gruppo Wagner finisce in Bielorussia con piani poco chiari e intenzioni poco chiare, significherà solo che dobbiamo rafforzare ulteriormente la sicurezza dei confini orientali, anche della Nato”, ha spiegato per poi aggiungere che la Lituania dedicherà maggiori capacità di intelligence alla valutazione degli “aspetti politici e di sicurezza della Bielorussia”.
Le parole contano: “Valutazione degli aspetti politici e di sicurezza”. Che è esattamente ciò che tiene in allerta le diplomazie occidentali, specie dopo il rinnovato sostegno di Pechino incassato da Vladimir Putin. In tal senso Joe Biden e l’Occidente si preparano ad ogni possibile scenario: da una Russia senza Putin al rischio di un’escalation nucleare. Se ufficialmente la posizione di Washington, Bruxelles e della Nato nelle ultime 48 ore è stata quella di restare alla finestra mentre il leader dei mercenari della Wagner lanciava e poi ritirava un attacco al Cremlino, le comunicazioni tra le due sponde dell’Atlantico sono state frenetiche. Biden ha trascorso il weekend a Camp David chiamando gli alleati e consultandosi con Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale che di solito non lo accompagna fuori città. “La crisi in Russia ha rivelato profonde crepe nel sistema di potere di Putin”, ha osservato il segretario di Stato americano Antony Blinken. “Certamente il caos non ha rafforzato il sistema russo. Putin è più debole”, ha sottolineato il titolare della Farnesina Antonio Tajani, che lunedì parteciperà a Lussemburgo al Consiglio Esteri Ue sulla crisi in Russia. Per Emmanuel Macron la “situazione resta in evoluzione”, ma “dimostra le divisioni che esistono all’interno del mondo russo, la fragilità sia dei suoi eserciti che delle sue forze ausiliarie come il gruppo Wagner”. E “tutto questo deve farci restare molto vigili” e “giustifica pienamente il sostegno che diamo agli ucraini nella loro resistenza”, ha aggiunto il presidente francese. Attesa quindi. E tensione.
Anche perché l’indebolimento dello zar non è considerato un elemento positivo da tutti gli alleati. Anche gli altri Paesi ai confini est della Nato, non solo la Lituania, temono che uno “Stato fallito che è anche la più grande potenza nucleare al mondo” sia altrettanto se non più pericoloso di una Russia aggressiva ma stabile. Questo è l’altro punto che gli Stati Uniti stanno esaminando molto attentamente con i loro partner. L’Armageddon nucleare evocato da Biden mesi fa è stato evitato? O solo rinviato? Blinken ha rassicurato che gli Usa non hanno visto ragioni per cambiare la loro “postura”, ma è chiaro che nei prossimi giorni o mesi l’attenzione dell’Occidente sarà su quello. Un Putin dimezzato inoltre, questo è il ragionamento della Casa Bianca e delle cancellerie europee, potrebbe essere sfidato dagli oligarchi o dai leader di regioni come Cecenia e Tatarstan per avere maggiore autonomia o addirittura l’indipendenza. L’altro timore è che la Cina – che ha garantito pieno appoggio al capo del Cremlino – possa approfittare del caos per aumentare la sua influenza sulla Russia aiutando lo zar a restare al potere o favorendo la creazione di un governo fantoccio prima che l’Occidente avanzi qualche pretesa.
Il ministero degli Esteri di Pechino ha parlato ufficialmente di “affari interni” della Russia, precisando però che “in qualità di vicino amichevole e partner di cooperazione strategica globale nella nuova era, la Cina sostiene la Russia nel mantenere la stabilità nazionale e nel raggiungere lo sviluppo e la prosperità”. C’è poi da considerare la posizione della Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan sabato è stato tra i pochi ad avere un colloquio diretto con Putin nel pieno della marcia di Prigozhin verso Mosca. Domenica invece ha sentito il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Durante il colloquio, il leader dell’Alleanza ha espresso il suo augurio che gli sviluppi in Russia costituiscano una nuova pietra miliare sulla via della giusta pace in Ucraina. E proprio da Kiev, Volodymyr Zelensky ha salutato la crisi come un punto a proprio favore. Una visione sostenuta dagli Usa con Blinken che ha parlato di un “ulteriore vantaggio” per la controffensiva ricordando che lo stesso Prigozhin, sin dall’inizio, ha messo in discussione l’invasione e la gestione della guerra da parte dei generali russi. Shoigu e Gerasimov, i due principali obiettivi della ‘girata’ del capo della Wagner, però al momento restano al loro posto, secondo le notizie raccolte dalle intelligence occidentali. Il mondo guarda a Mosca e prova a capire cosa si cela dietro il possibile gioco di specchi del week end.